«Egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome»
Salmo 146
Leggendo questo salmo, non può non tornare alla mente il brano di Genesi, nel quale Dio dice ad Abramo: «Guarda il cielo e conta le stelle», poi aggiunge, lasciandoci immaginare l’accompagnamento di un sorriso beffardo: «Se le puoi contare» (Gen 15,5).
Questo si sente dire Abramo, quando sia lui che sua moglie, sono ormai avanti con gli anni e pensare di concepire un figlio è più che un azzardo: una scommessa irrazionale, quasi un tentativo di sovvertire le leggi della natura, ideate da Dio.
Se, in una notte stellata, come quelle che ci regalano le stagioni più miti, ci siamo soffermati ad osservare il cielo, ci siamo accorti anche noi della difficoltà di tenerne il conto. Inerpicati su qualche altura, con gli occhi al cielo scuro, tante piccole luci hanno iniziato, una dopo l’altra a far capolino, fino ad illuminare la notte.
Se chiudiamo gli occhi, la scena ci riporta alla nostra infanzia e ci fa assaporare una premura divina persino materna. Come quando, sul far della sera, dopo tante raccomandazioni, le madri, una alla volta, iniziavano a chiamare, per nome, i propri figli, con sempre maggiore urgenza e sollecitudine, intimando loro di tornare a casa, per l’incipiente cena.
Con Dio, troviamo solo tutto ingigantito. Non solo il numero. Anche la dolcezza, la premura, la sollecitudine, la pazienza, l’attenzione, la delicatezza, l’amorevolezza, la correzione.
Con un dettaglio in più. Per evitare la confusione e l’imbarazzo a cui vanno incontro tanti nonni e nonne che finiscono per scambiare nomi dei nipoti, Dio ci ha disegnato sul palmo della sua mano (Is 49, 16), così da non potersi mai scordare il nostro volto, intessuto, dall’eternità, in modo preziosamente unico ed irripetibile nelle viscere di nostra madre e preposto all’eternità della Comunione con Lui.
Del resto, stella non è forse un epiteto affettuoso con cui apostrofare qualcuno che sia particolarmente caro al nostro cuore?
Richiama la luminosità e – insieme – la compagnia: quando alziamo gli occhi al cielo, sollevandoli a terra, è un cielo stellato (cioè: pieno di stelle) che contempliamo. Immagine che, a sua volta, ci rimanda al Creatore e alla Creazione: quell’atto artigiano che, mentre si perde nella notte dei tempi, si rinnova al contempo, ogni giorno.
Perché – ogni giorno – l’amore di Dio si riversa sui Suoi figli amati, per rinnovarne la vita e ricolmarli della Sua Grazia.
Maddalena Negri
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