Fu Erich Fromm a dire che le persone felici sono quelle che affrontano l’intero corso della loro vita come un processo di nascita, rompendo così con la grammatica più comune che vuole che ciascuno nasca una volta sola, che gli sia data una sola grande opportunità e che percorra un’unica strada prima di precipitare in un inevitabile crepuscolo. Fromm sosteneva che un simile modo di pensare genera un effetto devastante: quello di vedere tante persone morire senza nemmeno essere arrivate a nascere. In effetti, davvero la sfida lanciata all’essere umano è quella di portare a termine la propria nascita. In questo, noi umani ci differenziamo dalle altre creature, che in poco tempo sono già completamente quel che sono. Noi, invece, siamo incompiuti.

Riceviamo l’esistenza come dono, ma anche come compito che viene realizzato solo progressivamente. Nello scorrere del tempo viviamo il processo lentissimo e pieno di progressi e di ritorni indietro del nostro proprio parto; ci occupiamo per buona parte di briciole ed esperienze provvisorie, contingenti e parziali, e abbiamo bisogno di tanti anni (e di molto lavoro interiore) per giungere a esprimere quello che in noi c’è di originale. Ma sarebbe insensato disertare il cammino solo perché in molte tappe non riusciamo a scorgere la meta. E sarebbe uno spreco non essere grati, oggi, per il sapore delle briciole che ci vengono servite solo perché ci eravamo costruiti un’immaginaria idea della totalità.
(José Tolentino de Mendonça, il Vangelo in briciole, vita e pensiero Milano,2024, 15)
Scopri di più da Club Theologicum
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento