La Messa di Natale nel paese senza strade (e senza auto) #Avvento2025

L’Avvento è tempo che insegna il valore dell’attesa e la qualità di ogni istante. Salire 3.000 gradini scavati nella roccia e più di 600 metri di dislivello possono essere un modo per vivere – fisicamente e spiritualmente – la preparazione all’incontro con il Dio eterno che si fa uomo. Questo avviene il 24 dicembre a Codera, piccolo borgo della Val Codera, valle secondaria della Valchiavenna, in Lombardia. Codera, secondo il censimento del 1933 aveva 500 abitanti sparsi nella sua valle, in quello del 2001 contava 10 residenti, oggi ulteriormente diminuiti. Questo si deve anche al fatto che a Codera ci si arriva solo a piedi o, al massimo in elicottero. Codera ha sofferto, quindi, in maniera intensa, lo spopolamento che, salvo alcune eccezioni, ha falcidiato tutte le valli alpine nel ‘900. A Codera, da più di 60 anni, non vi è più un sacerdote residente. Eppure vi si celebra la S. Messa nella Vigilia di Natale. Perché? Per un affetto che gli scout lombardi mostrano verso questa valle, legata alla storia delle Aquile Randagie.

Gli scout cattolici di Milano e Monza (con alcuni di Parma e Roma) che continuarono le loro attività educative in modo clandestino dopo la soppressione dello scautismo italiano messa in atto dal regime fascista con provvedimenti emanati nel 1927 e nel 1928, guidati da Giulio Cesare Uccellini (noto come Kelly) (1904-1957), presero il nome di Aquile Randagie. Grazie a uno di loro, Gaetano Fracassi, le Aquile iniziarono a frequentare la Val Codera dal settembre 1939, vivendo i campi estivi del 1941 e del 1942. Da allora, la valle rimase legata agli scout, soprattutto per merito di don Andrea Ghetti (detto Baden) (1912-1980), aquila randagia e sacerdote ambrosiano. Il legame fra la Messa di Natale in Codera e gli scout è stato talvolta frainteso, facendo risalire la tradizione al periodo della “giungla silente” ossia le attività clandestine delle Aquile Randagie. Non è così. Emanuele Locatelli, grande conoscitore della storia delle Aquile Randagie, uno dei custodi della Val Codera – i volontari che aiutano gli scout di tutta Italia a vivere consapevolmente routes e campi in valle – ci aiuta a fare chiarezza.

“Il primo Natale “certificato” celebrato da don Andrea Ghetti (Baden) – scrive Emanuele – a Codera risale al 1949, cui seguirà quello dell’anno successivo 1950 e un terzo nel 1956. Forse ne seguirono altri negli anni ’60 e ’70, ma si trattava comunque di un evento sporadico, vissuto come servizio insieme ai suoi rover del Milano 1. Si portava la S. Messa di Natale “là sulla montagna”, ad una piccola comunità di montanari residenti, con i quali si condivideva la gioia della Santa notte, per poi tornare alle proprie case e ai propri cari. Lo spirito è quello ben raccontato dallo stesso Baden nel suo scritto Natale sulla strada”.Dal 1987, per iniziativa di Vittorio Ghetti, aquila randagia e fratello di Baden, e di don Carlo Galli, la “buona azione” del portare la S. Messa di Natale agli abitanti di Codera è ripresa e si è celebrata stabilmente a cura dell’assistente regionale di Lombardia dell’AGESCI.

Ogni anno, così, centinaia di scout lombardi di tutte le età, spesso giovanissimi, affrontano la salita dei 3.000 gradini per vivere la S. Messa in quella valle così importante per la memoria e la storia, nel ricordo delle Aquile Randagie. I residenti di Codera sono, come detto, ormai pochissimi, e il senso originario della “buona azione” rischia di farsi evanescente, ma l’esperienza spirituale rimane comunque intensa. Questo avviene, probabilmente, per tre motivi: lo spazio, il tempo e le relazioni. Lo spazio ci racconta una valle immersa nel buio, rischiarata solo dalle torce degli scout che salgono il sentiero. È un modo per vivere, lontano dalla distrazione del mondo urbanizzato, la relazione col Creato. L’ascesa lungo il dislivello di più di 600 metri, poi, rende più aperti alla relazione col Signore: come scrive Alberto Trevellin nel suo La via della montagna (Edizioni Messaggero Padova, 2018) “La montagna è il luogo del silenzio, della meraviglia, del limite e il luogo privilegiato da Dio per rivelarsi e parlare all’uomo”. Le relazioni sono il terzo elemento: la comunità che celebra, in grande maggioranza affratellata dalla promessa scout (la legge scout recita al n. 4 “sono amici di tutti e fratelli di ogni altra Guida e Scout”), si stringe ancora più salda intorno a Dio Padre, al Cristo che ci ha reso suoi fratelli e sorelle e allo Spirito Santo. La S. Messa di Natale in Codera mette assieme così tanti sconosciuti fra loro che celebrano, però, come una comunità che si conosce da tempo, cantando, ascoltando la Parola e spezzando il Pane.

Così, in una valle immersa nel buio, nella chiesa di San Giovanni Battista di Codera, lontano dalla frenesia delle strade percorse dalle automobili, centinaia di giovani (e meno giovani) celebrano la nascita del Redentore, in un clima spirituale intenso, stringendosi intorno ai pochi abitanti del paesino. Guidati un po’ dalla fede, un po’ dal ricordo delle Aquile Randagie, un po’ dalla gioia di ritrovarsi assieme, vivono la bellezza e la spiritualità della montagna, per poi tornare a casa, alla loro vita quotidiana. Non è facile descrivere cosa significhi la spiritualità della montagna. Ci è riuscito molto bene un giovane alpinista e – tra le tante altre cose – laico domenicano, san Pier Giorgio Frassati e prendo a prestito da lui le parole: “Ogni giorno che passa, mi innamoro sempre più della montagna; il suo fascino mi attira. Io capisco questo desiderio di sole, di salire su, in alto, di andare a trovare Dio in vetta. Oh, come le opere di Dio sono grandi e meravigliose! Vorrei passare intere giornate sui monti a contemplare in quell’aria pura la Grandezza del Creatore.”

Fr. Alberto Casella OP, assistente ecclesiastico AGESCI Lombardia, teologo e docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Fonte immagine: archivio personale dell’autore del contributo


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