Il miracolo dei pani” è un dipinto di scuola fiorentina della seconda metà del XVII secolo, che ha come prototipo un altro
dipinto, del Sogliani, custodito in san Marco a Firenze.
Alla sommità del dipinto vediamo realizzata la scena di una crocifissione, tra i santi Antonino, domenicano, vescovo di Firenze, e Caterina da Siena. Antonino ci mostra con il dito il costato aperto di Cristo e tiene nell’altra mano un libro in cui si legge la scritta “Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita.”, (Isaia 55) e ripresa poi da Gesù nel Vangelo.
Caterina abbraccia la croce e possiamo notare anche in lei la ferita nel costato, da cui fuoriescono dei raggi luminosi. È un invito a volgere lo sguardo al vero cibo e alla vera bevanda di vita. Inoltre sulla croce Gesù ha compiuto il supremo atto di abbandono alla volontà del Padre.
La scena sottostante ci propone il cosiddetto “Miracolo del pane”, avvenuto per opera di san Domenico e narrato in due diversi episodi nelle nostre fonti. In entrambi i casi, quel giorno, i frati non avevano nulla da mangiare. Domenico fece mettere tutti a tavola ugualmente, pregò, ringraziò e benedisse il Signore come se il cibo non mancasse. Solo al termine di questa preghiera di lode e di benedizione, comparvero due angeli, portando tra le mani canestri colmi di pane. Vediamo dipinta questa scena. I frati raccolti attorno alla stessa mensa, tutta la comunità presente, anche il frate converso, con lo scapolare nero, a sinistra, e il laico domenicano, vestito con la semplice tonaca bianca, a destra.
Tutti i frati sono resi realisticamente nelle espressioni, alcune stupite per la presenza degli angeli, altre ancora incredule. I due angeli portano vesti dorate, colore simbolo della regalità del divino, e azzurre, simbolo del cielo, ancora una volta del divino, e le ali variopinte. Portano il pane in stoffe di colore verde, simbolo di vita. È un richiamo al pane che ci dona forza nella nostra vita quotidiana, ma anche al pane celeste, che nutre per la vita eterna. Domenico lo vediamo ritratto al centro, con le braccia allargate in segno di intercessione e lode, la stessa posizione di Gesù sulla croce. Quello che ha compiuto Domenico è stato un atto di abbandono fiducioso alla volontà del Padre, che non ha lasciato mancare ai suoi figli il necessario.
Ed è bello notare che quei due angeli, fuori metafora, possono essere state due persone che hanno bussato alla porta del convento, donando in quel momento quanto era necessario. Quante volte nella nostra vita, nei nostri giorni, sono presenti delle persone che sono come angeli, segno della presenza amorevole del Padre. Domenico sapeva cogliere i segni di questa presenza.
Questo quello che oggi ci consegna. Alleniamo i nostri occhi a vedere intorno a noi i segni abbondanti di quell’amore che sempre ci avvolge e vuole riportarci a casa.
Paola Diana Gobbo OP
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