Ci prepariamo alla festa della Santissima Trinità con una riflessione sul Mistero di Dio del padre Cipriano Ricotti. Fr Gabrio
Per i non credenti il discorso su Dio è considerato imbarazzante e sconveniente. Ma un esagerato ritegno d’un discorso su Dio esiste anche tra i credenti. Essi risentono del positivismo logico, (un discorso su Dio è privo di senso) e del sospetto che su Dio hanno gettato Marx e Freud. Per Marx infatti Dio è il simbolo dell’alienazione, e per Freud è una forma di nevrosi ossessiva. Insomma Dio, nella coscienza di molti cristiani diviene sempre più sfumato al punto che, nell’attuale clima di secolarizzazione, si preferisce fare la triste esperienza del silenzio e dell’assenza di Dio.
Se con la ragione si può conoscere con certezza (certe cognosci posse) che Dio esiste – come afferma il Concilio Vaticano I – non si può invece conoscere chi egli positivamente sia nel suo mistero. Si tratta di resultati molto impor-tanti, sia per l’armonia che deve regnare tra la ragione e la fede, sia per l’aiuto che la ragione può offrire al credente, facendo dell’atto di fede un atto “ragionevole”, sia per la nobiltà della ragione umana, che è grande proprio perché è “capace di Dio” ‘(capax Dei), cioè lo può conoscere e pensare.
Solo Dio può dirci chi egli è. La sua rivelazione è la strada più difficile, perchè esige non solo l’apertura al mistero ma la fede, cioè l’umile accettazione d’un mistero. La fede è un dono suo.
La rivelazione cristiana dice molte cose su di lui, ma tutte possono riassumersi nelle parole di S. Giovanni: “Dio è amore”. Un Dio che ama in maniera intensa e profonda, come un padre ama i figli e come uno sposo ama la sposa; ma il suo amore è bontà e misericordia. E’ fedeltà alla sua promessa. Mentre l’amore lo coinvolge nelle vicende umane e lo fa un “Dio con gli uomini”, ne salva però la trascendenza e libertà. Gesù presenta il Padre come colui che circonda di amore tutte le creature, che “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti… dona le cose buone a quelli che gliele domandano” Gesù lo presenta soprattutto come colui che usa misericordia e perdona. E’ il buon pastore che va in cerca della pecora smarrita, è il Padre che accoglie di nuovo in casa il figliol prodigo e ne festeggia il ritorno. In particolare Dio ama e predilige i poveri, i sofferenti, i peccatori. Egli è misericordioso e dagli uomini esige la misericordia verso gli altri.
Ma Dio ama per salvare. L’amore degli uomini è il motivo che spinge Dio a salvarli dal peccato e dalla morte e a farli suoi figli ed eredi della sua gloria. La prova dell’incompren-sibile suo amore per gli uomini sono l’incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù.
Come conciliare però l’amore di Dio con gli orrendi misfatti che accadono? E le vittime della prepotenza, del denaro, dell’ambizione? Realmente il problema del male – in particolare la sofferenza e la morte dell’innocente – è per la ragione umana uno scandalo. Certo una osservazione più profonda delle cose mostra che la sofferenza e la morte fanno parte della condizione d’ogni vivente corporeo: nascita-svi-luppo-decadenza-morte sono frutto di un concorso, spesso casuale, di cause naturali che Dio non impedisce per non sconvolgere l’ordine della natura. E’ evidente che molti mali che opprimono l’umanità è causata dalla malvagità degli uomini: dalla cattiva volontà, dall’ imprevidenza e inerzia. La “colpa di Dio” – dicono alcuni – è quella di aver creato l’uomo libero. Ma Dio avrebbe potuto creare l’uomo non-
libero se la libertà è ciò che lo fa uomo?
Inoltre va detto che la soluzione del problema del contrasto fra la rivelazione di Dio come amore e l’esistenza del male va cercata in una visione più profonda dell’amore di Dio.
Infatti Dio e l’uomo non si pongono sullo stesso piano; non soltanto Dio nel suo essere trascende infinitamente l’uomo ma il suo agire è sconcertante per la ragione umana. “Le mie vie non sono le vostre” dice la S. Scrittura. Si può capire allora che l’amore di Dio può manifestarsi anche nella sofferenza e nella morte, le quali risultano non più motivi di assurdità o di scandalo ma di riconoscenza e di gioia. “Beato colui – dice Gesù – che non si sarà scandalizzato di me”
Cipriano Ricotti Op
(tratto da “Domenicani”, anno XI – 1977)
Foto di Andrea Don da Pixabay
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