Dal primo Libro di Samuele
16,7 Il Signore rispose a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né all’imponenza della sua statura. Io l’ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore».
Che storia affascinante quella dell’evangelizzazione della Britannia! Una storia che nasce nel cuore della città di Roma, durante una delle passeggiate mattutine di un giovane uomo, che – vi anticipo già – non essere proprio un uomo comune. Forse per le sue nobili origini? Certo, quell’uomo di nome Gregorio apparteneva ad un’insigne stirpe di senatori, un discendente della gens degli Anici; un uomo di carriera, si pensi che già all’età di trentatré anni rivestì l’alta carica politica di Praefectus urbis, Perfetto della città di Roma!
San Gregorio Magno, F. Goya.
O forse la storia ce lo tramanda come Magno per la sua rara intelligenza, per la sua arte oratoria, per la sua finezza letteraria? O piuttosto fu per l’autenticità della sua fede e per il suo straordinario intuito nel captare i progetti divini, come quella mattina al mercato, quando vedendo uno schiavo Anglosassone Gregorio esclamò: «Ohimè, che dolore che il signore delle tenebre possegga uomini dal volto così luminoso, e che tanta grazia di apparenza esterna ospiti un’anima priva della grazia interiore»[1] – gli Angli infatti non erano cristiani – e altrove si legge ancora: «Non Angli, ma angeli di Dio, perché di angeli hanno il volto»[2].
Angeli?!? Gli Angli non erano propriamente una popolazione tranquilla, anzi erano una delle tribù germaniche più efferate. Infatti, alla fine del V secolo essi avevano determinato la fine della dominazione romana in Britannia – fino ad allora provincia di un Impero ormai in decadenza – e gettato lo sgomento tra gli abitanti del luogo, che, vedendoli arrivare e constatando le rozze e violente usanze germaniche, erano fuggiti, abbandonando terre, abitazioni, praticamente la loro vita nelle mani degli odiosi nemici. Questi, allora, ricrearono sull’Isola il loro peculiare modo di vivere, tribale e politeista, cacciando nell’oblio ogni traccia di romanità e cristianità fino ad allora presenti; per anni in quelle terre, fertili e accoglienti, non si udì una sola parola latina, né una preghiera all’Altissimo.
Dunque, cosa aveva visto Gregorio nei volti di quegli uomini tanto diversi e ostili, del tutto disinteressati alle tradizioni culturali e religiose dei popoli vicini? Cosa spinse quel Pontefice ad inviare – con assoluta risolutezza – un gruppo di missionari, affinché fossero in mezzo agli Anglosassoni portatori della Parola salvifica di Dio?
La risposta la possiamo trovare in uno dei testi più belli della letteratura gregoriana, il Commento al Libro di Giobbe, in cui Gregorio Magno definì, coloro che per tutti erano solo barbari, luogo dell’effusione, generosa, della misericordia di Dio[3]. Ai Gentili, infatti, ai quali un tempo fu inaccessibile e incomprensibile la Parola di Dio, era adesso rivolto il Vangelo, con chiarezza, come pioggia benefica nel deserto. Non solo barbari, dunque, ma uomini che si scoprivano figli di Dio. Non è forse questo il dinamismo della rivelazione? Graduale, progressivo, sorprendente, paziente, rispettoso.
«Non Angli, ma angeli di Dio», queste le parole di un profeta, che seppe guardare oltre il muro dell’apparenza, del già detto, dei preconcetti, attivando intorno a sé un nuovo dinamismo, per cui i suoi monaci divennero missionari e gli Anglosassoni incontrarono Cristo. E noi? Come sono i nostri occhi? Siamo disposti a lasciarci affascinare e guidare da un Dio che non guarda ciò che guarda l’uomo, come nel brano di Samuele in apertura? Oserei dire che l’evangelizzazione della Britannia ebbe inizio da uno sguardo, non il solito sguardo che spesso ci caratterizza, individualista, misurato, pauroso, ma ampio, limpido, buono, libero e liberante. L’incontro fra Gregorio e lo schiavo anglosassone è solo l’inizio della storia che racconta l’incontro fra Dio e gli Anglosassoni; una storia che in fondo può essere importante anche per noi che ogni giorno cerchiamo di realizzare il progetto di Dio.
Emanuela Maccotta