I catari. Breve anatomia di un’eresia #catarismo #approfondimenti

Tra le espressioni più significative del dualismo religioso, un posto particolare spetta al catarismo, (dal greco katharos, “puro”), un movimento cristiano eretico che conobbe la sua massima espansione tra il XII e il XIII secolo. I catari, appunto, professavano una dottrina dualistica, secondo cui ci sono due principi, uno buono e uno cattivo, e il mondo materiale ricade nella sfera del secondo di questi. In ciò, la loro visione richiamava quella di movimenti in qualche modo analoghi diffusi nei Balcani e nel Medio Oriente, come i pauliciani o i bogomili, di cui catarismo fu probabilmente una derivazione.

Gruppi isolati di catari apparvero, stando ad alcuni studiosi, nella Germania occidentale, nelle Fiandre e nell’Italia settentrionale già nella prima metà del dell’XI secolo, e il loro numero crebbe rapidamente nella metà del XII secolo. Alla formazione delle dottrine catare devono aver contribuito i missionari bogomili che in quel periodo sappiamo essersi spinti in Occidente, così come alcuni dei reduci della Seconda Crociata (1147-1149), che in Oriente erano venuti in contatto con gruppi dualisti.

Sembra che il catarismo fosse praticato secondo due forme: una che professava un dualismo mitigato ed una che ne propugnava uno di tipo assoluto. È probabile che il dualismo mitigato derivasse da influenze bogomile. Questo, come il cristianesimo tradizionale, concepiva un solo Dio creatore, che aveva creato ogni cosa come buona, compreso Satana, il quale era da identificarsi col suo figlio maggiore, Lucifero, che poi gli si era ribellato. La corruzione di Satana, quindi, era stata la conseguenza di una sua libera scelta. Anche le anime che questi aveva imprigionato successivamente nei corpi (anche se non si capisce come) avevano subito questa sorte in ragione di una loro scelta. Questa corrente del catarismo fece propria l’idea, che era già stata dei succitati bogomili, secondo cui il protagonista del racconto biblico della creazione sarebbe stato Satana, ma che per creare il mondo questi avesse utilizzato una materia preesistente creata in principio da Dio a partire dal nulla. Il mondo in cui l’uomo vive era quindi il dominio di Satana e l’Antico Testamento era la testimonianza di questo dominio. I catari accettavano la rivelazione contenuta nel Nuovo Testamento, ma ne davano un’interpretazione particolare, inserendola all’interno di un complesso teologico di tipo sincretistico, espresso con un linguaggio allegorico che solo gli iniziati (i perfetti) sapevano interpretare correttamente. Il catarismo aveva quindi non solo i suoi principi e le sue pratiche, ma anche una sua letteratura canonica.

Satana non aveva però creato le anime umane, bensì, come già accennato, queste erano gli angeli creati da Dio che Satana era risuscito ad intrappolare nella materia. Le prime due anime imprigionate erano state quelle di Adamo ed Eva, che, soccombendo alle tentazioni di Satana, rappresentate con immagini fortemente sessuali, divennero i progenitori della razza umana. La pena per la loro caduta, che, per i catari, era identificata particolarmente con la sessualità, fu la procreazione delle anime individuali con i loro corpi, così che tutti gli uomini nascevano come anime imprigionate in un corpo. Tutta la pratica religiosa catara era diretta a liberare l’anima dal corpo (e dal dominio di Satana), permettendole di tornare a quel cielo a cui era stata destinata dal suo Creatore. Questa era anche la ragione per cui Dio, avendo pietà degli angeli caduti, rappresentati dall’umanità che soffriva per il peccato di Adamo ed Eva, aveva mandato nel mondo non solo Cristo, il suo secondo figlio, ma anche lo Spirito Santo per redimerli. Sebbene anch’essi, secondo alcuni dualisti mitigati, facevano parte della natura di Dio, erano inferiori a Dio. Inoltre, in quanto spirito, Cristo nella sua forma umana non aveva un vero corpo: o era, secondo alcuni, un fantasma, o, secondo altri, una sorta di ente angelico. A prescindere da questo, comunque, per i catari, Cristo non era il Logos di Dio fatto carne, come per il cristianesimo ortodosso. Non era stato concepito da Maria, né aveva patito sulla croce per i peccati dell’umanità. Il vero Cristo aveva sofferto per l’umanità in cielo. Il suo ruolo, infatti, non era stato quello di espiare i peccati del mondo, ma quello di mostrare la via e ristabilire la verità della parola di Dio. Cristo era in cielo e, di conseguenza, le chiese, l’eucaristia e tutti gli altri sacramenti cristiani, nella loro materialità, erano un qualcosa che con lui non avevano nulla a che fare. Le chiese erano solo dei luoghi di incontro per i credenti. Lo scopo finale della lotta dell’anima contro Satana non era la risurrezione finale, ma la distruzione completa del corpo, frutto dell’opera di Satana stesso, e l’ascesa dell’anima al cielo.

