Clubbers, vi ricordate l’amica Lucia di una penna spuntata?
Eh!!?!?!?!?! Già scordato tutto? Sgrunt!! Era la nostra ospite nella diretta su Ildegarda, che trovate qui se ve la siete persa.
Comunque la nostra Lucia Graziano torna alla carica. Cioè l’ho fatta tornare in carica io, ad essere onesto, chiedendole una riflessione sull’Immacolata. Lei ha tirato fuori dal cilindro una riflessione di qualche tempo fa. Ma ancora attuale. Eccola a voi.
Gustatevela e buona festa dell’Immacolata!

Si è tenuta a Torino, nel 2014, una mostra che s’intitola #Presepio. Proprio così, con l’hashtag. A sottolineare “la volontà di rendere attuale il tema, con la compresenza in mostra di raffigurazioni più antiche della Natività, insieme […] alle più innovative interpretazioni contemporanee”.
Diciamo le cose come stanno: io non amo l’arte contemporanea.
Quando voglio fare l’erudita, motteggio che “non la capisco”.
Quando sono più in confidenza, fra amici, dico chiaro e tondo che l’arte contemporanea mi sembra brutta. Semplicemente, banalmente, oggettivamente brutta.
Ma brutta proprio.
Bene: la mostra sui presepi allestita a Torino si è aggiudicata un singolare primato nei fatti della mia vita, essendo stata la prima mostra d’arte in tutta la mia esistenza ad avermi colpita con qualche pezzo d’arte contemporanea che… beh: mi ha colpita.
Lo sconvolgente episodio ha sconquassato le mie certezze al punto tale da spingermi a condividerlo sul blog… e quindi, quest’oggi vorrei mostrarvi una delle opere che hanno catturato la mia attenzione.
A primo sguardo, entri nella sala e te lo vedi lì: è una specie di cartellone pubblicitario attaccato al muro con delle puntine da disegno. Ti avvicini e leggi la didascalia, e scopri che effettivamente i cartelloni pubblicitari c’entrano per davvero: l’artista, Paolo Leonardo, “utilizza manifesti pubblicitari “rubati” dalle affissioni per strada, come supporto e pre-testo su cui dipingere”. Già Mimmo Rotella faceva qualcosa di simile, spezzettando manifesti pubblicitari e poi ricomponendoli in una specie di collage cubista; Paolo Leonardo, invece, fa un altro lavoro ancora: piglia il manifesto pubblicitario, lo stacca, e poi ci dipinge sopra. Dandogli una nuova profondità, attribuendogli un messaggio e un significato.
Ho cercato qualche informazione in più sull’artista e ho trovato questa pagina, dove si sottolinea come Leonardo non utilizzi per la sua arte tutti i manifesti pubblicitari che gli capitano a tiro, indistintamente – no, lui “se la prende” solo con quei manifesti pubblicitari che fanno un uso stereotipato del corpo femminile, riducendo la donna ad una “donna oggetto”.
Nella pagina che ho citato, l’artista dichiarava: “non sopporto che l’orizzonte della mia città sia invaso da immagini pubblicitarie, da questi volti e corpi che rappresentano la donna, ma allo stesso tempo li banalizzano stereotipandoli e riducendoli a merce”. E allora, che fare? “Per la prima volta in una notte del 1994 ho strappato due grandi manifesti: i volti di una donna. Dopo averli modificati con un intervento pittorico di stile espressionista, li ho ricollocati abusivamente negli espositori stradali pubblicitari, così è iniziato tutto, cosi faccio ancora adesso per le strade in Italia e all’estero. Attraverso il filtro della pittura le foto vengono definitivamente investite dalle mie emozioni. […] È attraverso la pittura che l’ immagine si riscatta, ritorna ad avere una propria dignità”.
Che la dignità femminile sia molto spesso vilipesa, e che fin troppe donne se la lascino vilipendere in virtù del fatto che “beh, così fan tutte”, è una cosa che, come saprete, mi sta abbastanza a cuore mi fa proprio venire il sangue amaro.
Quindi, già anche solo sulla carta, non potevo che essere colpita da un’operazione di questo genere: perché prendere un’immagine di donna mezza nuda, in posa sexy, con lo sguardo ammiccante, e rivestirla dandole nuova vita e nuova profondità… beh: è una cosa bellissima. È un messaggio che mi sta molto a cuore.
Ma il quadro che ho visto in mostra a Torino mi ha colpita, se possibile, ancor di più… perché il soggetto raffigurato (nell’opera finita; non nel manifesto pubblicitario di partenza) non era una donna normale.
Era la Vergine Maria.
L’artista aveva preso un manifesto pubblicitario rappresentante una donna oggettificata, ridotta a merce, e l’ha trasformato in un ritratto della Madonna.
Chissà qual era la funzione originaria del manifesto. Chissà cosa stava facendo, la modella ritratta in foto.
Vista l’inquadratura, io me la immagino con una profonda scollatura, i capelli mossi dal vento, un gloss traslucido sulle labbra, a pubblicizzare chissà cosa. Gioielli preziosi, profumi, una linea di make up…?
E adesso eccola qui, quest’immagine vuota e fine a se stessa: vivificata e riempita di dignità, fino al punto da diventare un ritratto della Vergine.
Mentre contemplavo quest’opera, qualcosa mi diceva che non avrei trovato modo migliore per “celebrare” sul blog la festa odierna…

Articolo originale: https://unapennaspuntata.com/2014/12/08/madonna-paolo-leonardo/
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