1– Al corifeo: su strumenti a corda. Salmo-cantico di David. 2Iddio abbia pietà di noi e ci benedica, faccia splender su noi il suo volto e abbia pietà di noi. 3Affinchè noi conosciamo in terra la tua via, tra le Genti tutte la tua salvezza. 4Ti celebrino i popoli, o Dio, ti celebrino i popoli tutti! 5S’allietino ed esultin le Genti, perché giudichi i popoli con equità e le Genti, sulla terra governi. 6Ti celebrino i popoli, o Dio, ti celebrino i popoli tutti! 7La terra ha dato il suo frutto! Ci benedica Iddio, il nostro Dio, 8ci benedica Iddio e lo temano tutti i confini della terra! [Ti celebrino i popoli, o Dio, ti celebrino i popoli tutti!].
Salmo 66
L’Avvento[1] è il tempo in cui la Santa Chiesa attende anelante la venuta di Nostro Signore Gesù Cristo. Ardentemente essa grida, con l’Apostolo Giovanni: “Veni Domine Jesu!”[2]. Ora, tale venuta si attua in tre modi principali. Dom Prosper Guéranger[3] (1805-1875), li ricorda nella sua opera “L’Anno Liturgico”, citando il sermone di Pietro di Blois:
«Vi sono tre venute del Signore, la prima nella carne, la seconda nell’anima, la terza con il giudizio. La prima ebbe luogo nel cuore della notte, secondo le parole del Vangelo: Nel cuore della notte si fece sentire un grido: Ecco lo Sposo! E questa prima venuta è già passata, poiché Cristo è stato visto sulla terra e ha conversato con gli uomini. Noi ci troviamo ora nella seconda venuta: purché, tuttavia, siamo tali che egli possa venire a noi; poiché egli ha detto che se lo amiamo, verrà a noi e stabilirà in noi la sua dimora. Questa seconda venuta è dunque per noi mista d’incertezza; poiché chi altro fuorché lo Spirito di Dio conosce coloro che sono di Dio? […] La terza venuta, è certissimo che avrà luogo; incertissimo il quando: poiché non vi è niente di più certo che la morte e niente di più incerto che il giorno della morte. Al momento in cui si parlerà di pace e di sicurezza, dice il Savio, allora la morte apparirà d’improvviso, come le doglie del parto nel seno della donna, e nessuno potrà fuggire. La prima venuta è dunque umile e nascosta, la seconda è misteriosa e piena d’amore, la terza sarà risplendente e terribile. Nella sua prima venuta, Cristo è stato giudicato dagli uomini con ingiustizia; nella seconda, ci rende giusti mediante la sua grazia; nella terza giudicherà tutte le cose con equità: agnello nella prima venuta, leone nell’ultima, amico pieno di tenerezza nella seconda»[4].
È alla luce di queste parole che qui si vuole riflettere sui passi del Salmo 66. Il salmista sembra già pregustare la venuta del Salvatore chiedendogli, a buona ragione, di avere pietà di noi e di benedirci, facendo splendere su di noi il suo volto. Quando attendiamo qualcuno, soprattutto l’amato o l’amata, ciò che bramiamo di più è di poter vedere il suo volto. Ma Nostro Signore non è certo un amato qualsiasi, oggetto di un amore limitato: Egli è degno di essere amato al di sopra di ogni altra cosa che possiamo desiderare su questa terra.
Lo scopo della nostra vita deve essere questo: conoscere il Signore e le sue vie, ovvero aderire con l’intelletto e la volontà al vero bene e seguire i dieci comandamenti. “Conoscere”, nel suo significato più pieno, non vuol dire soltanto sapere che dei comandamenti esistono, ma significa soprattutto amarli come manifestazione della Volontà di Dio (coincidente col nostro vero bene) e di conseguenza agire conformemente ad essi nella propria vita quotidiana. Solo così è possibile la Salvezza che il Signore attua con la Redenzione della Croce.
Ma questo non possiamo farlo con le nostre sole forze, abbiamo bisogno della grazia, comunicataci per mezzo dei Sacramenti e, specialmente, con quelli della Riconciliazione e della Santissima Eucarestia. Tali e mirabili sono i mezzi che il Signore ci mette a disposizione per seguire la sua Legge, santificarci, unirci a Lui e poter così conseguire l’eterna beatitudine in Paradiso, laddove si fruirà del Sommo Bene senza più alcun male[5]. Con la Santissima Eucarestia, Nostro Signore si dona a noi in Corpo, Sangue, Anima e Divinità: così si attua, ad ogni Comunione, la Sua venuta in noi. Quanto più si è vicini alla fonte di calore tanto più ci si scalda e, analogamente, quanto più si è vicini alla fonte della grazia tanto più ci si santifica. E se corrispondiamo adeguatamente a questa immensa grazia, in noi non potrà che accendersi un amore ardente per un Dio così buono, tanto buono da farsi mangiare e divenire “nostro” nel senso più profondo che ci possa essere.
Dice il salmista: “Ci benedica Iddio, il nostro Dio”. Chi vive dopo la prima venuta di Cristo può dirlo a più gran ragione! Non ci benedice un Dio generico, ma un Dio che si fa nostro nel senso che abbiamo visto. L’unico timore di ogni uomo deve essere sempre e solo quello di non rispondere a questa somma bontà, trasgredendo la santa Legge di Dio col peccato o rimanendo indifferenti ai doni di immensa misericordia e bontà che Egli gratuitamente e generosamente ci offre. Chi troveremo, su questa terra, disposto a darci ben più di quel che ci è necessario senza chiederci nulla in cambio se non il nostro amore? Nemmeno le persone più buone ci fanno del bene in maniera così disinteressata. La maggior parte poi, ammettiamolo, non dà niente per niente. E allora lodiamo Iddio, perché ci ha dato il frutto più bello, il Suo Figlio unigenito, per mezzo della Santissima Vergine Maria, alla quale chiediamo di intercedere presso di Lui perché questo Santo Natale ci consenta di accogliere con le più sante disposizioni e il più grande fervore Gesù che viene a noi. Solo così la terza venuta del Signore nella gloria non ci troverà impreparati come le vergini stolte[6].
Fabio Fuiano
Le letture di oggi: Is 56, 1-3. 6-8; Sal. 66; Gv 5, 33-36.
[1] Propriamente, la parola “Avvento” deriva dal latino “Adventus”, che significa Venuta.
[2] Ap 22, 20.
[3] Dom Prosper Guéranger fu abate del priorato benedettino di Solesmes e fondatore della Congregazione di Francia dell’Ordine di San Benedetto. Il 21 dicembre 2005 è stato dichiarato Servo di Dio dal vescovo della Diocesi di Le Mans.
[4] Pietro di Blois (seconda metà del XII secolo), De Adventu, Sermo III, in Dom P. Guéranger, L’Anno Liturgico, Trad. it. a cura di Fede & Cultura, 2021, Verona, vol. I, p. 30.
[5] La beatitudine può essere definita, con Boezio, come «un bene il cui possesso non permette di desiderare altro», vale a dire come «la somma di tutti i beni», o meglio ancora, come «uno stato costituito dalla compresenza di tutti i beni» […] S. Tommaso (Ia, q. 26, a. 1) propone la stessa definizione applicandola all’essere ragionevole: «bonum perfectum intellectualis naturae», in. R. Jolivet, Trattato di Filosofia, vol. V, Morale I, pp. 59-60.
[6] Mt 25, 1-13.
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