Convocazione
Dopo la scomparsa dell’impero latino nel 1261 d’Oriente, l’imperatore greco, Michele VIII Paleologo, si rese conto che per poter salvare quanto rimaneva del suo dominio era necessario trovare l’appoggio ed il sostegno dei regni cristiani d’Occidente e del papa. Proprio per rispondere ad una richiesta di costui, Papa Urbano IV inviò un’ambasceria presso il patriarcato di Costantinopoli nel 1264. Non abbiamo informazioni precise sui negoziati che ebbero luogo in quella occasione, sembra però che i latini avessero accolta sia la confessione di fede proposta dai greci sia la loro richiesta di convocare un concilio generale per cercare di risolvere una volta per tutte le divergenze teologiche che ormai dividevano la Chiesa da più di due secoli. Purtroppo, prima che i frutti di questo accordo di massima potessero essere raccolti Urbano morì e il nuovo papa, Clemente IV, respinse lo stesso, adducendo il motivo che, siccome la fede della Chiesa era già stata definita, non aveva alcun senso dover discutere nuovamente attorno agli articoli del Credo. Nel 1271, però, con la salita sul soglio pontificio di Gregorio X, le cose cambiarono. Questi aveva vissuto negli stati crociati, conoscendo quindi bene la situazione politica e religiosa dell’Oriente, e fece della riunificazione delle Chiese e della riconquista della Terra Santa lo scopo del suo pontificato. Nella primavera del 1272, Gregorio organizzo i soccorsi per la Palestina e convoco per il maggio 1274 un concilio generale, il cui triplice scopo sarebbe stato la riforma della Chiesa, l’unione con i greci e la riconquista della Terra Santa. L’imperatore Michele VIII e il Patriarca Giuseppe di Costantinopoli con i suoi vescovi erano invitati. Probabilmente il motivo principale che spingeva il basileus recarsi al Concilio sembra fosse il desiderio di eliminare una volta per tutte la minaccia rappresentata dalle rivendicazioni di Carlo d’Angiò sul trono dell’ormai scomparso impero latino d’Oriente e contenere le mire espansionistiche della repubblica di Venezia. Il clero greco, dal canto suo, nutriva una forte ostilità nei confronti della Chiesa occidentale, alla quale non perdonava l’introduzione del Filioque nel Simbolo, né aveva intenzione di riconoscere il primato giurisdizionale del papato su tutta la Chiesa.
Nell’aprile 1273, Gregorio X designò Lione come sede del futuro Concilio. A suggerire al papa questa sede furono probabilmente il fatto che questi era stato in gioventù canonico della città, che il cardinale Pietro di Ostia era stato vescovo della stessa e che per organizzare un efficace difesa degli stati crociati era indispensabile il sostegno del regno di Francia e dell’Imperatore di Germania. I re ed i principi vennero invitati ad assistere personalmente al Concilio, perché vi si potessero prendere misure efficaci contro i saraceni; una Commissione episcopale di inchiesta fu incaricata di riferire sulla riforma della Chiesa.
Svolgimento del concilio
Il concilio si riunì nella chiesa cattedrale di San Giovanni. Erano presenti 15 cardinali. Tra essi c’erano s. Bonaventura, vescovo di Albano, i patriarchi latini di Costantinopoli e d’Antiochia. Erano poi presenti re Giacomo I di Aragona e gli ambasciatori o gli inviati dei re di Francia, di Germania, d’Inghilterra, di Sicilia, di Cipro e del Khan dei mongoli (alcuni di questi ultimi ricevettero il battesimo nel corso del Concilio). Il numero dei partecipanti al Concilio non è noto con precisione: si crede che ci fossero circa 500 vescovi, 60 o 70 abati e un migliaio di prelati di grado inferiore.
Il 24 giugno arrivarono gli ambasciatori greci: essi erano Germano, già patriarca di Costantinopoli, favorevole all’unione, Teofanio, metropolita di Bitinia, il senatore Giorgio Acropolite, un gran logoteta e tre altri funzionari con un interprete. Il concilio comprese sei sessioni.
Il 7 maggio ci fu la prima sessione, Gregorio X fece un sermone nel quale espresse ai prelati la sua emozione, i voti del suo cuore e le ragioni per cui li aveva convocati. Dopo di ciò indicò la data della seconda sessione, che avrebbe dovuto tenersi il14 maggio, ma ebbe luogo soltanto il 18.
