Cultura e teologia. Pensieri sparsi con fr. Augustin Laffay, archivista dell’Ordine dei Predicatori. #clubcultura

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Gentile p. Augustin Laffay, benvenuto nel Club Theologicum! Quando ha iniziato l’attività di Archivista della Curia Generalizia di Santa Sabina? Come sta vivendo questo incarico?

Ho ricevuto la carica d’archivista un’anno fa, in gennaio 2020. L’archivista è colui che classifica, conserva e comunica i documenti. È, in un certo senso, il custode della memoria di un gruppo umano: una famiglia, un’associazione, uno Stato… Personalmente, non ho una formazione d’archivista ma sono uno storico. Lo storico è colui che utilizza gli archivi per dare un resoconto coerente e veritiero degli eventi passati. Rispetto a un archivista, è un consumatore di documenti, non un custode di questi documenti. Sono stato chiamato in mancanza di meglio: cerco di conciliare le due funzioni.

Il padre Augustin Laffay e fr Gabrio nel chiostro minervitano, settembre 2020.

Quali sono le mansioni di un’Archivista? E dell’Archivista della Curia Generalizia dei frati predicatori?

Gli archivi conservati a Santa Sabina coprono otto secoli di storia e riguardano quattro continenti con aree culturali molto diverse. L’archivista gode quindi di un punto di vista privilegiato: dall’alto dell’Aventino, vede lo sviluppo del progetto dell’Ordine seminato come un seme da san Domenico. Allo stesso tempo, deve fare “i salti mortali” per passare da una lingua all’altra, da una cultura all’altra. Dobbiamo interessarci a ciò che interessa a chi viene a bussare alle porte degli archivi, passando dallo studio di un manoscritto liturgico del XIII secolo a quello di una missione in Giappone nel XX secolo…

Qual è il ruolo che oggi la letteratura e in particolare i libri dovrebbero avere nella vita di ogni cristiano?

La letteratura non è solo o non è principalmente una distrazione per le serate in tempi di lockdown. Le parole hanno un peso, un’efficacia che si avverte quando qualcuno fa una dichiarazione d’amore o pronuncia parole minacciose. Insultare un uomo può essere molto più doloroso per lui che picchiarlo fisicamente. Se Dio parla agli uomini per mezzo dei suoi profeti e poi per mezzo di un Figlio, come dice la lettera agli Ebrei, è perché gli uomini hanno bisogno di ascoltare – o leggere – parole che li illuminino sulla loro esistenza, parole definitive e decisive per loro. La letteratura partecipa a questo ruolo: il verbo umano fa comprendere qualcosa della Parola divina con cui non è mai estraneo. Conosco cristiani che si sono convertiti leggendo Blaise Pascal o Léon Bloy.

Archivio e fede: riscoprire le fonti per riscoprire la propria adesione alla fede cattolica. Secondo lei, è importante per la teologia oggi riscoprire le sue radici storiche?

Sì, questo è un punto essenziale perché Dio si è manifestato nella storia. I cristiani non accettano un’idea; hanno scoperto Qualcuno, il Dio uno e trino che si è fatto conoscere a noi nella persona del Figlio. Dimenticando questa dimensione storica della nostra fede, il momento in cui Dio in un certo senso ha toccato la terra per toccare i nostri cuori, riduciamo la fede cristiana a un’ideologia tra tante. Allo stesso modo, un domenicano deve capire da quale roccia è stato tratto (Is 51,1). Non si è dato da solo la vita religiosa: l’ha ricevuta da un altro che l’ha ricevuta da un altro e tutto questo ci riporta a san Domenico.

Come frate domenicano, crede che il dialogo con la cultura rientri in uno dei ruoli dell’Ordine dei predicatori? La cultura può essere aiuto per una contemplazione profonda, in seno alla tradizione domenicana del “Contemplari et contemplata aliis tradere”?

Le Sacre Scritture sono entrambe completamente opera dello Spirito Santo e quella degli scrittori sacri. Non hanno inventato le parole: hanno usato il vocabolario del loro tempo, della loro cultura per riflettere ciò che Dio ha ispirato in loro. È un invito a riconoscere che la Rivelazione si è inserita in una o anche più culture determinate. Allo stesso tempo, il cristianesimo ha fertilizzato potentemente culture antiche al punto da produrre frutti nuovi e inaspettati. Gli Ebrei fuggirono dall’Egitto e attraversarono il Mar Rosso trasportando i tesori degli Egiziani, ci dice l’Esodo. E pensa a cosa ha ispirato il vangelo: l’arte delle icone ovviamente, ma anche architettura, letteratura, pittura, scultura, opere cinematografiche. La cultura occidentale è incomprensibile senza vedere le sue radici nel cristianesimo. Gli stati che hanno voluto negarlo hanno creato i peggiori totalitarismi. Dobbiamo comprendere e fare comprendere tutta questa dimensione cristiana della nostra cultura.

Grazie mille!

Fr Gabriele Giordano M. Scardocci Op

5 risposte a "Cultura e teologia. Pensieri sparsi con fr. Augustin Laffay, archivista dell’Ordine dei Predicatori. #clubcultura"

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  1. Questa intervista mi è piaciuta molto, in particolare la risposta alla domanda sul rapporto tra letteratura e fede. Le parole, non sono quelle sacre, hanno sempre un peso e possono portare in alto o distruggere, lo si nota nel rapporto con le persone: ancora di più in quello terapeutico. Anche se, infondo, quale parola ben detta non è di per sé “terapia”?

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