La meta di Dio. #novena2020

” «Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Perciò anch’io lo do in cambio al Signore: per tutti i giorni della sua vita egli è ceduto al Signore» “

— dal primo libro di Samuele, 27- 28.

(Per la riflessione del primo giorno della novena: cliccare qui. La porta dell’Avvento

Per la riflessione del secondo giorno della novena: cliccare qui Gesù il leone di Giuda

Per la riflessione del terzo giorno della novena cliccare qui: Inizio di un cammino verso la nostra patria celeste. 

Per la riflessione del quarto giorno della novena: cliccare qui: Giuseppe, Il sogno, Maria e il progetto di Dio.

Per la riflessione del quinto giorno della novena cliccare qui: Il presepe l’antennista e il bambinello.

Per la riflessione del sesto giorno della novena cliccare qui: l’infedeltà e la promessa.

Per la riflessione del settimo giorno della novena cliccare qui: il tempo e l’Eterno. )

Il brano liturgico della prima lettura si collega, naturalmente, ai versetti precedenti, in cui si racconta di una donna che, pregando fervorosamente d’avere un figlio, subisce il giudizio affrettato del sacerdote Eli (che la crede ubriaca). Esaudita la richiesta di tale preghiera, una volta che il figlio (Samuele) è svezzato, la madre lo porta al tempio, così da offrirlo al Signore, adempiendo così il voto fatto tempo prima.

Probabilmente, ai nostri occhi, sembra del tutto insensato: “Ma come? Chiedi un figlio e poi lo lasci al tempio? Allora non lo volevi veramente…”.  Anna, madre di Samuele ci mostra con la sua struggente storia di madre, cosa significhi amare, rinunciando a possedere, amare nella piena libertà; più ancora, evidenzia come la vera gratitudine si sviluppi proprio nella disponibilità ad accogliere un dono che, però, è destinato ad altri.

Il Vangelo ci propone, integralmente, la lettura del Magnificat, il saluto che la Vergine regala ad Elisabetta, quando quest’ultima le comunica che “il bambino ha esultato di gioia nel grembo” (Lc 1, 44). Una preghiera che ci mostra l’anima della Madre di Cristo e che la Chiesa, da secoli, ha fatto propria, introducendola come preghiera liturgica vespertina.

Con un lungo elenco di capovolgimenti rispetto alla norma del mondo – che, senz’altro, riprende “Il Signore ha abbattuto il trono dei potenti, al loro posto ha fatto sedere gli umili.” (che possiamo leggere in Siracide 10, 14) – si fa prefigurazione delle beatitudini evangeliche, annunzio di un cambiamento di portata inaudita.

Sussiste, tuttavia, una differenza fondamentale: Maria non ha fatto alcuna richiesta, è stato Dio a prendere l’iniziativa, a guardare “l’umiltà della sua serva”. Eppure, Colei che tutte le generazioni chiameranno “beata”, così come Anna, è chiamata ad avere un figlio, per restituirlo. Anzi, è chiamata a donarlo, affinché si sacrifichi, per la salvezza di noi tutti.

Le due letture ci fanno pensare alla gratitudine e al nostro rapporto col dono. La prima reazione dovrebbe esser quella di aprire gli occhi, sulla nostra vita, per accorgerci dei doni che, quotidianamente, il Signore ci elargisce, anche – se non: soprattutto! – quando non vi prestiamo attenzione. La seconda domanda, però, è come ci poniamo innanzi ad essi; se, cioè, siamo disposti a mettere a disposizione i doni ricevuti, a perderli, rispetto al nostro possesso, così che siano disponibili per la Chiesa di Cristo. Perché, come nel rugby, sai che, una volta ricevuto l’ovale, è richiesta visione di gioco e generosità, se davvero vuoi… andare in meta!

Maddalena Negri

(foto di copertina Foto di ALBERTO H. FABREGAS da Pixabay )

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