Il 18 maggio, dopo le cerimonie consuete, Gregorio X riassunse quanto era stato compiuto nella prima sessione poi si concentrò sul tema della liberazione della Terra Santa. Furono poi congedati tutti gli abati e i priori, mitrati e non, che non aveva convocato personalmente e tutti i prelati di grado inferiore. Alla fine, dopo aver fatto l’elogio del re d’Aragona, il papa fissò la sessione seguente per il 28 maggio (anche se poi questa slittò al 4 giugno).
Il 4 giugno, dopo un sermone di Pietro di Tarentaise sulla riunione della Chiesa greca e della Chiesa latina, si diede lettura di 10 Costituzioni e della Costituzione di Innocenzo IV Praesente generali.
La quarta sessione luogo dopo l’arrivo degli ambasciatori greci che portavano a Gregorio X una lettera dell’imperatore Michele. Il 6 luglio furono ricordati gli scopi del Concilio, si lesse la traduzione delle lettere inviate da Costantinopoli. L’imperatore riaffermava la sua la sua adesione alle richieste di Roma, riconoscendone il primato, e domandava che la Chiesa greca mantenesse il suo Simbolo e suoi riti specifici. La lettera degli arcivescovi annunciava la loro entrata nell’unita della Chiesa. Il luogotenente imperiale giurò, senza mandato, l’abiura dallo scisma, in nome dell’Imperatore. Furono poi presentate le lettera del Khan dei Mongoli (Kublai) e vennero ricevuti i suoi ambasciatori, i quali proposero un’alleanza per combattere le potenze musulmane che minacciavano gli stati crociati.
Una divergenza di opinioni tra il papa e i cardinali sulla regolamentazione del conclave e la morte di Bonaventura fecero ritardare fino al 16 luglio la quinta sessione. In questa si lessero 13 costituzioni.
Il 17 luglio si tenne la sesta sessione, in cui furono pubblicate due costituzioni, di cui una dogmatica, con cui il Concilio definiva che lo Spirito Santo procede eternamente dal Padre e dal Figlio, non come da due principi, bensì come da un solo principio, non mediante due spirazioni, ma mediante una sola spirazione. Il Papa affermò poi che dei tre scopi, proposti all’assemblea, due erano stati raggiunti: l’unione dei greci e l’aiuto agli stati crociati per la riconquista dei luoghi santi (anche se si trattava soltanto di un aiuto finanziario ottenuto da Gregorio X tra la prima e la seconda sessione, corrispondente al versamento per sei anni delle decime e dei benefici alla Chiesa di Roma). In quanto al terzo scopo, la riforma della Chiesa, vi si sarebbe provveduto prossimamente con delle specifiche costituzioni. Dopo la benedizione del pontefice, il Concilio fu sciolto.
I canoni
Pubblicati il 1 novembre 1274, i canoni del Concilio furono in tutto 31, tre dei quali (il 13, il 14 e il 19) furono però aggiunti alla lista da Gregorio X solo dopo che questo si era ormai chiuso. Il canone 1 è il solo che abbia attinenza con la Chiesa greca:
“la Chiesa latina ha sempre insegnato che lo Spirito Santo procede eternamente dal Padre e dal Figlio non come da due principi né per due spirazioni, ma come da un solo principio e per una sola spirazione. Questa è l’opinione invariabile di tutti i Padri ortodossi, latini e greci”.
Il canone 2 fissa le regole del conclave. I canoni dal 3 all’8 regolano le elezioni episcopali. Anche canoni dal 9 all’11 hanno a che fare con le elezioni e regolamentano: gli appelli extra-giudiziari per frivole ragioni (9); le accuse contro la persona dell’eletto (10); le possibili vendette da parte degli elettori minoritari (11). Il diritto di patronato e i suoi abusi sono regolati dal canone 12. I canoni 13 e14 concernono la persona e la residenza dei parroci. Il canone 16 allontana i bigami dal chiericato. Il canone 17 tratta dell’interruzione del culto divino da parte dei canonici e delle sue conseguenze pecuniarie. I canoni 18 e 21 regolano la concessione dei benefici. Il canone 19 regola la professione d’avvocato e il canone 20 dichiara nulla l’assoluzione di uno scomunicato estorta con la paura e/o la violenza. Il canone 22 delimita il diritto di avvocatura.
