Per questo mese di dicembre, tre nuovi titoli in classifica, scelti tra i miei autori preferiti, perché ognuno di essi ha saputo colpirmi profondamente e suscitare emozioni intense.

Sotto mentite spoglie, di Antonio Manzini è uno dei romanzi più cupi e introspettivi della serie dedicata a Rocco Schiavone, e rappresenta un punto di svolta psicologico nel percorso del vicequestore. Non è soltanto un’indagine: è un viaggio dentro il trauma, la negazione e la fragilità umana.
Il romanzo ruota attorno a un’indagine che costringe Schiavone a confrontarsi con un mondo di identità spezzate, di persone che vivono travestite da altro—aspetto che rispecchia perfettamente la condizione interiore del protagonista. Schiavone appare, qui, come un uomo che si muove tra il dovere e un dolore mai elaborato, quello per la morte di Marina, che continua a essere una presenza concreta nella sua psiche. Questo rende il romanzo un’analisi del lutto complicato: Schiavone non riesce a integrare la perdita e la “presenza” di Marina è la rappresentazione del suo attaccamento irrisolto.
Manzini costruisce ambientazioni e dialoghi che fanno emergere il senso di disadattamento del protagonista. Aosta diventa lo specchio della sua mente: fredda, piena di nebbia, difficile da attraversare. È un ambiente psicologicamente coerente con il suo stato emotivo, quasi una proiezione interna. Schiavone si muove come chi tenta di mantenere un’identità funzionale mentre dentro è in disgregazione, un vero caso di “funzionamento di superficie”: competente nel lavoro, ma fragile nella gestione di sé.
L’indagine, come spesso accade nella serie, non è solo una storia di criminalità: è una storia di rapporti umani, di traumi familiari, di colpe che non guariscono. I personaggi secondari che Schiavone incontra sono costruiti come specchi delle sue parti interiori: chi vive una doppia vita, chi si nasconde, chi non accetta la propria verità. Il titolo stesso diventa un concetto psicologico: tutti, in qualche misura, vivono “sotto mentite spoglie”.
Anche il rapporto tra Schiavone e i suoi colleghi (Italo, D’Intino, Deruta) mostra un interessante dinamismo psicologico: lui li respinge, ma nel momento stesso in cui lo fa, cerca una forma di appartenenza. È un meccanismo difensivo classico del lutto cronico: isolamento protettivo e cinismo come difesa contro ulteriori perdite.
L’elemento più potente, psicologicamente, è il modo in cui Manzini racconta la resistenza al cambiamento: Schiavone è un uomo sospeso, incapace di andare avanti ma costretto a muoversi. È un protagonista che vive nell’ambivalenza: duro e fragile, razionale e ossessionato, sarcastico e profondamente ferito. Un altro elemento di rilievo è l’approfondimento dei personaggi secondari. Manzini dà spazio alle relazioni umane: colleghi, conoscenti, figure che orbitano attorno a Schiavone e che contribuiscono a renderlo un personaggio complesso e tridimensionale. Le loro interazioni creano un tessuto narrativo credibile, spesso ironico, a tratti amaro. Il risultato è un romanzo maturo, che unisce poliziesco, dramma umano e riflessione sulle identità.
Il romanzo, nel complesso, è una riflessione sull’identità: su come il dolore può modificarla, distorcerla, renderla instabile. È uno dei libri più psicologicamente maturi della serie proprio perché non propone solo un mistero da risolvere, ma un uomo da comprendere.
Sotto mentite spoglie conferma la forza della serie di Manzini: non è solo crime fiction, ma un continuo studio di un uomo ferito che continua, con ostinazione, a cercare la verità fuori e dentro di sé. Voto 5 su 5

