Marie Françoise Thérèse Martin (2 gennaio 1873 – 30 settembre 1897) era la più giovane dei nove figli nati da Louis e Zelia (Guérin) Martin. Due dei suoi fratelli e due delle sue sorelle erano però morti già prima della sua nascita. Louis era un orologiaio e gioielliere di successo, mentre Zelia era un’artigiana. La loro ultima figlia, Teresa, era una neonata malaticcia e dovette essere ospitata da una balia per il primo anno di vita. Essendo una bambina sensibile e affettuosa, profondamente devota alla famiglia, la morte della madre costituì un’esperienza traumatica nella sua giovane vita e la fece sprofondare in uno stato di depressione per diversi anni.
Nella sua autobiografia, Teresa divide la propria vita giovanile in tre periodi distinti: il primo è il periodo felice e libero dell’infanzia, prima della morte della madre; il secondo, gli otto anni dal 1877 al 1886, il suo “inverno di prova”, come lo definisce, un periodo di depressione e stanchezza, nonché di occasionali scrupoli religiosi; il terzo è il periodo tra il 1886 e il 1888, che inizia con quella che lei chiama la sua “conversione” e termina con l’ingresso in convento.
La famiglia si trasferì a Lisieux nel 1881 e Teresa fu iscritta alla scuola dell’abbazia benedettina come studentessa. Era un’allieva sveglia, ma timida e un po’ chiusa in se stessa, e di conseguenza la vita scolastica le risultò sgradevole. Nel 1883, all’età di dieci anni, contrasse una strana malattia durante la quale soffrì un misto di convulsioni, allucinazioni e coma per tre mesi. Alla fine, mentre implorava ardentemente l’aiuto della Vergine, guarì istantaneamente. Fu sempre sua convinzione che questa guarigione repentina fosse stata di natura miracolosa e che la statua di Nostra Signora delle Vittorie, davanti alla quale aveva pregato per ottenere a guarigione, le avesse sorriso.
Nel Natale del 1886, Teresa sperimentò la sua “conversione”, un cambiamento istantaneo che segnò l’inizio di una nuova maturità e di un programma religioso più intenso. L’occasione di questa esperienza fu semplice. Era appena tornata dalla messa di mezzanotte e suo padre fece un’osservazione piuttosto incauta che, normalmente, l’avrebbe profondamente ferita, ma, come scrisse lei stessa: “Thérèse era diversa ora, Gesù aveva cambiato il suo cuore”. Sua sorella Céline dichierò: ”Sono stata testimone di questo cambiamento improvviso e mi sembrava di essere in un sogno”. Questa trasformazione non si limitava solo il suo atteggiamento interiore, ma anche alla sua pratica esteriore, caratterizzata da una crescita ed un approfondimento del suo zelo religioso. In effetti, fin dai primi anni di vita Teresa era stata straordinariamente religiosa, ma l’esperienza del Natale 1886 segnò una nuova tappa nel suo sviluppo spirituale: acquisì un intenso interesse per l’apostolato, concepì il desiderio di soffrire per Dio e cominciò a progettare l’ingresso nel convento carmelitano di Lisieux.
Le sue due sorelle maggiori, Paolina e Maria, erano già entrate nel convento di clausura delle Carmelitane Scalze di Lisieux. C’era stato un tempo in cui Teresa avrebbe voluto diventare una missionaria, ma a questo punto ella concluse che avrebbe potuto contribuire alla conversione di un numero ancora maggiore di anime entrando in un ordine contemplativo. Aveva solo 14 anni quando fece domanda al Carmelo e, sebbene le suore fossero disposte ad accoglierla, il superiore ecclesiastico del convento riteneva che avrebbe dovuto aspettare fino ai 21 anni. Teresa, accompagnata dal padre, si recò dal vescovo Hugonin per chiedere l’ammissione anticipata al Carmelo. Il vescovo prese in considerazione la questione e, in attesa della sua risposta favorevole, Teresa, suo padre e sua sorella Céline intrapresero un pellegrinaggio a Roma. Durante un’udienza generale la ragazza fu presentata a Leone XIII e, nonostante il divieto di parlare, gli chiese di permetterle di entrare nel Carmelo all’età di 15 anni. Il papa la rassicurò che ciò sarebbe avvenuto, se fosse stata quella la volontà di Dio.
