Nello stazzo del Gigante. Adventum#.

Dal vangelo secondo Luca

2, 12 L’angelo disse ai pastori:” Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”.

 

Non ho mai capito veramente questo passo evangelico se non la prima volta che sono entrato in una capanna. O almeno in una ricostruzione di essa. Era qualche anno fa, maggio 2008, e per caso tornai nel parco della Caffarella di cuiho già detto qualcosa.

Non ero molto lontano dalla abitazione di quel cuginetto che avevo visto in fasce. Si, anche di quel primo incontro col mondo della tenerezza ho già scritto qualcosina.

Quindi, iniziai a camminare nei pressi del ninfeo di Egeria….

1. ninfeo.jpg

 

…e dopo un attimo trovai la ricostruzione di una capanna di età romana. Era possibile entrarvi, e chinandovi trovai paglia, disordine e maleodore.  Qua e là, come ovvio, ricostruzione di stalli per animali e anche, una mangiatoia. Un grande senso di povertà e al tempo stesso di semplicità.

Ecco dunque ciò che il Signore Gesù. Bambino in una mangiatoia ha voluto trasmetterci: semplicità, povertà ed essenzialità. Lo stazzo del Gigante dalle due nature era di per sé un ripieno di tesori per noi.

Questi elementi dovrebbero essere riscoperti nel presepio che abbiamo fatto l’8 dicembre; o forse qualche ritardatario magari si sta sbrigando a prepararlo adesso. Infatti praesepium significa mangiatoia. A proposito di questi elementi scrive papa Francesco nel suo documento del presepe, pubblicato ad inizio di questo avvento:

 

Il presepe è un invito a “sentire”, a “toccare” la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi.

 

Questo spogliarsi, vestirsi di semplicità, rendersi piccolissimo è il tema della kenosi, lo svuotamento e l’abbassamento di Gesù. Gesù rimane Dio, ma nell’Incarnazione assume la natura umana: non veste le insegne maestose, che in quanto Dio avrebbe tutto il diritto di rivestire. No, decide di vestirsi di vera carne, vero copro umano, come tutti noi. Di passare per l’esperienza, del pianto, dei vagiti, dei sorrisini a sua mamma. Ecco cos’è la kenosi. Abbassarsi. Guardare dal basso con la gratitudine, la bella semplicità, e l’amore di un bambino.

Cari clubbers, impariamo un po’ tutti a fare la nostra kenosi: a guardare tutto il mondo dal basso delle nostre imperfezioni, per riconoscere nelle piccolissime parti del mondo la voce di Gesù bambino che ci chiama alla vita eterna.

Fr Gabriele Giordano M. Scardocci OP

Gesù dolce, Gesù amore

 

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