Conclave #recensione #film

Conclave è un film che sorprende per la sua capacità di trasformare un ambiente solitamente lontano dal grande pubblico — quello del Vaticano e del conclave papale — in un teatro di tensione emotiva, mistero e umanissima introspezione. Diretto con rigore e sensibilità da Edward Berger, il film si sviluppa quasi interamente all’interno delle mura del Vaticano, ma riesce a non risultare mai statico. Anzi, la sensazione è quella di essere dentro una partita a scacchi, dove ogni sguardo, ogni parola non detta, ogni silenzio pesa quanto un colpo di scena. Ralph Fiennes interpreta il cardinale protagonista con grande intensità: è un uomo profondamente credente, ma al tempo stesso lacerato dal dubbio, dalla fatica del ruolo e da un senso di responsabilità che va oltre l’umano. Attorno a lui si muove un gruppo di cardinali che incarnano, ognuno a suo modo, le contraddizioni della Chiesa: idealismo e ambizione, devozione e potere, verità e segreto. Ciò che colpisce del film è il modo in cui riesce a parlare non solo di religione, ma anche di scelte, identità, solitudine. Il conclave diventa una metafora potente: un luogo chiuso, sospeso dal mondo, in cui gli uomini si trovano costretti a confrontarsi con la propria coscienza, con le proprie debolezze, e soprattutto con l’idea di fede come responsabilità e non solo come rifugio. La regia è misurata, la fotografia sobria e raffinata, i dialoghi mai enfatici ma sempre densi. Non ci sono effetti speciali, ma c’è tensione, verità, attesa. La rivelazione finale, pur se un po’ costruita, arriva come uno squarcio, lasciando il pubblico con domande più che risposte. Ed è forse questo il merito più grande del film: non cerca di spiegare tutto, ma invita a riflettere, a sentire, a stare nel dubbio. In definitiva, Conclave è un film solido, elegante e profondo. Piacerà a chi ama i film che parlano all’intelligenza e all’anima, e che non hanno paura di lasciare qualcosa in sospeso. Dal punto di vista emotivo, Conclave lascia qualcosa dentro, anche dopo i titoli di coda. Non è un film che travolge con colpi di scena fragorosi o con grandi effetti visivi: lavora invece per sottrazione, come una musica lenta che cresce piano piano dentro di te. Ti accorgi di essere coinvolto quasi senza rendertene conto. I silenzi dei cardinali, le inquadrature fisse, le preghiere sussurrate, tutto contribuisce a creare un senso di attesa e di mistero che ti stringe delicatamente — ma con decisione. Un paragone che viene spontaneo è con film come Il dubbio o Il giovane Papa, dove la religione diventa il pretesto per parlare di potere, verità, coscienza. Ma Conclave ha una sua voce unica: non cerca il sensazionalismo, non cade nella caricatura della Chiesa, e riesce comunque a raccontare le sue ombre senza perdere rispetto per la sua luce. Una delle cose più riuscite è il modo in cui il film fa emergere l’umanità di personaggi che spesso siamo abituati a vedere solo come ruoli, non come persone. Qui i cardinali hanno paura, sperano, lottano, si pentono. E anche chi non crede, o guarda con distacco alle questioni di fede, può riconoscersi in questa battaglia silenziosa tra dovere e verità, tra ambizione e umiltà. Il finale — senza svelare troppo — non chiude tutto. Anzi, apre. È come se l’ultimo sguardo del protagonista ci dicesse: “Ora tocca a te, spettatore, decidere cosa significa davvero essere giusto. Cosa significa scegliere.” Non è un film che insegna, è un film che interroga. E per questo, vale la pena vederlo.

M. Alessia Del Vescovo


SCHEDA FILM

Titolo: Conclave

Regista: Edward Berger

Cast: Ralph Fiennes, Stanley Tucci, John Lithgow, Isabella Rossellini, Loris Loddi, Rony Kramer, Joseph Mydell, Brian F. O’Byrne, Merab Ninidze, Lucian Msamati, Sergio Castellitto, Jacek Koman, Thomas Loibl

Anno e paese di produzione: USA /UK, 2024

Distribuzione: Eagle Pictures

Box office Italia: €.6.486.929

Fonte dati: Coming soon


Fonte immagine: Flickr


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4 pensieri riguardo “Conclave #recensione #film

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  1. Personalmente non capirò mai che bisogno ci sia di scomodare ucronie mentre la Storia della Chiesa è piena di situazioni ed episodi che non sfigurerebbero in qualsiasi film. Perché non raccontare ad esempio lo Scisma d’Occidente, con la cocciutaggine di Urbano VI da una parte e la sfrenata ambizione di Roberto da Ginevra dall’altra, con la povera Caterina da Siena nel mezzo?

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  2. Concordo sulla qualità filmica e di costruzione della storia. L’interpretazione degli attori, specialmente Fiennes, è intensa, la fotografia meravigliosa.

    Però il copione risente di schematismi eccessivi, la caricatura del “cattivo” è veramente caricaturale e superficiale; il personaggio è piatto, senza evoluzione minima, rappresenta tutti i difetti del “potere” in modo grossolano ed è ovviamente ricondotto a un preciso orientamento (politico-ecclesiale ma, in fondo, politico).

    Anche al finale, al di là dell’escamotage in sé (che però porta sempre e solo ad una dimensione della “critica” ecclesiale, quella sessuale), si arriva in modo del tutto stereotipato, come se il ragionamento fosse sempre e solo nella contrapposizione tra le ragioni del “cuore”, che ovviamente i cardinali di un certo orientamento sanno riconoscere, e quelle della “realpolitik” più becera, ovviamente ascrivibile a quelli di altro orientamento, incapaci di un ragionamento complesso e di una soluzione che non sia violenta e carica di disprezzo.

    In sostanza, un copione sprecato, dal punto di vista contenutistico, per un prodotto filmicamente ed attorialmente così ben congegnato.

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