Che poi, san Luca è anche uno importante.
Evangelista. Patrono dei medici. Protettore degli artisti e, secondo la leggenda, autore del primissimo ritratto di Maria vergine!
Insomma, verrebbe da immaginare che attorno alla sua figura siano sorte mille usanze edificanti e piene di devozione, no?
Ecco, no: credo anzi che il povero san Luca si rivolti dentro al reliquiario tutte le volte che pensa allo sconsolante modo in cui gli Inglesi erano soliti festeggiarlo fino a qualche tempo fa.
Sto per parlarvi, signore e signori, della grande sagra che si teneva ogni anno nella cittadina di Charlton, e che era nota come Charlton Horn Fair. Dico che “era”, parlando al passato, perché la sagra fu soppressa nel 1872 a causa dei pericoli per la morale pubblica che si riteneva costituisse la sua stessa esistenza. E già questo, mi sa, la dice lunga.
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Non sappiamo esattamente quali siano le origini della famigerata Charlton Horn Fair. Vale a dire: non sappiamo quando sia nata; sappiamo solamente che, da un certo momento in poi, era diventata una sagra abbastanza grande da far parlare di sé in tutto il circondario. La prima menzione di una festa che si tiene a Charlton in onore di san Luca risale al 1598; nel 1659, l’evento si era già guadagnato il soprannome di “fiera delle corna” che lo avrebbe caratterizzato da quel momento in poi.
E qui, uno potrebbe dire: in che senso, fiera delle corna?
Che mi significa, “corna”?
Significa giustappunto “corna”, quelle del toro per capirci: a quanto pare, era tradizione che tutte le persone che si recavano alla fiera indossassero sul capo delle corna decorative. Tipo quelle che oggi associamo (a torto) ai copricapi indossati dai vichinghi, per capirci.
Corna vere, corna finte, corna fatte di legno, ghirlande cornute da metter sul capo delle donne e cappellini con cornetti di ordinanza con cui decorare le testoline dei bimbetti. Era una grande mascherata collettiva, un Carnevale fuori stagione che doveva riuscire assai gradito a una popolazione contadina che s’era ormai lasciata alle spalle la stagione della raccolta e iniziava a rallentare i ritmi all’approssimarsi dell’inverno.
Qualcuno ha ipotizzato, non irragionevolmente, che la Charlton Horn Fair potesse essere nata come una fiera dedicata alla vendita del bestiame e che da lì possa essersi sviluppata originariamente la sua bizzarra associazione con le corna. È possibile, ma (ahinoi) è molto probabile che la sagra sia nata, più banalmente, in occasione della festa patronale del villaggio. La chiesa principale della città di Charlton è, infatti, dedicata a san Luca; e san Luca – si sa – nell’iconografia si accompagna sempre al suo fidato bue. Talvolta, le spiegazioni più banali sono anche le più vere: è insomma probabile che la curiosa associazione tra la sagra che si teneva nel giorno di san Luca e le corna indossate dai partecipanti sia nata proprio così, come omaggio all’animale che simboleggia l’evangelista.
E fin qui, stiamo parlando di una tradizione curiosa senza dubbio, buffa certamente… ma di per sé, niente affatto scandalosa. Da dove deriva – mi direte voi – il sentimento di esecrazione popolare che spinse le autorità a sopprimere la festa nel 1872?
Vi giuro non sto scherzando: deriva dall’associazione mentale che rapidamente si venne a creare tra gli uomini che andavano in giro rivestiti di corna e il loro essere cornuti in senso metaforico, cioè cornificati dalla loro donna che era andata a letto con un altro.
La sagra paesana si trasformò insomma in una festa licenziosa dal sapore carnascialesco in cui i costumi si facevano spinti, i balli popolari diventavano l’occasione per allungar le mani, il clima di festa offriva la sponda per spettacolini sconci o di dubbio gusto. Insomma: era nata probabilmente come allegra festa patronale; si trasformò nei secoli in qualcosa di piuttosto zozzo.
A giustificare il clima licenzioso, qualcuno inventò persino una leggenda popolare che utilizzava la storia di un marito cornificato a mo’ di mito fondativo per la città di Charlton (!). Narrava la leggenda che un bel dì re Giovanni di Inghilterra fosse stato sorpreso da un acquazzone mentre si trovava a caccia in quella zona. Cercò dunque un rifugio in cui asciugarsi le ossa e pensò che sarebbe stata una buona idea bussare alla porta di un mulino che vedeva in lontananza.
