Un timore che non fa paura. De Profundis# 2

In uno dei suoi racconti di gioventù, nelle Confessioni, Sant’Agostino racconta un episodio curioso. Il futuro Santo D’Ippona un giorno aveva infatti sottratto delle pere insieme a degli amici:

Vi era un albero di pere nei pressi della nostra vigna, carico di frutti, che non certo si facevano desiderare per bell’aspetto, né per squisitezza di sapore. […]   Trascorremmo, giovanetti birbanti com’eravamo, a scuotere e a spogliare quell’albero, a notte avanzata, dopo d’esserci sin allora attardati in piazza, secondo la nostra rovinosa abitudine, nei giochi, e ne portammo via un carico ingente, non per usarne nelle nostre mense, ma piuttosto per gettarne ai porci. E se mai piccola parte ne mangiammo, questo facemmo, pur di riuscire a prendere soddisfazione di quello che appunto ci piaceva perché non ci era lecito.

Riconoscendo la stupidità e l’ingenuità di questa “ragazzata”, il giovane Agostino rimette il suo cuore nelle mani del Signore.

Nell’anima, il peccatore Agostino sente il desiderio di far proprio un passaggio del salmo 129:

 

Se consideri le colpe, Signore,

Signore, chi ti può resistere?

Ma con te è il perdono:

così avremo il tuo timore.

 

È un sentimento che può essere proprio di ognuno di noi, poco prima di una confessione sacramentale ad esempio. Nel caso del salmista, come scrivono gli esegeti, è il perdono divino che genera il timore verso Dio.

Il Timor di Dio non va inteso come la paura di finire all’Inferno. Certamente, l’Inferno è quel luogo metafisico dove c’è la separazione eterna e definitiva da Dio. Questa realtà così terribile deve farci paura. Dobbiamo evitarlo in ogni modo: perché liberamente possiamo scegliere di morire in stato di peccato mortale e così separarci per sempre da Dio.

Ma allo stesso tempo, possiamo scegliere invece di fuggire dai peccati mortali.

In questo senso entra il Timor di Dio. Non è il timore, quella paura di essere stati scoperti nel fare qualcosa di sbagliato. Non è una paura umana, ma qualcosa di più profondo e vero. Come insegnava anche papa Benedetto” Chi teme Dio avverte in sé la sicurezza che ha il bambino in braccio a sua madre: chi teme Dio è tranquillo anche in mezzo alle tempeste, perché Dio, come Gesù ci ha rivelato, è Padre pieno di misericordia e di bontà.”

Il timore di Dio è dunque quel dono col quale possiamo porre al centro di tutta la nostra vita Dio e la sua azione di eterno presente d’amore e di tenerezza verso di noi. Ricevuto questo amore, e in particolare ricevuta la grazia, siamo in grado di compiere azioni liberamente buone e virtuose. Ma ancora prima, ci sentiamo davvero avvolti nella nostra unicità, sacralità e specialità dallo sguardo amorevole di Gesù.

Proprio perché amati incondizionatamente, pian piano il Signore ci guiderà a vivere ogni giorno secondo il Suo Santo progetto. Noi stessi non porremo condizioni all’azione di Dio, secondo i nostri progetti precari e i nostri egoismi.  Il Santo Timor è il dono stesso di ogni uomo di sentirsi curati dal Signore: è saper vivere una porzione di Paradiso già da adesso.

Fr Gabriele Giordano M. Scardocci OP

Gesù dolce, Gesù amore

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