La bugia dell’Orchidea è uno dei romanzi più cupi e psicologicamente stratificati di Donato Carrisi. L’autore parte da un contesto familiare apparentemente normale: una casa di campagna, un nucleo che sembra vivere nella serenità, una quotidianità fatta di gesti semplici e affetti ordinari. L’effetto è quasi cinematografico: un’introduzione che prepara il lettore a credere in una stabilità, per poi distruggerla con un singolo evento che devasta tutto. La psicologia del romanzo si regge proprio su questo: la normalità apparente come maschera, come orchidea — bella, elegante, perfetta, ma che può essere velenosa. L’orchidea diventa metafora di una bugia costruita nel tempo, di una verità che si nutre di dettagli affascinanti e rassicuranti, proprio per nascondere qualcosa di indicibile. Carrisi muove il lettore in un territorio scomodo dove la percezione della realtà non è mai affidabile. Ogni personaggio porta con sé un frammento di verità, ma nessuno possiede l’intero quadro. Questo genera un’esperienza di lettura inquieta: chi legge è costretto a dubitare di tutto, anche della propria interpretazione. Psicologicamente, il romanzo lavora su un doppio binario: il sospetto e la ricostruzione.
Il crimine non è solo un evento da spiegare, ma un detonatore che fa esplodere memorie, rimorsi, legami malati e piccole omissioni. È un libro che mette in scena la fragilità dei rapporti familiari: ciò che sembra affetto può rivelarsi controllo; ciò che sembra cura può celare violenza emotiva; ciò che sembra stabilità può essere stato costruito sul silenzio o sulla paura.
Uno degli aspetti più interessanti è come Carrisi gestisca il tema della colpa. Nel romanzo, la colpa non è mai lineare. Non c’è un personaggio completamente innocente, così come non c’è una verità immediata. La colpa appare come un organismo che si sposta, cambia forma, contamina tutto ciò che tocca. È l’eco di passati mai affrontati, di errori rimossi, di segreti lasciati a marcire.
La struttura narrativa è tipicamente carrisiana: veloce, affilata, piena di ribaltamenti. Ma qui l’intreccio non è solo un esercizio tecnico — è un modo per rappresentare la natura frammentata dell’esperienza umana. La tensione deriva dalla sensazione di non poter mai mettere ordine definitivo nei fatti. La verità, nel mondo dell’Orchidea, è un’entità scivolosa, forse impossibile da afferrare completamente.
Il risultato è un thriller che va oltre la semplice suspense: diventa un viaggio nell’incertezza psicologica, nella paura di scoprire chi siamo realmente quando le maschere cadono. Carrisi sembra voler dire che le bugie più pericolose non sono quelle dette agli altri, ma quelle raccontate a se stessi per sopravvivere.
La bugia dell’Orchidea lascia un senso di inquietudine che non si dissolve con la fine del libro. È l’inquietudine che nasce quando si prende coscienza che la verità non è quasi mai un monolite, ma un reticolo fragile, costruito da ciò che ricordiamo, da ciò che scegliamo di non vedere e dalle paure che ci guidano più di quanto ammettiamo. Voto 5 su 5

Mandorla amara, di Cristina Cassar Scalia è un giallo che cattura immediatamente l’attenzione del lettore grazie a un delitto insolito e spettacolare: sette persone uccise su uno yacht alla deriva, con avvelenamento da cianuro. La scrittura di Cassar Scalia è coinvolgente e fluida, capace di alternare momenti di tensione pura a dettagli della vita personale dei protagonisti, come Vanina Guarrasi, la vicequestore, che deve affrontare un periodo difficile pur immergendosi completamente nell’indagine.
Il romanzo si distingue per la suspense serrata e per il ritmo incalzante delle indagini, con colpi di scena calibrati e una rete di sospetti che tiene il lettore in costante attesa. I personaggi principali, Vanina, Adriano Calí e Maria Giulia De Rosa, risultano ben delineati: la loro professionalità, le relazioni personali e la psicologia individuale sono integrate nella trama senza appesantirla.
Inoltre, l’ambientazione siciliana e i dettagli del mare e della vita a bordo dello yacht contribuiscono a creare un’atmosfera realistica e immersiva, che aumenta la tensione e il coinvolgimento emotivo. La presenza del commissario in pensione Patanè, anche se solo a distanza, aggiunge un tocco di continuità e legame con la serie di romanzi precedenti.
Nel complesso, Mandorla amara si conferma un giallo avvincente, capace di combinare mistero, intrighi e un’indagine ben costruita, adatto a chi ama il thriller classico con una componente di realismo psicologico e ambientale. Voto 4,5 su 5

Sotto attacco di panico è, invece, un libro un po’ particolare, in cui Gabriele Parpiglia affronta il tema degli attacchi di panico, raccontando esperienze personali e osservazioni su questa condizione che può colpire chiunque. L’autore descrive in modo chiaro e accessibile i sintomi, le sensazioni e le conseguenze sulla vita quotidiana, fornendo al lettore un quadro realistico e diretto di ciò che significa convivere con l’ansia improvvisa e intensa.
Il testo alterna momenti di narrazione autobiografica a riflessioni sulla gestione degli episodi di panico, mostrando strategie, errori e tentativi di affrontare la paura. Lo stile è semplice e immediato, pensato sia per chi vive direttamente questo problema sia per chi desidera comprenderne gli effetti sulla mente e sulle relazioni sociali.
In generale, Sotto attacco di panico si propone come una testimonianza educativa e sensibilizzante, utile per informare, ridurre lo stigma e dare vicinanza a chi soffre di disturbi d’ansia o attacchi di panico. Voto 4,5 su 5