La sorpresa fu trovare, all’interno del mulino, una giovanissima e bellissima mugnaia tutta sola.
E quando fuori piove e tira vento, e tu sei il re d’Inghilterra e ti trovi solo faccia a faccia con una donna che ti piace… cosa fai?
Oppure, vediamola dall’altro punto di vista: quando sei una popolana e ti entra in casa il re d’Inghilterra che inizia a farti delle avances… cosa fai?
Ecco: quello, fai.
Leggenda narra che il proprietario del mulino fu piuttosto sorpreso, all’ora del rincasare, nel trovare sua moglie che svolgeva col re d’Inghilterra attività alquanto contrarie al concetto di fedeltà coniugale.
“Piuttosto sorpreso” è un understatement tutto britannico, ché il contrariato mugnaio afferrò un coltellaccio da cucina e tentò di ammazzare quello sgradito ospite dal sangue blu.
Il re d’Inghilterra ebbe salva la vita solamente grazie alla sua prontezza di riflessi… e grazie al suo conto in banca, per così dire. Ché, per risarcire il mugnaio da quel “furto” che si era appena consumato a suo danno, il re decise di infeudarlo delle terre in cui viveva, rendendolo de facto signore di Charlton e di tutto il suo contado. Insomma, sarebbe stato un tradimento coniugale a far nascere e prosperare la cittadina, secondo una leggenda fondativa che fortunatamente non ha nulla di vero e di cui comunque non mi sarei vantata più di tanto se fossi stata un abitante del luogo… ma tant’è.
Questa è la storia; e questo è anche il modo in cui la festa di san Luca fu festeggiata per anni e anni nella terra d’Albione. Ché i festeggiamenti licenziosi che si tenevano a Charlton passarono alla storia e suscitarono l’indignazione pubblica proprio per le dimensioni della festa e per la grande quantità di persone che vi accorreva; ma in tono minore, era una tradizione diffusa quella di far battute salaci e irridere i cornuti in occasione della festa del povero evangelista, profittando presumibilmente di quell’associazione mentale già descritta tra il bue che lo accompagna e le corna che spuntano sul capo di chi ha una moglie fedifraga.
Si tratta di tradizione tutta inglese, che non mi risulta esser mai stata diffusa dall’altro lato della Manica, ma ciò non vuol dire che gli Inglesi fossero più matti della media. Nell’Europa continentale, festeggiamenti popolari dello stesso tenore si tenevano semplicemente qualche settimana più avanti, l’11 Novembre, in occasione della festa di san Martino. In questo caso, non v’era alcun legame (neanche metaforico) tra il santo del giorno e i mariti cornificati: eppure quella giornata di festa popolare, in cui tradizionalmente veniva tirato il vino nuovo e si macellavano gli animali che non si intendeva conservare per l’inverno, diventava l’occasione per grandi abbuffate annaffiate nel vino. E quando il tasso alcolemico s’alzava… anche in quel caso cominciavano a circolare le barzellette spinte, i motteggi a danno dei compaesani cornuti (o presunti tali) e gli spettacolini con un umorismo di bassa lega per far ridere la gente sui temi più triviali.
Lo si è detto spesso: nei secoli passati, questi momenti di Carnevale collettivo avevano probabilmente lo scopo di dare momentaneamente una valvola di sfogo, ben limitata nel tempo e nello spazio, a una popolazione che, per il resto dell’anno, viveva irregimentata in regole comportamentali tra le più severe. E davvero si ha l’impressione che avessero questa funzione le licenziose feste popolari che si tenevano in date diverse da zona a zona dal Nord al Sud dell’Europa, ma sempre all’inizio dell’autunno. E cioè, quando era ormai finita la stagione della raccolta, quando i campi erano già stati preparati per l’inverno e quando era possibile riposare finalmente un po’. Insomma: quando la brava gente smetteva di lavorare… per andare in ferie.
Era una giornata di follia collettiva; ma era una giornata sola, ed è questa la chiave di tutto.
Lo si sapeva, e proprio per questo lo si tollerava: era socialmente accettato che i ragazzacci si sfogassero in quel giorno, proprio perché nessuno metteva in dubbio che sarebbero tornati i bravi ragazzi di sempre l’indomani.
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Articolo pubblicato originariamente sul blog Una Penna Spuntata
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