Come sentinelle speranzose. De Profundis# 3

La straordinaria avventura del marinaio genovese Cristoforo Colombo è celeberrima e nota a tutti.

Il 12 ottobre 1492 davvero si spalancò un mondo nuovo per gli Europei, quando le tre caravelle sbarcate da Palos giunsero nel Nuovo Mondo. Quello di Colombo è stato un viaggio coraggioso, consapevole dei propri limiti e difficoltà sia dal punto di vista materiale (solo 3 imbarcazioni a disposizione) e dal punto di vista culturale (dato il precedente rifiuto di Ferdinando II Di Aragona).

L’esperienza di Colombo è quella di una persona che ha alimentato la speranza. Nel suo Diario, il marinaio scrisse:

“Non si può mai attraversare l’oceano se non si ha il coraggio di perdere di vista la riva.”

Anche il viaggio della speranza per tutti noi cristiani è simile ad un viaggio in cui si perde di vista la propria riva: con questa immagine direi il nostro punto di vista soggettivo che fa sfuggire dal piano di Dio. Vivere la speranza è innanzitutto alimentare questo sguardo più ampio.

 

Io spero, Signore.

Spera l’anima mia,

attendo la sua parola.

L’anima mia è rivolta al Signore

più che le sentinelle all’aurora.

 

La speranza è dunque virtù di ognuno di noi che sente di essere peccatore. Ogni peccatore pentito è dilaniato da un senso di sdoppiamento: da un lato, il desiderio di infinito di Dio e del suo Amore. Dall’altro, l’azione del peccato come ripiegamento su di sé, allontanandosi da quell’amore tenero e forte. La felicità eterna in Dio è sempre un desiderio che portiamo dentro, sebbene a volte ci lasciamo distrarre e allontanarci da essa da felicità effimere e dal naturale egoismo.

Per questo che il salmista del De Profundis alla fine del versetto parla dell’essere sentinelle: la sentinella è colui che vigila, difende la città e chi ama: a tal fine, è sempre guardingo di fronte a possibili infiltrazioni del nemico.

Vivere come sentinelle speranzose richiede un grande aiuto da parte del Signore. Ciò prevede da parte nostra anche una certa educazione e purificazione per cogliere meglio il Suo aiuto. Questa purificazione è un esercizio di maturità umana e spirituale. Per questo, nel tempo di Quaresima si sceglie di fare delle piccole rinunce o digiuni un po’ più forti, o quelli prescritti. Queste rinunce ci aiuteranno a vedere tutte le realtà materiali come di aiuto al rapporto con Dio. Potremo così addentrarci nell’Oceano dell’Amore di Dio e abbandonare la riva della mondanità.

Salpare dall’effimero per giungere all’approdo dell’Eterno.

Fr. Gabriele Giordano M. Scardocci OP

Gesù dolce, Gesù amore


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