La principale differenza tra il dualismo radicale ed il dualismo mitigato consisteva nel fatto che il primo concepiva l’opposizione tra il bene ed il male, lo spirito e la materia, come eterna. Il bene e il male e le loro creazioni esistevano da sempre. E come il bene, Dio, era il paradiso, così il mondo visibile creato da Satana era l’inferno. Pertanto, vivere in questo mondo era essere all’inferno. Il libero arbitrio, per costoro, quindi, non aveva ricoperto ruolo alcuno nella caduta di Satana; e il potere di Dio era corrispondentemente limitato dal fatto che il male era un principio autonomo e a lui coeterno. Gli individui non avevano i mezzi per tornare direttamente a Dio. Sebbene Cristo insegnasse la via della salvezza, gli individui dovevano subire una serie di reincarnazioni fino a quando non sarebbero giunti a riconoscere il male, cosa che li avrebbe resi perfetti e avrebbe liberato le loro anime dal dominio del diavolo. Cristo (così come Maria) era una entità di tipo angelico e non aveva mai posseduto un corpo reale. Sia per i dualisti assoluti che per quelli mitigati, come del resto per i cristiani ortodossi, tutte le anime sarebbero state alla fine salvate o dannate. Ma, per i dualisti assoluti, sembra che il libero arbitrio non avrebbe giocato ruolo alcuno ai fini della salvezza. Alla fine, per i dualisti assoluti il mondo visibile sarebbe caduto nel caos materiale, mentre per i dualisti mitigati Satana sarebbe stato catturato e tutte le cose sarebbero tornate al loro ordine originario.

In ragione di quanto detto sopra, i catari evitavano ogni contatto con tutto ciò che è materiale. Questo significava il rifiuto del matrimonio, di tutti i cibi che erano il prodotto della generazione sessuale, di tutti elementi materiali nel culto, e di ogni coinvolgimento in cose di questo mondo, che fosse l’amore per i beni materiali o ogni tipo di comportamento mondano, inclusa qualsiasi tipo di violenza. Ne risultavano un ascetismo e un’austerità estremi, che nella loro espressione morale e pratica avevano strette affinità con l’ideale cristiano di perfezione evangelica. Proprio questo loro atteggiamento austero ed il distacco che riuscivano a manifestare dalle cose materiali, probabilmente, furono la ragione del grande successo che i catari riuscirono ad ottenere. Poiché le esigenze del catarismo erano eccezionalmente rigorose, coloro che lo praticavano in modo più rigido erano un piccolo numero di adepti, detti i perfetti. Questi rappresentavano la gerarchia catara e, a differenza della gerarchia cristiana, erano un’élite davvero esigua e chiamata a dare continua prova di sé. La massa degli ordinari credenti conducevano delle vite ordinarie, sotto la guida dei summenzionati perfetti.

La grande linea di demarcazione tra i perfetti e i semplici credenti era la ricezione del consolamentum: un battesimo spirituale mediante l’imposizione delle mani che ammetteva il suo destinatario nei ranghi dei perfetti. Di solito veniva eseguito dopo un anno di prova e la piena rivelazione dell’insegnamento cataro, che non era accessibile agli aderenti ordinari. Una volta ricevuto, il consolamentum rimetteva i peccati del consolato e le conseguenze della prigionia dell’anima nel corpo, riunendo la sua anima con il suo spirito in cielo e liberandolo dal dominio di Satana. Era a questo punto, però, che iniziavano le vere prove. Ogni caduta nel peccato (e per i perfetti la lista dei peccati era davvero smisurata) significava la perdita del consolamentum, sia per il peccatore che per coloro che erano stati consolati da lui. Egli poteva essere riconsolato solo dopo una severa penitenza. Ma finché rimaneva fermo nella sua obbedienza, era effettivamente tra i salvati, uno dei perfetti, e venerato come tale dai comuni credenti. Per liberare più rapidamente l’anima dal corpo, sembra che i perfetti non raramente ricorressero alla morte volontaria e liberatrice provocata dall’astinenza completa da ogni nutrimento. Tale morte per inedia era nota specialmente nella Francia meridionale sotto il nome di endura. Questa serviva a far sì che il carisma spirituale ricevuto con l’imposizione delle mani non andasse compromesso e perduto.  Anche i normali credenti, però, potevano ricevere un consolamentum speciale poco prima della loro morte (quando si riteneva che non avrebbero avuto più modo di cadere nel peccato), al fine di essere liberati dal peccato e condotti alla salvezza.

