Homo Sum. Esseri umani con M. Bettini. #stililaicali

Dal libro di Giona

“Le acque mi hanno sommerso fino alla gola, l’abisso mi ha avvolto, l’alga si è avvinta al mio capo. Sono sceso alle radici dei monti, la terra ha chiuso le sue spranghe dietro a me per sempre. Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, Signore, mio Dio. Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore.”

Ho appena finito la lettura del libro Homo Sum. Essere “umani” nel mondo antico di Maurizio Bettini, edito lo scorso anno da Einaudi, e sono rimasta davvero colpita, in quanto il professore suggerisce una lettura della letteratura antica non soltanto in chiave antropologica, ma calandola nella stretta attualità.  Bettini, classicista e scrittore, ci pone una serie di domande, chiedendosi, ad esempio,  se il senso di umanità dei Greci e dei Romani fosse migliore del nostro oppure quale posto occuperebbe nel mondo antico la Dichiarazione universale del 1948.

La copertina del libro

Le sue riflessioni prendono avvio da fatti contingenti. Nell’estate del 2018 si sono susseguiti una serie di drammi nel Mediterraneo, come ne erano già avvenuti in passato, ma questa volta c’è di nuovo che le autorità hanno respinto i naufraghi, che nel canale di Sicilia non vengono soccorsi, in quel medesimo luogo ove Enea, diretto in Italia, fu soccorso da Didone. E’ immediato il filo diretto con il I libro dell’Eneide , in cui si parla di naufraghi in fuga dalla loro città in fiamme che entrano nel Canale di Sicilia, cercando l’approdo nell’Italia tanto agognata. Il dramma descritto da Virgilio, dei profughi di guerra costretti a lasciare la propria patria, era così attuale che Bettini ha pensato alla tensione che spinge i fuggitivi a cercare un approdo sicuro. L’Eneide parla di cronaca, non è solo un grande poema epico. Questi grandi testi della cultura classica sono attualissimi, poiché ci aiutano a riflettere anche su come gli antichi ritenevano ci si dovesse comportare con gli altri uomini. Noi siamo abituati ormai a parlare di “diritti”, gli antichi, invece, ragionavano in termini di “doveri”, anche nei confronti degli altri: lo straniero supplice si doveva accogliere, era un dovere, non c’era altro modo di essere uomini. La divinità, poi, sorvegliava sui doveri nei confronti dei miserabili. Questo orizzonte noi lo abbiamo perduto. Presi dalla rivendicazione dei nostri diritti, tralasciamo i doveri nei confronti dei nostri fratelli in difficoltà, e non chiniamo più la testa di fronte all’indirizzo che nostro Signore ci ha dato.

Ancora una volta, riflettere sul mondo antico ci aiuta ad orientarci nel presente.

Giorgia Pietropaoli

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