A una trentina di chilometri da Isernia, immerso nella campagna molisana, si trova un luogo magico: sono le rovine dell’antico monastero benedettino di San Vincenzo al Volturno, fondato nell’VIII secolo da tre monaci provenienti da Benevento; lì, per oltre un secolo, i monaci benedettini hanno vissuto nella preghiera e nel lavoro, trasformando l’abbazia in una grande realtà sociale ed economica, tra le più importanti d’Italia, finché non furono sterminati dai mercenari Saraceni al soldo del duca di Napoli nell’881. Oggi ne rimane ben poco, ma, se ci si inoltra nelle viscere della terra, c’è una sorpresa: una piccola cripta completamente affrescata, come fosse una grotta interamente dipinta, un tripudio di forme di colori come il blu e il rosso porpora, indimenticabile per chi ha avuto la fortuna di vederla. Si tratta della cripta fatta costruire tra l’824 e l’842 dall’abate Epifanio, forse dedicata al santo abate Ambrogio Autperto, che incentrò la sua teologia sulla figura della Vergine Maria. E sono proprio per la maggior parte le storie della Vergine Maria quelle che vediamo rappresentate sulle pareti e sulla volta della cripta, a partire proprio dall’Annunciazione.
La scena è proprio quella raccontata nel Vangelo di Luca: ecco Maria, seduta, nimbata, in una veste di porpora orlata di perle e pietre preziose come un’imperatrice bizantina, e l’angelo davanti a lei che porta l’annuncio cuore della storia della Salvezza: «Ecco, tu concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.» L’annuncio prefigurato dal profeta Isaia secoli prima: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele». Perché vergine è Maria, e il pittore sembra volerlo ribadire nel rappresentarla: infatti lei non è velata, e ai suoi piedi, e ai piedi dell’angelo, si vedono dei fiori, perché l’incontro avviene in un giardino, un giardino chiuso (hortus conclusus), simbolo per eccellenza della verginità. Maria, rappresentata all’interno di un monastero benedettino, diventa così simbolo della verginità e della castità liberamente scelta per il Regno di Dio, scelta ribadita dalla sua frase «Non conosco uomo» («Virum non cognosco») che Dante mette anche in bocca alle anime dei lussuriosi nel XXV canto del Purgatorio. A questo proposito, era molto conosciuto all’epoca il commento che fa Agostino di questa frase nel suo trattato De Sancta Virginitate: «Il che certamente non avrebbe detto, se già dapprima non avesse fatto voto di sé come vergine a Dio. Ma poiché le costumanze degli Israeliti ancora non ammettevano ciò, ella si sposò con un uomo giusto, il quale avrebbe, non già tolto via con violenza, bensì custodito contro i violenti, ciò di cui ella aveva già fatto voto.» Ma come conciliare la scelta della verginità con la missione di essere madre? L’angelo risponde anche a questo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra». Dio non viene a violare la scelta di Maria, semplicemente a orientarla ai fini della Salvezza: il proposito di verginità della fanciulla sarà rispettato, e il bambino che nascerà non avrà altro padre che Dio, perché «nulla è impossibile a Dio».
Maria riceve l’annuncio con la mano aperta, segno di fiducia e di accoglienza totale: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola.» A costo di trovarsi da questo momento esposta alla legge e alla società, rimanendo incinta prima del matrimonio e non del suo legittimo sposo: se il suo legittimo sposo lo scoprisse Maria potrebbe ricevere una lettera di ripudio del fidanzamento. Eppure il suo atteggiamento è quello che descrive il salmo: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me.». Se Dio chiede, Dio darà anche i mezzi per compiere la sua volontà, non importa a cosa si andrà incontro.
Particolare curioso, Maria è ritratta con in mano due fusi, mentre fila: è un particolare desunto dai vangeli apocrifi, che descrivono la Vergine visitata dall’angelo mentre fila porpora e scarlatto. Perché Maria è la nuova Eva, rappresentata anch’essa nell’atto di filare; e la porpora e lo scarlatto sono simboli di regalità riservati solo agli imperatori perché quello che porta in grembo è il Re dei Re, di colore rosso, come il sangue che il Cristo verserà sulla croce.
Federica Garofalo
Non credo che Maria avesse fatto voto di perpetua verginità perché nulla di questo si ricava dai Vangeli, e non credo che Giuseppe definito “giusto”, avrebbe accettato un matrimonio senza figli: la vergona della famiglia di Zaccaria ci apre uno spiraglio sulla credenza ebraica del tempo che avere figli fosse cosa molto gradita a Dio.
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Infatti l’articolo Dice esplicitamente che è una tradizione orientale che ancora oggi è riconosciuta dalla chiesa. La tradizione è una delle fonti della fede insieme alla scrittura e al Magistero. In ogni caso Voto chiaramente non va inteso come lo intendiamo noi oggi ma secondo la mentalità del tempo, come desiderio di consacrarsi a Dio nella eventualità di una verginità (che poi è quello che scrive anche l’autrice) 😃
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Cosa significa: “desiderio di consacrarsi a Dio nella eventualità di una verginità”?
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Vuol dire dedicarsi a Dio ma non per forza nell’esercizio della verginità come la intendiamo noi oggi. Anche il
Maschio primogenito veniva consacrato a Dio, non per questo automaticamente viveva in verginità
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– Mi ricordo la “discussione” con un teologo il quale sosteneva la perpetua verginità di Maria anche nel caso non fosse rimasta fisicamente vergine a motivo del parto.
– Nell’articolo si legge che “Maria… diventa così simbolo della verginità e della castità liberamente scelta”, quasi ad affermare che verginità e castità siano sinonimi.
Una persona non sposata è casta se si astiene totalmente dai rapporti sessuali;
una persona sposata è casta se ha rapporti sessuali in un contesto dell’amore fisico procreativo/unitivo (al tempo del matrimonio di Maria e Giuseppe era contro la legge divina che due coniugi si astenessero dal consumare il matrimonio).
– Quando leggo nell’articolo la frase di Agostino il quale afferma che:
“Il che certamente non avrebbe detto, se già dapprima non avesse fatto voto di sé come vergine a Dio. Ma poiché le costumanze degli Israeliti ancora non ammettevano ciò, ella si sposò con un uomo giusto, il quale avrebbe, non già tolto via con violenza, bensì custodito contro i violenti, ciò di cui ella aveva già fatto voto”,
io intendo che l’articolista supporti la tesi che Maria non intendeva aver rapporti sessuali dopo il matrimonio e che Giuseppe l’avrebbe assecondata in questo.
Io credo invece che Maria, data la sua particolare frequentazione al Tempio in quanto della tribù di Levi, avesse chiesto a Dio che non le arrivassero le mestruazioni per poter continuare a servire al Tempio per tutta la vita, ma, una volta arrivatele, avrebbe accettato, quale volontà divina, il contrarre matrimonio ed i suoi “obblighi”.
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