Il canone 23 concerne gli ordini mendicanti. Il canone 24 limita diritto di procura richiesto dai visitatori canonici. Il canone 25 riserva gli edifici delle chiese al servizio divino, allontana dai cimiteri ogni manifestazione profana e prescrive che si inchini il capo quando viene pronunciato il nome di Gesù. I canoni 26 e 27 rinnovano il canone 30 del Laterano III, aggravando le pene contro gli usurai. Il canone 28 condanna le rivalse per cui una persona è danneggiata al posto d’una altra. Il canone 29 spiega il canone 12 del precedente Concilio di Lione del 1245 relativo alla partecipazione con gli scomunicati. I canoni 30 e 31 concernono l’absolutio ad cautelam che non si applica alle comunità e ai paesi contro i quali e stato lanciato un interdetto generale (30), e proteggono gli autori di una scomunica contro le vendette di una potenza secolare (31).
Eredità del Concilio
Dal punto di vista dogmatico, il Secondo Concilio di Lione ci ha lasciato una piccola summa della fede cattolica nei documenti dogmatici raccolti in occasione dell’unione della Chiesa greca. Si è già detto rispetto alla processione dello Spirito Santo. Riguardo alla cristologia, la professione di fede, che era già stata presentata a Michele Paleologo alcuni anni prima e che dal Concilio viene ripresa, raccoglie tutti gli elementi fino ad allora definiti. Vi si afferma la perfetta divinità ed umanità di Cristo, integre anche se unite nell’unica persona divina e con le caratteristiche proprie a ciascuna di esse, e si affermano le due sue nascite (secondo la natura divina e umana). Merita particolare attenzione la dottrina escatologica che e cosi formulata:
“La Chiesa romana dice e afferma che quelli che dopo il Battesimo hanno commesso dei peccati non devono essere ribattezzati; ma possono conseguire il perdono dei propri peccati con una vera penitenza. Se avviene che i penitenti muoiano nella carità, ma prima di aver terminata la penitenza dei peccati, le loro anime sono purificate dopo la morte dalle pene purificatrici. Queste pene possono essere alleviate dai suffragi dei vivi, cioè dal sacrificio della Messa, dalle preghiere, dalle elemosine ed altre opere pie in uso nella Chiesa. Invece, le anime che, dopo aver ricevuto il Battesimo, non hanno commesso peccato alcuno, come pure quelle che dopo averlo commesso ne sono state purificate, o mentre erano ancora in vita o dopo la morte, immediatamente sono ricevute in cielo. Le anime poi di quelli che muoiano in peccato mortale o con il solo peccato originale, subito discendono nell’inferno e sono punite con pene diverse. La stessa sacrosanta Chiesa romana fermamente crede e afferma che nel giorno del giudizio, tutti gli uomini compariranno avanti al tribunale di Cristo con i propri corpi per rendere ragione delle proprie opere”.
Si precisa ciò che attende l’uomo subito dopo la morte: cioè, secondo lo stato della propria coscienza da valutarsi nel giudizio particolare (anche se non ricordato), il purgatorio (negato dai greci), il paradiso o l’inferno. L’immediatezza della retribuzione (negata in alcuni ambienti della Chiesa orientale) è espressa con due formule volutamente simmetriche.
C’è da dire che purtroppo, soprattutto per la situazione emergenziale che indusse l’imperatore d’Oriente ad aderire al Concilio, l’ostilità che ormai da secoli regnava nel clero greco nei confronti della Chiesa latina e l’effettiva assenza di un vero e proprio confronto teologico tra le parti in causa, le risoluzioni prese a Lione rimasero praticamente lettera morta. La Chiesa orientale non recepì nella pratica quanto stabilito nella lontana città francese e lo scisma proseguì come se nulla in effetti fosse accaduto.
Adriano Virgili
Alcuni riferimenti bibliografici:
Pietro Palazzini (a cura di), Dizionario dei concili, Roma, Città Nuova, 1963-1968, VI Voll.
Giuseppe Alberigo (a cura di), Decisioni dei concili ecumenici, Torino, UTET, 1978
Pierre-Thomas Camelot, Paul Christophe, Francis Frost, I concili ecumenici, Brescia, Queriniana, 2001
Klaus Schatz, Storia dei Concili. La Chiesa nei suoi punti focali, Bologna, EDB, 2012
Marina Benedetti (a cura di), Storia del cristianesimo. L’età medievale (secoli VIII-XV), Roma, Carocci, 2015
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