John P. Meier e il suo “ebreo marginale” #johnmeier #cronachedelcristianesimo

Lo scorso 18 ottobre ci ha lasciati John P. Meier, nato a New York 8 agosto 1942, era malato da tempo. Presbitero cattolico e per molti anni docente di Nuovo Testamento all’università di Notre Dame, negli Stati Uniti, è stato uno dei più importanti protagonisti di quella che viene normalmente detta Terza Ricerca del Gesù storico. Ben difficilmente si potrebbe sopravvalutare il ruolo dell’opera di Meier in questo ambito di studi, sia per il valore intrinseco del suo specifico apporto sia per aver contribuito a sdoganare una volta per tutte il Gesù storico in ambiente cattolico. Noto ai più, ad esempio, è come lo stesso Joseph Ratzinger (che pure si dichiara piuttosto scettico in merito alla ricerca del Gesù storico nel suo complesso), nel suo Gesù di Nazaret, attinga a più riprese al lavoro di Meier per condividerne le posizioni.

L’opera che ha consegnato per sempre alla storia della ricerca del Gesù storico John Meier è il suo monumentale Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico, che con i suoi ben cinque volumi editi tra il 1991 e il 2016 e un altro (se non altri due) rimasto incompiuto, rappresenta davvero una pietra miliare di questa disciplina. Nelle pagine di questa voluminosa opera, lo studioso americano si è dato come compito quello di fornire una visione consensuale di Gesù, accettando come autentico solo il materiale su cui i membri di un ipotetico “conclave” laico di studiosi (un cattolico, un protestante, un ebreo e un agnostico) sarebbero d’accordo.

Al fine di valutare l’attendibilità delle notizie relative a Gesù che troviamo nelle fonti, Meier è ricorso ad una serie di cinque criteri:

1) Il criterio dell’imbarazzo, il quale presuppone la verità storica di quei particolari della vita di Gesù la cui narrazione costituiva un motivo di imbarazzo per la prima comunità cristiana e che, pertanto, non possono essere il frutto della fantasia dei membri di quest’ultima.

2) Il criterio della discontinuità, che ci permette di valutare come storicamente credibili tutte le azioni e le parole di Gesù che non possono essere ricondotte allo specifico contesto storico-culturale in cui questi visse.

3) Il criterio della molteplice attestazione, secondo cui sono più probabilmente vere quelle notizie su Gesù che ricaviamo da più fonti indipendenti l’una dall’altra.

4) Il criterio della coerenza, in forza del quale sono veri quei particolari della vita di Gesù che risultino non contraddittori rispetto ad altri particolari già valutati come attendibili in base agli altri criteri.

5) Il criterio del rifiuto e dell’esecuzione, secondo cui, data per assodata la fine drammatica del ministero pubblico di Gesù, sono vere tutte le azioni e le parole del medesimo che possono aver giustificato un tale epilogo della sua vicenda terrena.

La ricerca di Meier è diventata in pochi anni un punto di riferimento imprescindibile per tutti coloro che si occupano dello studio del Gesù storico ed è valutata in genere in modo positivo anche dagli studiosi che non concordano in tutto o in parte con i risultati a cui è giunta. Il suo autore si concentra anche sui più piccoli dettagli, discutendone ogni risvolto in modo minuzioso ed esaustivo, e fornendoci (tra le altre cose) quella che è probabilmente l’analisi più approfondita della cronologia della vita di Gesù. Il Gesù di Meier ha molto in comune con il Gesù di altri tipici esponenti della Terza Ricerca. Tra costoro è però uno di quelli che mette maggiormente in evidenza il rapporto in qualche modo di dipendenza del ministero di Gesù rispetto a quello di Giovanni Battista (definito come il suo “mentore”). Come Giovanni il Battista, Gesù avrebbe annunciato la prossimità del giorno della resa dei conti finale, ma al contempo avrebbe proclamato la misericordia di Dio, pronto ad accogliere tutti i peccatori penitenti. Il Nazareno avrebbe proclamato la restaurazione di Israele, agendo come un profeta apocalittico piuttosto che come un rivoluzionario sociale. A differenza di quello di Sanders e di Dunn, tuttavia, il Gesù di Meier si sarebbe arrogato il diritto di abolire e cambiare parti della Legge con la sua autorità, un’attività che lo avrebbe portato ad entrare in polemica esplicita con i farisei e i capi religiosi del suo tempo. Sarebbero state la sua entrata messianica a Gerusalemme e l’azione violenta di cui fu protagonista al Tempio che avrebbero portato alla sua morte. Meier descrive Gesù come un “ebreo marginale”, nel senso che il seguire il suo incarico profetico piuttosto che il suo mestiere di carpentiere e l’abbracciare uno stile di vita e di predicazione itinerante lo ponevano, per così dire, ai margini della società ebraica coeva.

Alcuni studiosi hanno criticato l’opera di Meier, accusando il suo autore di averci restituito un ritratto di Gesù troppo “conservatore” e troppo influenzato da pregiudizi teologici. Recentemente Bermejo-Rubio si è persino domandato se tutta l’operazione di Meier, così strettamente legata a l’utilizzo dei criteri di storicità, abbia metodologicamente senso. Ciononostante, la gran parte degli specialisti, come ho già accennato, apprezzano il lavoro del biblista americano, che è diventato un punto di riferimento imprescindibile per tutti i cultori e gli appassionati della ricerca del Gesù storico.

La scomparsa di Meier crea certamente un vuoto enorme nel panorama degli studi sulla figura storica di Gesù e ci lascia con l’amaro in bocca generato dalla consapevolezza che non potremo mai vedere la conclusione del suo immenso e inestimabile lavoro.

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