Sul tema del “femminicidio” e della violenza sulle donne voglio parlarvi del libro Avevo gli occhi belli. Storia di Anna Borsa, vittima di femminicidio di Valentina Iannaco, che racconta la tragica vicenda di Anna Borsa, vittima di femminicidio, restituendole voce e dignità. Il libro è scritto come un monologo interiore della protagonista, alternando ricordi, pensieri e frammenti della vita quotidiana, fino a mostrare il progressivo deteriorarsi della sua relazione. La narrazione permette al lettore di immedesimarsi nella storia, rendendo l’esperienza intensa ed emotivamente coinvolgente.
L’autrice adotta uno stile rispettoso, evitando sensazionalismi o giudizi esterni, e lascia che sia la voce di Anna a guidare la lettura, mostrando sogni, speranze infrante e la complessità delle relazioni che la circondano. Il libro ha anche una funzione di sensibilizzazione sul tema della violenza di genere, mantenendo viva la memoria della vittima e dando voce a chi non ce l’ha più.
Tuttavia, la lettura può risultare dolorosa e impegnativa, data la gravità degli eventi narrati. Essendo basata sulla ricostruzione di esperienze personali, alcune sfumature interiori rimangono inevitabilmente interpretazioni dell’autrice. Inoltre, la brevità del volume non permette di approfondire tutti gli aspetti sociali e culturali della violenza sulle donne.
Nel complesso, Avevo gli occhi belli è una lettura coraggiosa e necessaria, intensa e commovente, capace di far riflettere sul valore della vita, della memoria e della responsabilità sociale nei confronti delle vittime di violenza. Voto 4,5 su 5

A tema natalizio, un grande classico: Il Canto di Natale è una delle opere più celebri di Dickens, un racconto breve ma intenso, che affronta temi universali come la redenzione, la generosità e la trasformazione personale. La storia ruota attorno a Ebenezer Scrooge, uomo avaro e cinico, che nella notte di Natale riceve la visita di tre spiriti: il Fantasma del Natale Passato, del Natale Presente e del Natale Futuro. Queste apparizioni lo conducono in un viaggio attraverso ricordi, realtà e possibili destini, mostrandogli le conseguenze delle sue azioni e l’impatto della sua indifferenza sugli altri.
Il racconto è ricco di simbolismo e morale, ma resta accessibile e coinvolgente, grazie allo stile narrativo di Dickens, caratterizzato da descrizioni vivide, dialoghi incisivi e un tono che alterna momenti di leggerezza a riflessioni più profonde. La trasformazione di Scrooge, da uomo freddo e egoista, a figura generosa e compassionevole, rappresenta un messaggio universale di speranza e cambiamento, rendendo il libro adatto a lettori di tutte le età.
L’opera è anche un ritratto della società vittoriana, con le sue ingiustizie sociali e le disuguaglianze economiche, elementi che Dickens inserisce con delicatezza ma senza comprometterne la fruibilità narrativa. La combinazione di fantastico, morale e critica sociale rende Il Canto di Natale un classico senza tempo, capace di emozionare e ispirare anche a distanza di più di un secolo dalla sua pubblicazione. Voto 5 su 5

Infine, per i più piccoli, non può mancare Il Grinch di Dr. Seuss che, complice la fama conquistata anche grazie al film, è ormai un classico della letteratura per bambini, che racconta la storia di un personaggio burbero e solitario, che odia il Natale e tutto ciò che riguarda la gioia e la condivisione. Abita in cima a una montagna sopra il villaggio di Chi-Ville e decide di sabotare la festa degli abitanti, rubando tutti i regali e le decorazioni. La narrazione è semplice ma efficace, con rime e ritmo tipici dello stile di Dr. Seuss, che rendono il libro divertente e scorrevole da leggere ad alta voce.
Il punto centrale della storia è la trasformazione del Grinch, che scopre che lo spirito del Natale non risiede nei regali o nelle decorazioni, ma nella comunità, nella condivisione e nell’amore reciproco. Il racconto trasmette valori universali come generosità, empatia e cambiamento personale, ed è capace di far riflettere sia i bambini sia gli adulti.
Le illustrazioni vivaci e caricaturali rafforzano il tono ironico e giocoso, contribuendo a rendere memorabili i personaggi e l’atmosfera festiva. Nel complesso, Il Grinch è un libro intramontabile, che combina humor, morale e poesia, rendendolo adatto alla lettura durante le feste e come introduzione ai temi della gentilezza e della trasformazione personale. Voto 5 su 5
M. Alessia Del Vescovo
Classifica libri novembre 2025:

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