Se c’è un po’ di giustizia a questo nell’altro mondo, io oso sperare che qualcuno abbia lanciato a san Michele una occhiata eloquente, quando è successo il fattaccio.
Ché diciamocelo: san Michele, con rispetto parlando, ha una dichiarata predilezione nel farsi costruire santuari nei posti più irraggiungibili del pianeta.
In Val Susa, s’era fissato che voleva a tutti i costi farsi edificare un eremo sul cucuzzolo di una montagna ripidissima (e quando la brava gente ha provato ad avviare la costruzione in un posto un po’ meno scomodo di quello indicato dall’arcangelo, lui s’è arrabbiato e ha cominciato a spostare i mattoni nottetempo finché l’impresa edile non ha capitolato).
Sul Gargano, c’è stato bisogno di scavare letteralmente nella roccia per creare un luogo di culto nelle viscere di una montagna.
A Mont Saint-Michel, peggio del peggio, la chiesa sta arroccata su un’isoletta che viene isolata dal resto del mondo non appena s’alza la marea.
Spero che san Michele non s’offenda se dico che, se fosse un umano, sarebbe probabilmente quel tipo di persona che, guardando gli annunci delle agenzie immobiliari, predilige le aree verdi e il paesaggio mozzafiato rispetto alla comodità di un appartamento in zona centrale con la fermata della metro sotto casa.
Per carità, questione di scelte. Però, tant’è.
Ecco, ehm. Fatte queste premesse, io oso sperare che, se c’è un po’ di giustizia in questo nell’altro mondo, qualcuno abbia davvero lanciato a san Michele una occhiata eloquente, quando ebbe luogo il fattaccio.
Tutto era successo nell’arco di pochi secondi, sul sentierino che portava a Mont Saint-Michel (una chiesa che, palesemente, l’agiografo del South English Legendary non aveva mai visto di persona. Altrimenti, non ce la descriverebbe come uno scoglio in mezzo al mare che diventa accessibile ai pellegrini solamente una volta all’anno, nella festa di san Michele, quando le acque miracolosamente si ritirano per consentire il transito dei devoti, così come si separarono in Egitto sotto il comando di Mosè).
Va a sapere che cos’è, che andò storto quella volta!
Uno tsunami? Una misteriosa ma incontestabile manifestazione della Provvidenza? Un guizzo di sadismo di un agiografo amante della teatralità?
Fatto sta che, all’improvviso, mentre i pellegrini stavano camminando lungo il corridoio asciutto venutosi a creare tra le due ali d’acqua: ecco che, inaspettatamente, l’acqua cominciò a gocciolare su di loro.
Prima fu un lento gocciolio a cui nessuno diede troppo peso.
Poi il gocciolio si trasformò in acqua che pioveva a secchiate sui viandanti.
A un certo punto, qualcuno dei pellegrini guardò in alto e vide con orrore che, no, non si trattava di un improvviso acquazzone estivo: le due ali d’acqua stavano collassando su di loro; presto, il corridoio sarebbe stato sommerso.
Qualcuno iniziò a gridare. Chi viaggiava a dorso di cavallo spronò al galoppo il suo destriero. I viandanti che erano a piedi cominciarono a correre forsennatamente.
Grazie al cielo, l’isolotto di Mont Saint-Michel non era poi così lontano: in un modo o nell’altro (fradici, terrorizzati, scossi da brividi di freddo e di paura) tutti i pellegrini riuscirono a mettersi in salvo sulla terraferma, pochi istanti prima che le acque si richiudessero dietro di loro.
Ci fu un momento di shock e di silenzio collettivo. I pellegrini si strinsero l’un l’altro e, attoniti, fissarono le onde che si agitavano a distesa d’occhio. Poi qualcuno abbracciò il suo compagno di viaggio, qualcuno cadde in ginocchio per ringraziare il cielo dello scampato pericolo, qualcun altro propose di fare una conta per controllare che tutti i membri della carovana fossero riusciti a sopravvivere.
E poi, un uomo che aveva passato gli ultimi dieci minuti del suo tempo ad aggirarsi tra gli altri superstiti alla frenetica ricerca di qualcuno cadde a terra e alzò lo sguardo al cielo. Ma non per ringraziare Dio, anzi per gridare un disperatissimo “MOGLIE!”.
Ed è a questo punto della narrazione che io amo immaginare che, dall’alto dei cieli, qualche angelo abbia lanciato a san Michele la famosa occhiata eloquente. E magari abbia anche azzardato un rispettoso: “io però te lo dicevo, che ‘sta fissa dei santuari in posti improbabili rischiava di procurare un sacco di incidenti”.
