Eterno sarà il ricordo del giusto. Salmo 111. #salmi #teologiabiblica

Salmo 111 (112)
Alleluia.
Beato l’uomo che teme il Signore
e nei suoi precetti trova grande gioia.
2 Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
la discendenza degli uomini retti sarà benedetta.
3 Prosperità e ricchezza nella sua casa, la sua giustizia rimane per sempre.
4 Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti: misericordioso, pietoso e giusto.
5 Felice l’uomo pietoso che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia.
6 Egli non vacillerà in eterno: eterno sarà il ricordo del giusto.
7 Cattive notizie non avrà da temere, saldo è il suo cuore, confida nel Signore.
8 Sicuro è il suo cuore, non teme,
finché non vedrà la rovina dei suoi nemici.
9 Egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre, la sua fronte s’innalza nella gloria.
10 Il malvagio vede e va in collera, digrigna i denti e si consuma.
Ma il desiderio dei malvagi va in rovina.

Premessa


Il libro dei salmi è un universo poetico all’interno della Bibbia, è formato in gran parte da brevi composizioni poetiche che venivano prevalentemente utilizzate in ambito liturgico dall’alleanza sacrale che si riconosceva nel culto del Tempio di Gerusalemme.
Alcune di queste composizioni sono antichissime, sacre e liturgiche, sicuramente da far risalire all’epoca pre-esilica, come ad esempio il salmo 45, che è certamente un salmo profano (l’unico) composto per l’incoronazione di un re di Israele, o il salmo 104 che indirettamente dipende dalle mitologie di varie culture dell’area mediterranea, e babilonese.
Il redattore di questo libro, cioè colui che ha raccolto e selezionato queste composizioni potrebbe essere vissuto tra il III° ed il II° sec. a.C.
Non è possibile escludere che il redattore abbia ritoccato o addirittura composto alcuni di questi scritti. Questi sono gli aspetti fondamentali dei salmi, che vanno premessi al fine di comprendere con efficacemente il loro significato: la maggioranza dei salmi non è stata composta come testi di preghiera personale o comunitaria, come ad esempio il nostro Santo Rosario, ma nell’Israele pre e post-esilico avevano una precisa funzione liturgica all’interno del culto, così come ad esempio oggi ce l’hanno le nostre preghiere eucaristiche od il Sanctus.
Successivamente, in epoca ellenistica o meglio maccabaica, i salmi vennero sempre più utilizzati come composizioni per la preghiera personale e comunitaria.
E sgombrare il campo da questo equivoco ci aiuta a capire meglio il significato originario dei salmi, senza esercitarsi nell’arte di caricare di significati successivi degli scritti che avevano un loro preciso significato nell’ambito dell’alleanza cultica del Tempio di Gerusalemme.
Quel che è quasi certo è che in breve questo libro divenne il manuale di preghiera o meglio di formazione spirituale, dei Cassidim (hasidim) i “pii” ovvero di coloro che pur nella loro povertà e debolezza seguono la strada del Signore.
Hasidim non è una definizione generica, ma connotava con precisione gli appartenenti ad una comunità di devoti che vivevano in profondità la loro devozione al Signore in una fase storica dove Israele non era più indipendente, erano governati e sottomessi da stranieri.
Si considerano poveri, ma non poveri di soldi, ma poveri di capacità decisionali, privati e mancanti delle capacità di influenzare il corso del mondo, ma tuttavia capaci di determinare la storia del mondo, proprio con l’arma della preghiera.
Ecco come i Salmi da composizioni liturgiche vennero quindi trasformati in testi di preghiera personale e comunitaria.


Commento


Molti commentatori considerano questo salmo come una intenzionale contrapposizione al Salmo 111, nel quale la beatitudine del pio segue la lode a Dio presente nel salmo precedente.
Gli specialisti riscontrano questa contrapposizione anche in elementi testuali, come ad esempio una serie di espressioni parallele.
Questo fa supporre che entrambe queste composizioni provengano dal medesimo autore.
Relativamente al contenuto a mio avviso è rilevabile una certa analogia con il salmo I, solo che il 111 pone un accento più forte sulla lode del pio, mentre gli empi scompaiono.
Anche se gli studiosi concordano sul fatto che questo salmo, dal contenuto piuttosto generico, non possa essere datato con certezza, si deve considerare, come per il Salmo I, se la promessa di salvezza ai pii, non sia vincolata al conferimento della benedizione.
Questa ha avuto il suo posto nella celebrazione cultuale, per cui è possibile ipotizzare anche una datazione pre-esilica.
Anche per questo salmo, il timore di Dio vale come principio della sapienza.
Da esso deriva l’obbedienza ai comandamenti di Dio e l’intrepida fiducia in Dio riscontrabile nei vv. 7-8.
E’ infatti proprio della fede biblica il portare con se la tensione tra timore e gioia, e superarle attraverso la fiducia; poiché tale fede cresce e si nutre della viva impressione della potenza e dell’amore di Dio.
Ne scaturisce ogni benedizione nella famiglia e nella discendenza ed in un bene terreno, la “giustizia”, che -attenzione- qui va intesa non come proprietà morale, ma come dono della salvezza di Dio nella vita interiore ed esteriore.
Al v.3 il pio è infatti interpellato con le parole dette da Dio nel salmo 111 v.3, e questo indica che la benedizione del pio in ultima istanza significa partecipazione alla natura di Dio.
Colui che è benedetto da Dio diventa a sua volta benedizione per gli altri pii.
Come una luce nelle tenebre, egli risplende per gli altri come modello. Egli stesso diventa un esempio vivente ed una dimostrazione della misericordia, grazia e giustizia di Dio.
Il carattere dimostrativo della vita morale qui è riconosciuto ed espresso con chiarezza.
La misericordia del pio fedele si mostra nella carità verso i poveri, nel modo in cui conduce i suoi affari, la sua giustizia, così da restare indiscusso modello nella memoria degli altri.
Certo il fedele non è inattaccabile dalle cattive notizie e dalle accuse degli odiosi nemici. Ma la sua fiducia in Dio gli dona un cuore saldo e confidente, così che non deve spaventarsi.
Anche questa sicurezza è un dono di Dio e non ha nulla a che fare con l’incosciente sicurezza di sé stessi.
Nei vv. 5-6 sono ancora una volta messe insieme la misericordia verso i poveri e la giustizia del fedele, e sono lodate come contenuto di una vita che gode dell’abbondanza della forza e che è insieme benedetta da Dio e onorata dagli uomini.
Questa forza della benedizione risalta tanto più chiaramente se si fa attenzione alla collera impotente e alle brame degli empi invidiosi, che sono condannati alla sterilità.

Gabriele Ciampalini

Foto di ThePixelman da Pixabay

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