Beato, beato chi ha un tetto in Prato! – Una teologia di Prato #prato #attualità

“Andate dunque, e ammaestrate tutte le nazioni”

Matteo 28, 19.

Una frase molto rilevante in un mondo come il nostro, che diventa ogni giorno più multiculturale e multietnico. Ciò che però la mia città, Prato, ha di particolare è che al suo interno conta tantissime rappresentanze umane diverse, a tal punto che un pratese potrebbe leggere questo versetto di Matteo così: “Restate dunque, e ammaestrate tutte le nazioni”!

Stando ai dati della fine del 2022[1], quasi un cittadino su tre è straniero (46.901 persone a fronte di un totale di 148.430) . Al primo posto troviamo la componente cinese, che con i suoi 29.822 membri rappresenta il 60% di tutta la cittadinanza straniera (il 20% di tutta la città). Ma non sono i soli: a Prato vivono anche albanesi, rumeni, pakistani e marocchini, per citare solo le comunità numericamente più rilevanti.

Duomo di Prato.

Io ho sempre vissuto con la multiculturalità nel sangue: mio babbo è italiano ma mia mamma è originaria di Trinidad e Tobago, due gemme di terra che si affacciano sul Venezuela e chiudono la collana delle isole caraibiche. Vivendo in un contesto bilingue e con la fortuna di poter passare del tempo con la famiglia e gli amici dal lato materno una volta all’anno, sono cresciuto acquisendo un grande respiro internazionale, tanto che arrivai addirittura a dimenticarmi della “diversità” di mia mamma rispetto agli altri (celebre un esercizio alle medie dove, alla richiesta di nominare qualche straniero che io conoscessi a Prato, citai il ragazzo cinese che gestiva il bar accanto alla scuola senza minimamente pensare al fatto che bastava guardassi in casa mia).

Questo mi ha permesso di non avere uno sguardo diffidente verso le persone di altre parti del mondo, verso le loro culture o le loro cucine.

Iolo, casa Natale di D. Bessi

Tutto questo, trasposto su un piano religioso, mi ha aiutato a vedere quanto ricchezza la diversità possa portare quando incontrai per la prima volta le suore domenicane di Santa Maria del Rosario a Iolo (Prato). Una realtà fondata da un sacerdote, Don Didaco Bessi, ormai quasi 130 anni fa alle periferie del mondo, in un certo senso, ma che si sarebbe dimostrata col tempo luogo di incontro e proliferazione di tante diverse culture e che si sarebbe espanso in lungo e in largo.

Il mio rapporto con le suore inizia durante un evento fra i più internazionali: la Giornata Mondiale della Gioventù, nello specifico l’edizione del 2011 a Madrid. Da quel primo incontro, è partita una frequentazione che ha portato ad una profonda amicizia con tutte loro, apprezzando molto la varietà di paesi rappresentati all’interno della stessa casa religiosa di Iolo, come Polonia, India e Romania.

Come già accennato prima, una realtà molto importante a Prato è quella della comunità cinese. Sempre più la loro presenza sul territorio si sta dimostrando una grande ricchezza per la città e sempre più la chiesa si sta muovendo per aprire canali di comunicazione ed evangelizzazione. Questo mi fa molto piacere e sono fiducioso che Prato possa rappresentare nel futuro prossimo un avamposto di ecumenismo e lavoro interculturale capace di dare un esempio positivo che anche altre città potranno poi seguire.

Prato, in conclusione, rappresenta il posto in cui sono nato, dove la mia fede ha mosso i primi passi e dove ho riscoperto la fede in fase più adulta. Prato è dove mia mamma, nel lontano ’82, ha aperto un po’ la strada alla presenza di etnie e culture diverse sul territorio, lei che con la sua stupenda pelle color cioccolato rappresentava una vera anomalia al tempo. Prato, la mia Prato, è un laboratorio umano e spirituale, dove sotto la guida del nostro vescovo Mons. Giovanni Nerbini tante realtà diverse possono trovarsi assieme per comunicare, condividere e pregare assieme. Per tutti questi motivi, non solo sono felice che il Signore mi abbia chiamato sulla via della consacrazione religiosa, ma che abbia scelto un pratese per portare avanti la sua missione e abbia voluto che, attraverso me, Prato venisse portata all’attenzione di tutti come luogo di crescita e fratellanza.

“Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua” (Atti 1, 6).

fr. Massimiliano Giuliattini o.p.


[1]    Popolazione anagrafica residente nel Comune di Prato al 31 Dicembre – Prato conta

Immagini: licenza wikicommons


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