Ho incominciato a leggere questo libro, su consiglio di alcuni utenti di un gruppo letterario di cui faccio parte, in un momento particolare della mia vita, dopo la morte della mia amatissima mamma.
Il tema centrale di I quaderni botanici Madame Lucie della scrittrice Mélissa Da Costa,è il lutto, il dolore che ne consegue, lo strano stigma sociale intorno ad esso. Ma anche la rinascita, la gioia di ritrovarsi “vivi” alla fine del lungo tunnel senza luce in cui si piomba nel momento in cui si perde qualcuno che amiamo, l’epifania nella mente e nel cuore che può nascere nel ritorno alle radici del nostro essere.
Amande Luzin, la protagonista del nostro libro, è una giovane donna francese che alla soglia dei trenta anni si ritrova a dover fare i conti con un doppio dolore: la morte improvvisa del suo amatissimo marito Benjamin, a causa di un incidente stradale, e la perdita della bambina che portava in grembo. È un caldissimo Luglio quando Amande decide di rifugiarsi in un vecchio casolare che ha affittato nelle campagne dell’ Auvergne, non ce la fa più a stare nella casa in cui viveva con suo marito, quella casa piena di gioia ed amore in cui aspettavano l’arrivo della loro bimba a cui avevano già dato un nome, Manon.
Amande non sopporta più la luce del sole, il cinguettio degli uccellini, tutto oramai le appare inutile e “assordante”, dalla sua vita e da quella casa lei vuole solo una cosa: “Non chiedo nulla più. Silenzio, fresco e poco sole”.
Saranno il silenzio, le imposte serrate e il suo dolore gli unici compagni della donna nelle prime settimane nella casa, in questo modo decide di affrontare la prima fase iniziale di quel lutto che la devasta e le fa desiderare solo l’oblio.
Ma, in un giorno uguale a tutti gli altri, Amande “inciampa” un po’ per caso nelle agende e nei calendari della vecchia proprietaria di casa, Madame Lucie. In una bella grafia tondeggiante la signora Lucie ha annotato su quei quaderni ricette e indicazioni per la cura del giardino, piccoli trucchi per far crescere più velocemente e rendere rigogliose le piante, ha creato un piccolo lunario personale.
Amande è una donna di città, non ha mai piantato un solo seme nella sua vita, il giardinaggio è un’ attività mai provata nella vita, non sa nemmeno come si indossano quei grossi stivaloni di gomma che sono fuori la porta. Ma decide di tentare e dopo giorni di buio assoluto, pian piano, esce fuori, butta un primo seme nella terra, incomincia a prendersi cura di quel seme e quando da esso vede nascere un primo germoglio capisce che forse un piccolo, flebile barlume di speranza può ancora esserci anche nella sua vita.
Quello che ho amato di questo libro è il suo non essere tenero, semplicistico, ti presenta il dolore del lutto per quello che è realmente, non fa sconti, ti dice che è dilaniante, tremendo e soprattutto solitario. Ho adorato la frase che Amande dice a sé stessa in un suo momento di riflessione:” La società non ha più tempo per il lutto”. È tremendamente vero, l’ho pensato e sperimentato più volte anch’io in questi mesi, la società ti impone un tempo in cui devi soffrire, questo tempo può essere un giorno o un mese, dopodiché devi rialzarti, far finta di nulla e ricominciare a vivere.
Ma non è così, bisognerebbe spiegare a chi ti è accanto ad una persona in lutto che non c’è un tempo prestabilito per soffrire, le cosiddette fasi del lutto, che sono solo gelide regolette che ti vengono regolarmente enunciate dalla persona di turno che si avvicina a te, non valgono nulla se non seguite dall’amore, dalla pazienza di ascoltare e stare accanto a chi soffre. Amande non si sveglia da un giorno all’altro rinata, felice e pronta ad affrontare nuovamente la vita, proprio come le fasi della luna e della vita di un seme, anche lei ha bisogno di tempo, di amore da parte di chi le sta accanto, di cura e tenerezza.
In questo mondo che corre e dà un tempo a tutto bisognerebbe prendersi cura del fratello o sorella che è nel dolore del lutto, dovremmo farci, anche solo per pochi attimi, Cirenei per gli altri. È questo che Gesù, voce umana del Padre, ci chiede di fare, amarci gli uni gli altri, come Lui ha amato noi. E in quell’amore c’è anche questo: essere spalla su cui piangere, ascoltare chi soffre, essere motivo di rinascita per quella persona.
Alessandra Fusco
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