Il tempio di Diana.

Gv 21, 20 Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto.

All’inizio della mia formazione sacerdotale, in postulandato, ho incontrato una donna con una grande maternità: la monaca domenicana beata Diana degli Andalò ( 1200 circa – 1236).

La religiosa bolognese fu legata da una amicizia spirituale con Giordano di Sassonia. Sappiamo, dalle lettere che le indirizzava lo stesso beato Giordano, che Diana fu molto addolorata e turbata per la salute del suo confratello e caro amico (lettera 33).  Maternamente Diana aveva donato a Giordano, negli incontri che ebbero, uno sguardo contemplativo: uno sguardo con cui permetteva all’amico teutonico di entrare nel mistero di Gesù che ama sino alla fine l’umanità da redimere. Scrive sempre Giordano in una lettera dell’inverno 1232 – 1233: “ Io desidero per te quella salute che auguro a me stesso, figlia carissima, perché il mio cuore e il tuo sono uno solo nel Signore.”

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Diana degli Andalò fu come S. Giovanni, testimone vero dell’amore di Gesù, oggi per noi esempio di contemplazione che porti ad una predicazione per la salvezza delle anime. La religiosa domenicana seppe farsi tempio di Dio. In questo senso è lei stessa testimone vera di Dio. Proprio come nel brano con cui apriamo questo articolo. Li troviamo citato il discepolo che colui amava era, come noto, lo stesso Giovanni: lui stesso si descrive come il testimone vero.

In effetti, Giovanni fu testimone fedele, e trasmise i miracoli di Gesù e le predicazioni di Gesù nel suo vangelo: penso specialmente alla bellissima preghiera sacerdotale presente al capitolo 17 di Giovanni.

La vocazione giovannea fu quella di contemplare. Cum Iesus templum fare: ho sempre pensato alla contemplazione come un fare tempio con Gesù. Dunque un entrare nell’intimo di Gesù, nel suo segreto trinitario: una relazione di intimità nella carità e nella verità.

Per Giovanni fu possibile essere contemplativo perché aveva poggiato il suo capo sul petto di Gesù (stenos = qui indica il petto, in particolare la zona toracica che protegge il cuore). Da questa esperienza, potè essere intimo con Gesù e produrre il suo vangelo: con questa sua opera ha permesso e permette ancora oggi a tutti noi credenti di contemplare ricevere l’intimo messaggio di Gesù, i suoi sacri misteri. Dunque Giovanni fa poggiare il capo di tutti noi sul cuore di Gesù: in tal modo uniamo il nostro cuore a Lui.

Gesù dolce, Gesù amore

Fr Gabriele Giordano M. Scardocci OP

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