La data precisa della comparsa del catarismo in Europa occidentale è fortemente dibattuta e non c’è alcun accordo, nemmeno di massima, sulla stessa. L’opinione più diffusa è che la prima prova certa della presenza di catari in Occidente si abbia a Colonia nel 1143 o 1144 (ma, come accennato sopra, c’è chi ritiene che costoro fossero già presenti nella regione da molti decenni). Sappiamo con un buon grado di certezza che negli anni 1150 questi cominciarono a diffondersi nel sud della Francia e nell’Italia settentrionale; mentre negli anni 1160 si erano saldamente stabiliti in entrambe le regioni. Queste divennero le loro principali aree di diffusione, con una presenza particolarmente massiccia nella Linguadoca, nelle terre soggette al conte di Tolosa. Si ha notizia di un grande concilio cataro tenuto nel 1176 a Saint-Félix-de-Caraman, durante il quale ad un vescovado cataro già esistente ad Albi, ne furono aggiunti ulteriori tre. Fu da Albi che i catari della Francia meridionale ricevettero il loro nome di albigesi (albigenses). Nel 1170 il catarismo si era talmente diffuso in queste zone da destare la seria preoccupazione delle più importanti autorità ecclesiastiche. Da Roma furono inviati numerosi predicatori per cercare di contrastare la diffusione del catarismo tra la popolazione. La prima vera e propria azione militare contro i catari, invece, sembra sia stata l’assedio del castello di Levaux condotto dal legato di papa Alessandro III, Enrico, abate di Clairvaux, nel 1181 al fine di catturare dure eretici che vi si erano rifugiati. Il successore di Alessandro, Innocenzo III, intensificò la pressione, cercando di usare un po’ il bastone e un po’ la carota. Le cose giunsero, però, a un punto critico nel gennaio 1208, quando uno dei legati di Innocenzo, Pietro Castelnau, fu assassinato per mano catara. A questo punto, Innocenzo, che aveva già invitato il re di Francia a risolvere militarmente il problema dell’eresia che imperava nella parte più meridionale dei suoi domini, lanciò una vera e propria crociata, sotto la guida dell’abate di Cïteaux. Fu l’inizio della cosiddetta “crociata albigese”, che condusse alla devastazione delle terre del conte di Tolosa. Anche se la crociata aveva indebolito significativamente i catari, questi riuscirono a sopravvivere e a riorganizzarsi in modo più solido di prima. Fu solo nel 1243 che furono effettivamente distrutti come chiesa organizzata con la cattura di oltre 200 perfetti a Montségur.

La forza dei catari risiedeva nell’ampio sostegno che avevano ricevuto sia nelle città che nelle campagne sia dai nobili che da molti membri altolocati della borghesia artigiana e commerciale. Si ritiene che, ad un certo punto, poco prima della crociata, ormai il catarismo fosse diventato la religione dominante nella Linguadoca. In Italia, i catari non godettero mai della coesione che avevano nella Linguadoca. Qui prevalsero i conflitti interni tra gli esponenti delle due forme di dualismo, anche se il movimento nel suo complesso poté prosperare, specie nei centri urbani, in ragione del conflitto che in quel periodo opponeva il Papato e l’Impero, conflitto che di fatto impedì al primo di poter organizzare un’efficace repressione dell’eresia. Fu solo nella seconda metà del XIII secolo, dopo la fine delle guerre tra i papi e l’imperatore Federico II, che ebbe inizio la vera e propria repressione del catarismo (che non conobbe però gli eccessi di violenza che si erano avuti in Francia). Ci vollero, però, molti decenni perché questa avesse effetto, e solo a partire dall’inizio del XIV secolo il catarismo sembra essere scomparso del tutto nella regione.

Adriano Virgili

Bibliografia essenziale:

Barber Malcom, The Cathars. Dualist Heretics in Languedoc in the Middle Ages, London, Routledge, 2000

Garofani Barbara, Le eresie medievali, Roma, Carocci, 2008

Manselli Raoul, Il secolo XII: religiosità popolare ed eresia, Roma, Juvence, 1983

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