Così, il 9 aprile 1888, a 15 anni, Teresa entrò nel convento delle Carmelitane e trascorse i restanti nove anni e mezzo della sua vita nell’edificio di mattoni rossi di Rue de Liverot. Negli anni in cui la giovane visse nel convento carmelitano di Lisieux la sua vita fu tutt’altro che serena, più che altro in ragione dell’atteggiamento della superiora del suo convento, Madre Marie de Gonzague, una donna dal temperamento autoritario, che al fine di garantire la sua posizione di potere assoluto all’interno dello stesso favoriva la formazione di fazioni tra le consorelle. A Teresa, però, non interessava la politica interna del convento, preferendosi concentrare sulla vita contemplativa. Fu intensamente fedele alla regola dell’ordine, svolgendo tranquillamente i compiti che le venivano assegnati, anche se il pieno eroismo della sua vita di fedeltà e vicinanza a Dio non fu compreso dalla maggior parte delle monache del convento fino alla pubblicazione postuma della sua autobiografia.
Nel 1893 Teresa fu nominata maestra delle novizie, carica che mantenne per gli ultimi quattro anni della sua vita. In quel periodo articolò la sua “Piccola Via”, quell’atteggiamento di avvicinamento a Dio che Benedetto XV disse “contenere il segreto della santità per il mondo intero”. Non c’era nulla di essenzialmente nuovo in questa, ma si trattava una riaffermazione fresca e vigorosa di verità cristiane fondamentali. Di questa, papa Pio XI disse che “consiste nel sentire e nell’agire sotto la disciplina della virtù come un bambino sente e agisce per natura”. La “Via” di Teresa, quindi, non è una singola virtù o uno slogan, ma un intero atteggiamento dell’anima, il fondamento di un intenso rapporto con Dio.
Le prime manifestazioni di una malattia tubercolare si manifestarono circa 18 mesi prima della sua morte, ma Teresa continuò ad attenersi alle osservanze monastiche come meglio poteva per più di un anno, fino a quando non fu finalmente ricoverata nell’infermeria del convento. Durante la sua ultima malattia era spesso affaticata, tormentata dal dolore e sprofondata in un’amara tentazione contro la fede. Poco prima di morire disse: “Non credevo fosse possibile soffrire così tanto”. Le sue ultime parole furono: “Dio mio, ti amo”.
Un anno dopo la sua morte, la sua autobiografia fu stampata privatamente e spedita ad altri conventi carmelitani al posto del tradizionale necrologio. La richiesta di ulteriori copie fu immediata e ne fu ordinata quindi una edizione in piena regola. Nei 15 anni successivi lo scritto fu tradotto in tutto il mondo e ne furono stampate più di un milione di copie. All’inizio Teresa non aveva intenzione di scrivere un’autobiografia e fu solo negli ultimi mesi della sua vita, quando capì di avere la missione di insegnare agli altri la sua “Piccola Via”, che chiese ad una consorella di raccogliere e curare i suoi scritti. La prima parte della sua opera fu scritta come regalo per la sorella Paolina, la seconda come breve saggio spirituale per la sorella Marie e la terza per la priora del convento, Madre de Gonzague. Il documento ha una forma epistolare e uno stile barocco. Teresa, scrivendo in piena corrente tardo-romantica, usò l’unico linguaggio che conosceva, ma la sua prosa è caratterizzata da un’onestà e un candore totali.
Quando l’autobiografia di Teresa divenne popolare, le lettere cominciarono a inondare il Carmelo di Lisieux e ci furono innumerevoli segnalazioni di favori, spirituali e materiali, concessi per sua intercessione. La Santa Sede rinunciò al consueto periodo di attesa di 50 anni e permise che il suo processo di canonizzazione fosse avviato in tempi molto più rapidi. Nel 1923 fu proclamata beata e il 17 maggio 1925 santa, a meno di 28 anni dopo la sua morte. Giovanni Paolo II la dichiarò dottore della Chiesa nel 1997.
Adriano Virgili
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