Dal Vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
Ieri Stefano, oggi Giovanni. Celebrare l’ottava di Natale è una faccenda tutt’altro che riposante per la vita spirituale. Dopo aver ricordato il primo martire della storia, eccoci a celebrare l’ultimo degli apostoli, Giovanni appunto, l’evangelista, il discepolo amato, il “figlio del tuono”. Una sorta di volo pindarico dalla mangiatoia di Betlemme, al sinedrio di Gerusalemme, al sepolcro vuoto… e il viaggio non finisce qui!
La festa odierna ci invita a muoverci, a non stare fermi. Ad appena 48 ore dalla nascita del Dio-con-noi, il Vangelo ci catapulta almattino di Pasqua, e ci fa empaticamente sentire il fiato corto di chi corre disorientato a controllare se “il morto” c’è ancora. E lo fa per ricordarci che dietro la tenerezza di quel bambino nato per strada fra pecore e pastori c’è il Signore risorto. E se dedichiamo del tempo a celebrare e ri-celebrare quella nascita è perché quel neonato è già il crocifisso-risorto.
La corsa di Pietro e Giovanni verso il sepolcro non può non richiamare alla mente la corsa dei pastori alla greppia (Lc 2,15-16). Anche loro si incamminano in tutta fretta verso una mèta insolita. Ma perché andare a visitare un bambino nato in una stalla? Perché precipitarsi verso una tomba vuota? La risurrezioneporta luce e senso al Natale. Nel varcare la soglia del sepolcro vuoto, Giovanni «vide e credette» (Gv 20,8). Questo privilegio di Giovanni, di potersi appoggiare sulle facoltà sensitive, non valga aspaventarci o scoraggiarci nel cammino della fede! Gesù lo ricorderà anche a Tommaso «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20,29).
Se oggi siamo qui a leggere queste righe vuol dire che non siamo stati lapidati, come Stefano. E neanche abbiamo appoggiato il capo sul petto di Gesù, come Giovanni. Ma il vivere in un’unica fede comune ci rende nondimeno testimoni e ci dà lo slancio per accogliere nel cuore quello che hanno visto i pastori quella notte a Betlemme; e quello che hanno visto gli apostoli quel mattino a Gerusalemme. Per credere cioè nella grandezza di un Dio che sceglie di incarnarsi, vivere, soffrire e morire accanto a noi; e di risorgere dando una pienezza di vita nuova, che rimane per sempre.
Davanti a quel sepolcro vuoto tanti sono stati i sentimenti e i pensieri della gente. A cominciare da quella diceria… che dura «fino ad oggi» (Mt 28,15). Possa invece san Giovanni svegliare la nostra fede dal sonno e orientare col suo esempio la nostra corsa fiacca, lui che giunto per primo «vide e credette» (Gv 20,8).
Suor Federica Casaburi
Congregazione Romana di San Domenico
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