“Solo mia madre Maria.” Maternità sacerdotale e vocazionale di Maria con Verlaine e Balthasar. #maria #maggioclubber2023 #lanternadelcercatore

“Voglio amare ormai solo mia madre Maria,

sono, gli altri, amori di precetto.

Ma benchè necessari, mia madre soltanto

Può accenderli nei cuori che l’amarono”

Così il poeta Paul Verlaine esprime in versi l’amore mariano che ognuno di noi può esprimere con vera devozione e fede cattolica. Gli “altri amori di precetto”, dunque le vie per amare che Dio apre dinanzi a noi, trovano un alimento ardente in Maria che intercede per noi. Questa intercessione è continua e va riscoperta in rapporto, perciò, a tutte le vocazioni.

Dunque, la riscoperta più grande su Maria che possiamo fare oggi è quello di vederla in rapporto al ministero sacerdotale, alla vita religiosa e al sacramento del matrimonio. In sé la piccola ancella di Nazareth raccoglie riflessione ed è ancora una volta testimone modello per il nostro vivere pratico.

Approfitto allora di queste riflessioni per far capire perché a me, per primo, è molto cara la devozione a Maria. Che sento vicina, come compagna di viaggio, madre e sorella. Ma ora cercherò di chiarire perché.

Abbiamo già parlato di lei quale modello di umiltà, di rovesciamento dell’Io a favore di Dio. In quell’abbassamento l’uomo in Dio trova la sua grandezza.

Tutti noi abbiamo così una vocazione che è stata infusa sin da quando eravamo piccolissimi embrioni nelle pance delle nostre mamme.

Maria innanzitutto è esempio, testimone modello per la vita religiosa. Frati, suore, monache e tutti i consacrati. Perché è colei che è consacrata da Dio e accoglie liberamente questa vocazione da Dio.

Sceglie di essere “messa a parte”, destinata solo a Dio nella missione che il Signore vuole donarle. Così al contempo è Sposa del Suo stesso Sposo, Cristo, modello per ogni mamma, donna di servizio umile nel silenzio. Ma è quella di Maria una sponsalità ed una obbedienza non passiva e non secondaria: con tutto il brio, l’entusiasmo, la gioia di una ragazza dodicenne (o quattordicenne) inserisce nella missione affidatagli un amore casto e leale verso Giuseppe, e una dedizione unica e incondizionata a questo figlio così amato e così misterioso.

Così come scrive Hans Urs Von Balthasar, in riferimento alla vocazione sacerdotale, esiste un vero e proprio carisma mariano. Applicabile, a mio avviso, anche alle altre vocazioni.

Vediamo adesso in che senso esiste un carisma proprio di Maria,

Poiché “i carismi sono grazie dello Spirito Santo che, direttamente o indirettamente, hanno un’utilità ecclesiale, ordinati come sono all’edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e alle necessità del mondo.” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 799) Maria offre il suo carisma speciale per la Chiesa e per noi. Entra così in relazione e rapporto anche coi sacerdoti.

Con il suo Si all’angelo[1], Maria mostra due elementi portanti del suo carisma: l’assoluta sovranità di Dio sull’uomo e dunque su Maria e al contempo l’attenzione su Maria e sull’uomo. Dio offre un patto nuovo in Maria per farci entrare nella sovranità divina, per renderci tutti re, profeti, sacerdoti.

Maria è così da considerarsi la prima cattolica, intesa secondo la traduzione originaria del termine catholica = totale. Maria è cioè la prima che porta in sé la totalità della fede raccogliendo in sé la fede ebraica (Maria nasce e cresce secondo le promesse abramitiche) e la fede cristiana, che inaugura col suo si.

Interessante vedere allora che Maria da un lato educa Gesù a cogliere la verità della fede e anche del compito che l’Eterno Padre gli ha affidato. D’altro lato però, è Maria stessa che fu educata ad essere madre dallo stesso figlio di Dio.

Forse può sembrare paradossale ma è qui che entra la sua relazione coi sacerdoti.

A dodici anni, Gesù smarrito e ritrovato, rimprovera Maria e Giuseppe che deve occuparsi delle cose del Padre suo. Poi viene la predicazione pubblica, il tradimento e l’ora della croce. Gesù sotto la croce offre sua Madre a Giovanni. Ed è dunque come se Gesù la educasse ad essere non più madre solo del Figlio di Dio, ma madre di tutti coloro che sono Figli nel Figlio; specialmente per coloro che Gesù stesso chiama a ripetere il sacrificio della croce in modo incruento, nella Eucarestia.

Questo è appunto il compito oggi dei sacerdoti.

Nelle pieghe più profonde, ogni sacerdote è mariano perché affidato da Cristo a Maria – che dunque sotto la croce è figura e simbolo della Chiesa nella sua interezza – che ne diviene così ancella e servitrice in ogni momento. Maria aiuta il sacerdote nei sacramenti e in particolare nella Eucarestia (munus sanctificandi), credo che Maria sostenga in ogni momento il sacerdote celebrante. Infatti, Maria è vergine eucaristica, intrinsecamente e per sempre vergine, strutturalmente pensata per essere madre del Verbo e dunque anche Madre dell’Eucarestia. Proprio perché ha generato Cristo Logos, Maria media e prega continuamente perché il sacerdote nella celebrazione eucaristica renda presente Gesù nelle specie eucaristiche. Il sacerdote così – seppur non esattamente come Maria – “genera eucaristicamente”[2] e spezza il corpo di Cristo per il mondo intero.

Maria inoltre intercede presso il sacerdote nella amministrazione pratica delle realtà ecclesiali, il munus gubernandi, esattamente come lei fu sposa e madre nel quotidiano. Infine, la nostra santa madre intercede come mediatrice di tutte le grazie e anche dei sette doni, chiedendoli a Dio per il sacerdote che insegna e predica la dottrina cattolica. Come lei fu educata da Gesù, così si offre in aiuto del sacerdote per educarlo ai divini misteri e alla sua propagazione efficace e feconda.

Una devozione e una presenza femminile tutta da riscoprire dunque da parte dei sacerdoti che sia un risveglio della fede, della speranza e del fervore apostolico.

In conclusione, mi sento di dire, W Maria. Non da bigotto, non da mariolatra.

Da figlio di San Domenico, predicatore e teologo che vuole bene alla Madre della Chiesa. E glielo dice con un linguaggio teologico. Perché le mamme capiscono tutti i linguaggi. Così anche Maria.

Fr Gabriele Giordano M. Scardocci OP


[1] Riflessioni che sintetizzo e amplio a partire da H. U. Von Balthasar, Esistenza Sacerdotale, Queriniana, Brescia,2010, 33 – 46.

[2] Il verbo qui è chiaramente usato in modo analogico: la generazione del verbo e la missione invisibile, come noto, non sono completamente assimilabili.

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