Perché in quella rocambolesca fuga attraverso le ali d’acqua, non tutti i pellegrini erano riusciti a mettersi in salvo. Mancava all’appello una donna, per la precisione: una poveretta in avanzato stato di gravidanza che era andata in pellegrinaggio a Mont Saint-Michel per chiedere la grazia di un parto senza complicazioni e che, appesantita dalla fatica del suo stato, non era riuscita a correre abbastanza velocemente quando il muro d’acqua aveva cominciato a incrinarsi.
Insomma, era rimasta indietro. E adesso era lì, naufraga in mezzo al mare, sospinta dalle onde in un punto così remoto da non esser neppure visibile agli occhi di chi era in salvo sull’isola. Le vesti fradice d’acqua le si attorcigliavano attorno alle caviglie e di sicuro il pancione non la aiutava un granché a nuotare agilmente: la poverina sentiva già venir meno le forze e sicuramente sarebbe morta affogata… se san Michele non si fosse sentito in dovere di intervenire.
Nessun cavaliere resterebbe indifferente alle grida di una donzella in pericolo – e l’arcangelo guerriero non fu da meno. Alla stregua di un custode premuroso, si calò in picchiata sul mare per salvare la donna dai flutti, la strinse tra le sue braccia per tutta la durata del travaglio (ché la poverina, per lo spavento, era stata colta dalle doglie) e probabilmente le sussurrò anche “sei stata bravissima” quando la madre, finalmente, diede alla luce un bel bambino.
Dopodiché, messi al sicuro la puerpera e il neonato, Michele fece ciò che un qualsiasi individuo sano di mente avrebbe fatto a questo punto della narrazione: vale a dire, spiegò le sue ali possenti e condusse in volo la famigliola nel santuario di Mont Saint-Michel, dove il padre disperato stava piangendo tutte le sue lacrime… ehm no, scusate. Michele strinse a sé la madre e il bambino e li condusse in volo su uno scoglio da tutt’altra parte, sul quale i due rimasero per un lunghissimo e interminabile anno, affettuosamente custoditi dall’arcangelo che, trasformatosi in angelo custode, ogni giorno sfamava la donna portandole pesci, acqua potabile e anche un po’ di frutta.
E così, la donna e il bambino furono pianti per morti per dodici, interminabili mesi, mentre l’uomo che si credeva vedovo e non sapeva di esser padre cercava di riprendersi dal lutto nel chiostro di Mont Saint-Michel (…perché, va da sé, il maremoto che aveva sommerso il corridoio in mezzo al mare aveva finito col bloccarlo sull’isolotto assieme a tutti gli altri pellegrini).
San Michele, nella sua insondabile (…davvero molto insondabile) sapienza volle far passare un anno intero prima di rendere manifesto al mondo il suo miracolo. Volle aspettare di veder tornare il giorno della sua festa, quando di nuovo il prodigio si compì e di nuovo le acque si separarono davanti a Mont Saint-Michel, permettendo finalmente ai pellegrini rimasti intrappolati sull’isola di tornare da dove erano venuti.
E mentre gli uomini percorrevano a ritroso il sentiero che un anno prima li aveva condotti al santuario: solo a quel punto, maestosamente, san Michele calò dal cielo, stringendo tra le braccia la sua protetta e il suo bambino.
E venne il momento dell’incredulità e del pianto, e poi delle risate e di una infinità di baci, quando la madre intravvide suo marito tra la folla e il padre poté finalmente riunirsi al suo figliolo.
***
Curiosa, questa storiella, citata anche da Jacopo da Varagine ma probabilmente scritta per la prima volta nel South English Legendary, una raccolta di testi agiografici composta Oltremanica attorno agli anni ’60 del Duecento.
Curiosa perché, in questa leggenda, san Michele si comporta come il più premuroso di tutti gli angeli custodi, finendo addirittura per assumere il ruolo di ostetrico, nutrice e baby-sitter in un colpo solo. Che – diciamolo – non sono esattamente le prime attività che ci vengono in mente quando qualcuno fa il nome di san Michele, meglio noto per essere il principe degli angeli, il condottiero della milizia celeste, il campione che sconfisse Lucifero, colui che un giorno annuncerà col suo corno l’ora del Giudizio.
Eppure, così è. Si direbbe che, sotto sotto, anche san Michele abbia un lato tenero, a giudicare dall’agiografia. E penso, tutto sommato, che non danneggerà la sua reputazione l’essere ricordato anche così, di tanto in tanto.
Li ha tenuti in ostaggio per un anno. Chiamalo “lato tenero”. 🤣🤣🤣
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Ahahaha
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Brava Lucia! Non sapevo queste cose su San Michele; Mont Saint-Michel lo visitai nella primavera del 1993: è meraviglioso!!! 🙂
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