Oggi vorrei parlare di un autore che ho ad un tempo amato ed un altro temuto, cari clubbers.
Ho letto e studiato il suo pensiero per la prima volta nel 2001, al liceo, e l’ho trovato affascinante e in grado di svegliare la fede cattolica; in un secondo momento, poi, all’università ho analizzato i suoi Pensieri e le critiche alla filosofia e al pensiero scientifico del suo tempo. Allora lì ne ho avuto paura, quasi spavento.
“Questo genio spaventoso si chiamava Blaise Pascal” così lo scrittore francese François-René de Chateaubriand descriveva il suo connazionale francese, di cui oggi vi parlo.
Perché spaventoso? Perché come scrisse di lui il biografo Gilberte Périer “sempre e in tutte le cose, la verità è stata il solo oggetto del suo spirito”.
Di chi stiamo parlando? E in che modo si lega ai nostri temi?
Blaise Pascal (1623 – 1662) fu filosofo, scrittore spirituale, uomo di scienza a tutto tondo. In questo secondo ambito pubblicò diverse opere, tra cui ricordiamo: Essai pour les coniques (Saggio sulle coniche), 1642, Expériences nouvelles touchant le vide (Nuove esperienze riguardanti il vuoto), 1647, Préface sur le Traité du vide (Prefazione al Trattato del vuoto), 1651, Le triangle arithmétique (Il triangolo aritmetico), 1654. Intrattenne un lungo epistolario con il matematico Pierre Fermat fra il 1654 e il 1660.
Non allontanava le scienze dalla sua vita, le studiò di continuo in un continuo rapporto con la filosofia. La geometria studiata dal filosofo, secondo gli studi di Maria Vita Romeo, ammaestrava l’uomo alla impossibilità di raggiungere le verità più alte: proprio per questo, Pascal si spinse fino a voler conoscere l’intimo del cuore umano.
Ideò anche una singolare e stranota “scommessa su Dio”. Qui, in un film di Roberto Rossellini, è descritta con maestria:
Di certo, parte fondante per lui fu la profonda fede cattolica, alimentata dalla prospettiva giansenista. Pascal la fece propria, al di là delle decisioni ecclesiali sulle opere di Giansenio, generando un distacco dell’ambiente cattolico nei suoi confronti.
In ambiente cattolico si era formato, insieme al padre Etienne e al sacerdote minimo Marin Mersenne: ciò lo portò a convertirsi, in una prima conversione del 1646 e una seconda conversione, nel 1653. L’anno dopo, ebbe la sua notte di fuoco, il 23 novembre 1654 la sua definitiva consacrazione a Dio e scrisse il suo splendido Memoriale:
Fuoco.
Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei sapienti.
Certezza, Certezza. Sentimento. Gioia. Pace. Dio di Gesú Cristo. […]
“Il tuo Dio sarà il mio Dio”.
Oblio del mondo e di tutto, fuorché di Dio.
Lo si trova soltanto per le vie insegnate dal Vangelo.
Grandezza dell’anima umana.
“Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto”.
[….] “Questa è la vita eterna, che essi ti riconoscano solo vero Dio e colui che hai inviato: Gesú Cristo”.
Gesú Cristo. Gesú Cristo.
Sottomissione intera a Gesú Cristo e al mio direttore.
In gioia per l’eternità per un giorno di esercizio sulla terra.
Non obliviscar sermones tuos. Amen.
Per quanto ancorato ad una morale giansenista, Pascal ebbe molti legami di amicizia: fu solo ma non solitario. Solo con Dio, ed è per questo, che anni fa l’ho temuto.
Adesso volentieri clubbers vi spiegherò perché, Pascal ai tempi mi fece paura. E forse oggi fa un po’ paura a tutti.
Uno dei punti chiave della teologia e filosofia pascaliana è il concetto di “divertissement” che in italiano potremmo tradurre con divertimento, distrazione. Ogni uomo, secondo Pascal è a metà fra due grandi abissi: il nulla e l’infinito.
“Che cos’è l’uomo nella natura? Un nulla in confronto all’infinito, un tutto in confronto al nulla, un qualcosa di mezzo fra nulla e tutto.” (pensiero 72)
Una corda testa fra il nulla e l’infinito trinitario, l’uomo pascaliano è in continua tensione. Fra l’immanenza e la trascendenza. Fra il tempo e l’eternità. Ecco allora che per non pensare in che modo si può collocare in questo “essere fra” o “essere in”, l’uomo decide di non pensarci più.
Chiude le orecchie del cuore e dello spirito. Si distrae, si diverte: perde l’orizzonte di senso. Perde l’orizzonte della fede e della propria missione personale, che Dio gli ha scritto nel cuore. Forse perché sente che è una missione enorme, e non sente l’influsso della grazia, e invece si riempie di beni materiali e felicità effimere, secondo Pascal, l’uomo smette di pensare e inizia a distrarsi.
Scrive così, al pensiero 165:
“ «Se l’uomo fosse felice, lo sarebbe tanto più quanto meno fosse distratto, come i santi e Dio »
«Si, ma non è forse essere felice il potersi rallegrare con la distrazione?»
« No perché ciò proviene da altrove e da fuori, per cui egli è dipendente, e quindi soggetto ad essere turbato da mille casi che rendono inevitabili le afflizioni»”
Questo testo è un richiamo per noi tutti, per la nostra vita di fede e spiritualità. Quante distrazioni, falsi divertimenti, agitazioni vere ma ingigantite, ci portano a renderci dipendenti da realtà materiali, temporanee. Anche gli smartphone, i canali social, la messaggistica istantanea se non vengono controllati e calmierati, divengono una forma di distrazione e di allontanamento da Dio.
Quanto accade oggi è stato già profetizzato da Pascal. Un tempo che si distrae dall’Infinito e si addormenta nel Nulla. L’uomo di oggi, e perciò ciascuno di noi, si dimentica di essere in quel “mezzo” in cui è chiamato ad elevarsi, con l’aiuto della grazia. Si chiude in un nulla effimero, costruendo religioni fai da te, costruendo in personale Gesù che, in quest’ottica, è pronto ad accogliere tutti i desideri e i movimenti di pancia, purchè circoscritto nell’insieme del politically correct.
Già! Per questo che Pascal ci fa un po’ paura clubbers.
Perché risveglia quella nostalgia d’infinito che è racchiusa in noi. è un autore che ci ricorda che la vita autentica è anche aprire le porte della percezione al Totalmente Altro: il Dio di Gesù Cristo.
Gesù dolce, Gesù amore
Fr Gabriele Giordano M. Scardocci OP
Questo articolo mi fa pensare a quanto ogni tanto vada la pena di riflettere su quanto dipendiamo da qualcosa senza accorgercene, quasi come fosse un automatismo… siamo liberi o ci crediamo liberi? Per liberarci non possiamo fare a meno della consapevolezza: è per questo che la vita è una “lotta”.
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grazie mille!!! bellissima riflessione anche la tua.
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