Sauron e il Salmo 139 (138) #sauron #azione

«Signore, tu mi scruti e mi conosci,

 tu sai quando seggo e quando mi alzo.

 la mia parola non è ancora sulla lingua

e tu, Signore, già la conosci tutta».

(Sal 138, 1-2 .4)

«Dio ti vede sempre»: forse, così, potremmo sintetizzare l’intero salmo 138. Una frase semplice, ma di duplice lettura.

La prima è una lettura moralistica, da “via le mani di lì” o “in cabina elettorale, Dio ti vede e Stalin no!”. Una lettura che, come sottotesto, è un’allerta, un avviso ai naviganti: “Occhio, a Dio non sfugge nulla!”. Per gli appassionati dei romanzi di Tolkien, forse, l’immagine che potrebbe sintetizzare questa lettura è un Dio con un occhio come quello di Sauron, capace di leggere nella mente del portatore dell’anello e di attirare verso di sé con forza incontrastabile ciò che gli appartiene. Qual è il rischio di questa lettura, sicuramente sbilanciata? Vivere, perennemente, sul chi va là, ma, soprattutto, con una fuorviante idea di Dio, come qualcuno che, come i farisei – almeno quelli tramandati del Vangelo –, non vede l’ora che tu metta un piede in fallo per ridere di te.

Ma è davvero questo che vuole comunicarci il Salmo? Sembrerebbe proprio di no, soprattutto se continuiamo nella lettura:

«Non ti erano nascoste le mie ossa

quando venivo formato nel segreto,

intessuto nelle profondità della terra.

Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi

e tutto era scritto nel tuo libro;

i miei giorni erano fissati,

quando ancora non ne esisteva uno» (Sal 138, 15-16)

Forse, i primi versetti potevano trarre in inganno, far pensare ad un Dio umano, troppo umano (direbbe, forse, Nietzsche). Il proseguimento, però, ci dipinge ben altro, cioè la seconda lettura possibile. Il Dio che porta alla guancia come nel profeta Osea (11, 4), che scrive il tuo nome sul palmo della sua mano, come nel profeta Isaia (49, 16) o conta i tuoi capelli uno per uno (Lc 12, 7). Tutte immagini che tratteggiano qualcuno che tiene a te, che valorizza ogni tuo singolo gesto: che lo vede, anche quando non lo vede nessun altro, accende i riflettori e dice “Questi è mio figlio!”.

No, non fraintendiamo: ovviamente, non significa che Dio chiuda gli occhi di fronte ai nostri peccati, oppure che non ci inviti alla conversione, quando ci rifugiamo nella nostra comfort zone e pensiamo che la conversione sia una di quelle parole che riguardano sempre gli altri. È bene precisare che è sbilanciato anche fare di Dio un tritacarne di buoni sentimenti, indulgendo sui nostri difetti ed amplificando quelli altrui (è sempre più facile trovare alibi a sé che agli altri!)
Una lettura attenta del salmo, tuttavia, ci apre alla scoperta del volto di Dio. E siamo ben lungi da un Dio da “buco della serratura”, che approfitta della sua onnipresenza ed onniscienza per incutere terrore sconfinato nei suoi fedeli. La sua onniscienza è via per una conoscenza, intima, profonda (come dice s. Agostino: più intimo a me di stesso), ma non uno stratagemma per trarre in inganno l’umanità che, smarrita, pur inconsapevole, cerca il Suo volto. La Sua è, piuttosto, la paterna attenzione di chi scruta ogni cosa, con amorevole benevolenza, pronto ad intervenire (ma solo in caso di bisogno); disposto, in tutti gli altri casi, a guardarci con orgoglio, facendo il tifo per noi, ad ogni nostro piccolo (o grande) successo!
È il padre che ha compreso quale sia la giusta distanza: abbastanza vicino, per poter intervenire; abbastanza lontano, perché il figlio possa dire, con verità e stima di sé: “Guarda: tutto da solo!”.

Dio vede tutto di me, il suo sguardo va in profondità, estensione e lunghezza. Nulla di ciò che era, è e sarà gli è ignoto, perché, abitando l’eternità, vive al di là del tempo e della storia per come la conosciamo. Ma il suo sguardo possiede la verità di chi ama. E, in quest’amore, illumina la totalità della mia esistenza: non solo gli “scheletri nell’armadio”, dunque, ma anche tutto il desiderio di bene che oltrepassa la mia capacità di compierlo e che, per realizzarsi, chiede di affidarsi alla Sua grazia!

Maddalena Negri

Fonte immagine: ROTK

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