23 dicembre. Zaccaria: una nuova paternità, per il regno di Dio. Giorno 8. #novenaclub2021

Giovanni, grazia divina è nato. Giovanni, figlio del desiderio (realizzato) è nato, tra le mura della casa del sacerdote Zaccaria e di sua moglie Elisabetta. Sono passati nove mesi dal giorno in cui Zaccaria, entrato sano nel tempio, ne uscì sordomuto, capace di farsi capire dagli altri solo con cenni e gesti. Tale è la penitenza per la sua incredulità: una sorta di regressione infantile (dis-imparare la verbalizzazione, che, da tantissimi anni, ormai, padroneggiava), per poter entrare in una nuova infanzia, che possa consentire a Dio di parlare al suo cuore, senza le interferenze che pone innanzi chi crede – ormai – di avere capito, di padroneggiare la situazione, di essere perfettamente in grado di compiere scelte importanti, per sé e per gli altri. 

Quel giorno, nel tempio, si era radicato nelle proprie conoscenze, per rivendicare l’impossibilità del compimento del progetto di Dio sulla propria vita – e sull’umanità intera. Da quel giorno, erano cambiate molte cose. Aveva visto crescere la pancia di sua moglie, segno che quel grembo che, fino a quel momento, per un tempo che sembrava infinito, era rimasto vuoto, inabitato, aveva accolto un nuovo essere umano. Avrebbe avuto il suo sorriso, la sua bocca, la sua eloquenza? Sarebbe diventato sacerdote come lui, prolungandone la discendenza? 
Non sappiamo se questi fossero i pensieri di Zaccaria, ma, probabilmente, non dissimili dovevano essere i pensieri ed i commenti dei vicini, degli amici, dei compaesani. Un figlio arrivato in età ormai tarda, ma, pur sempre, un figlio: perché non avrebbe dovuto camminare nel solco paterno, perpetuando la tradizione nel tempo?

Ecco, quindi, la proposta del nome: Zaccaria, come suo padre. O, in alternativa, un altro nome della famiglia. Anche solo qualche anno fa, anche da noi era tradizione intangibile in tantissime famiglie: il figlio si chiama come il nonno. Sembrava quindi una proposta gentile e – anche conveniente – perfettamente adeguata alla situazione e, certamente, non fuori luogo. 

Al contrario, risulta stridente ed insolita, per non dire insolente, la risposta della madre, Elisabetta, che si oppone, risolutamente:

«No, si chiamerà Giovanni!» (Lc 1, 60)

Il disappunto è palpabile. L’imbarazzo cresce. I convenuti, probabilmente, si scambiano uno sguardo d’intesa, quasi a cercare tacito assenso ciascuno negli occhi dell’altro. Il contrappunto è unanime:

«Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome» (Lc 1, 61)

A questo punto, non rimane altro da fare. Bisogna dirimere la questione e non rimane che un modo: rivolgersi a Zaccaria. Anche se muto ed incapace di parlare, resta pur sempre il capofamiglia! Per di più, sacerdote nel tempio. Chi non ci tiene, inventa una scusa; chi ci tiene trova un modo: sarà una modalità atipica, ma è il capofamiglia a decidere il nome del nuovo nato. Tanto si dice e si fa, che si trova una tavoletta, su cui il muto possa scrivere e comunicare, in modo inequivocabile, la propria decisione al riguardo. Così è e la scritta che compare è: 

«Giovanni è il suo nome» (Lc 1, 63) 

Lascia attoniti questo accordo e questa conferma paterna, prima ancora che la sua lingua si sciolga e ricominci a parlare. Gli astanti non conoscevano nel dettaglio la visione: risulta, quindi, enormemente straordinario che i due anziani convengano sul nome, rompendo con la tradizione, senz’avere avuto la possibilità di un confronto verbale, a causa del mutismo di Zaccaria. E, a noi che leggiamo a millenni di distanza suggerisce anche una riflessione: ci possono essere comunicazione e comunione profondi, tra gli sposi, anche senza la necessità di grandi dialoghi, perché per creare complicità basta uno sguardo d’intesa, quando regna l’amore. 
Zaccaria, sacerdote muto, riprende la propria autorevolezza paterna, recuperandola dalle pieghe del cuore di Dio, in cui l’aveva inscritta: morto il sacerdote, con la parola si riscopre padre che protegge la volontà divina su quel figlio che comprende non essere suo. Su di lui aleggia una volontà divina ed un disegno che aprirà la salvezza ai popoli: non può ridurlo ai propri desideri di padre, di sacerdote, di israelita.  

In Zaccaria, c’è un po’ ognuno di noi: tante volte, ci è chiesto di morire ai nostri desideri, per lasciare che, nel nostro cuore, prendano posto quelli di Dio, sia su di noi che sui nostri cari. Perché chi ci è accanto non deve essere la realizzazione dei nostri desideri, ma scoprire quale sia la volontà di Dio su di sé e compierla. Significa, spesso, fare un passo indietro (talvolta due!), rinunciare ad una mentalità di possesso e, tornando bambini, imparare a camminare uno di fianco all’altro, per scoprire insieme la volontà di Dio tra le pieghe della storia, senza illuderci di averla già raggiunta, una volta per tutte! 

Maddalena Negri

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