Caravaggio e la sua ombra. Un film fra fantasia, fede ed arte. #caravaggio #lanternadelcercatore

Ebbene sì, finalmente ci sono tornato.

Mi domanderete: Dove? Al cinema.

Dopo quasi tre anni, finalmente sono tornato dinanzi al grande schermo. In una fredda sera di fine novembre fiorentino.

Tralascio l’emozione del momento di entrare in platea e vedere le poltrone rosse di una sala praticamente vuota, a parte me, un amico e forse o due tre coraggiosi che sfidarono il freddo umido.

Sì ok, ma a vedere quale storia di alto contenuto teologico e culturale?

Per il primo film dopo la fine del lockdowm ho scelto l’Ombra di Caravaggio, regia di Michele Placido. Dal titolo si evince che il film parli – ed effettivamente è così – della storia del celeberrimo pittore, Caravaggio, al secolo Michelangelo Merisi. Caravaggio è interpretato da un bravissimo Riccardo Scamarcio.

La storia narrata tendenzialmente si riassume in questa: c’è un anonimo inquisitore, chiamato L’Ombra, che interroga vari personaggi sulla vita gli eccessi e le genialate del Merisi. Condannato a morte, protetto dalla nobiltà, scandalizzava una parte dei cardinali l’idea dello stesso pittore lombardo di prendere donne di strada, briganti e poveri come modelli per personaggi biblici, Gesù e Maria. Caravaggio, fra una scazzottata, taglienti colpi di spada, una donna e l’altra dipinge, fa volteggiare il pennello su capolavori rimasti eterni. Un film bello, che consiglierei anche se molto crudo specialmente nella ricostruzione fedele della vita di eccessi del pittore.

È un film che innanzitutto deve molto alla fantasia.

Michele Placido si è preso diverse licenze cinematografiche sulle quali vorrei dire qualcosa.

Innanzitutto, Caravaggio non aveva simpatie protestanti; nei dialoghi con diversi cardinali e lui cita il Vangelo a memoria. Gli interlocutori sembrano neanche ricordare che quello è il Vangelo. Merisi era plausibilmente in polemica con diversi prelati e cardinali del suo tempo ma che lui non avesse una fede cattolica e che si rifacesse alla sola scriptura luterana – da come appunto invece la pellicola allude – si può negare.

In seconda battuta, l’incontro con Giordano Bruno, da quello che ho letto in giro è romanzato[1]. Poiché entrambi erano a Roma insieme, plausibilmente i due si sono sfiorati ma mai ufficialmente incontrati. Proprio per questo, e per la difficoltà delle opere bruniane, trovo alquanto improbabile che Caravaggio – tutto dedito alle donne e alla pittura – abbia avuto il tempo di leggerle tutte, stante anche lo stigma che gravitava sulle opere del filosofo nolano per le sue dottrine anticattoliche. Anche qualora le avesse lette, trovo assolutamente improbabile – oserei dire impossibile ma forse è un giudizio temerario – che Caravaggio abbia avuto il tempo di imparare a memoria – come gli fanno dire in una scena – diversi brani de Lo spaccio della bestia trionfante, un libro bruniano di ardua difficilissima ermeneutica ancora oggi, figurarsi impararlo a memoria.

Ma ribadisco un punto.

A me rimane forte il dubbio del facile e pronto accesso dei libri di coloro che erano sotto torchio inquisitorio. Come lo era stato Bruno più volte. Dunque, i libri bruniani potevano arrivare facilmente ai non addetti ai lavori? Se la risposta è si credo che al Sant’uffizio allora dovessero rivedere i loro impiegati.

Scherzi a parte, tutto il film è intriso un po’ da questa prospettiva, a mio modo di vedere un po’ esasperata: quest’idea che tutta la chiesa- in cui tutti pensano allo stesso identico modo, parlano scandendo ritmato in coro esprimendo le stesse idee ed essendo uguali anche nelle virgole – sia contraria a Caravaggio.

Come detto alcuni cardinali non condividono l’opera di Caravaggio, ma dire che questa convinzione sia di tutti i cattolici e che la Chiesa del tempo in toto non abbia minimamente accettato Caravaggio mi sembra di poter dire che sia abbastanza falso.

L’attore Ricardo Scamarcio e il suo Caravaggio.

Per il resto ci sono vari spunti carini.

Da qui possiamo passare all’arte e alla fede.

L’arte è ben espressa quando il film ricostruisce in modo perfetto la modalità in cui Caravaggio creava le sue opere d’arte. È una pellicola che ci insegna allora come si fa il bello con Caravaggio.

Infine, la fede.

Caravaggio incontra quel prete tanto strano, che ai tempi pure era abbastanza inviso a diversi cardinali. Quel prete mezzo romano e mezzo fiorentino, quel Filippo Neri.

E lì allora, in quella Chiesa della Valicella che personalmente richiama tanti ricordi e altrettanta nostalgia (insieme a tutte le chiese romane che finiscono dentro la macchina da presa di Placido), vedi qualcosa. Vedi che il Merisi ha attinto il bello dalla tenerezza e dalla carità. Quel bello e sublime che vengono dal tremendum del sacro che si fa carità, detto da noi teologi.

Spieghiamolo.

C’è un bello che Caravaggio ha accolto dentro di sé. Perché ne é stato affascinato. Da un lato la miseria e il fascino delle donne di strada. Dall’altro la miseria e la povertà dei romani affamati del rione Parione. E lì che Caravaggio sente la scintilla del divino che gli fa muovere le corde dell’anima e delle dita e che ci regalano stralci di eternità nelle sue tele. Da quella verità che si mostra nel poco e nella povertà.

Certo, Caravaggio non era uno stinco da Santo e non è una persona da canonizzare. Ma certamente era un genio. È un genio. A cui va riconosciuto va riconosciuta un’eredità eterna e immortale. Forse proprio per questo contrastato. Questo è quello che il film mi ha donato.

Anche oggi Caravaggio sarebbe contrastato. Ma non dalla Chiesa e dai suoi esponenti che, ai suoi tempi, criticavano uno stile innovativo con argomenti che per i loro tempi e stili pittorici erano ragionamenti corretti. Non possiamo incolpare Baglione i preti del barocco, di essere barocchisti e di non aver anticipato tutte le riprese caravaggesche.

Caravaggio oggi sarebbe contrastato perché ci offrirebbe la novità della grazia. Nella luce che dipinge cerca la Luce della Novità della Grazia.

Oggi il novus di Cristo dà fastidio. Ai quei tempi era criticato, oggi verrebbe riempito di fake news e bufale in Internet. La novità di chi si attanaglia e cerca Dio nel creato, nei poveri, nella bellezza. Rompe gli schemi il novus di Cristo.

Per questo che l’ombra di Caravaggio dovremmo esserlo tutti.

Seguirlo, criticarlo, osservarlo, riprenderlo e infine contemplarlo. Per cercare in quelle opere d’arte non un pittore o un artista, sebbene genio eterno.

Per cercare dietro quei colori la tavolozza dell’Artista Eterno. Di cui noi siamo ad un tempo ombre e ad un tempo capolavori unici, e la Chiesa è la Luna che attende di vedere di nuovo lo splendore del suo Re.

Cerchiamolo sempre, fra il tormento e la grazia.

Fr Gabriele Giordano M. Scardocci OP


[1] https://www.raiscuola.rai.it/storiadellarte/articoli/2021/01/Giordano-Bruno-e-Caravaggio-tra-luci-e-ombre-01d2ee69-96fa-4abc-ae6a-8a6082039316.html

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