È sorprendente notare quanti siano i “cattivoni” citati nella Passione che, alla fin fine, in un modo o nell’altro, prima o poi si salvano.
Tanto per dirne una: il Buon Ladrone, che la tradizione popolare venera col nome di San Disma e che ha addirittura attributi iconografici sostanzialmente identici a quelli del Cristo in croce? Per carità dei cieli, s’è pentito dei suoi peccati e ha invocato il perdono divino, ci mancherebbe – resta il fatto che tanto tanto integerrimo non dev’esser stato, in vita, se ha finito i suoi giorni appeso al legno della croce. Però, si salva.
“Longino”, il centurione che ha visto e creduto? Salvato.
Magari era tra quelli che fino a cinque minuti prima aveva irriso e preso a sputi in faccia il corpo santissimo di Nostro Signore: però, si salva.
È una lezione significativa e potente, quella che ci arriva dai Vangeli, e, soprattutto, dalle tradizioni agiografiche sorte a posteriori. Perché sono soprattutto loro – le tradizioni di matrice popolare nate e cresciute nel corso dei secoli – a soffermarsi su questi personaggi “ombrosi”, indagando le complesse e dolorose (e salvifiche) vicende che li hanno portati ad essere ciò che sono stati.
La cosa mi ha sempre sorpreso. Anche perché le tradizioni non si fermano qui. Lungi dal volersi limitare al fantasticare sopra a quei personaggi della cui salvezza ci parla anche il Vangelo, le devozioni popolari travalicano il limite. Strafanno. Vanno oltre. E si spingono addirittura a immaginare (…sperare?) la salvezza per i “cattivoni” per eccellenza. E cioè, per i tre individui che hanno concretamente, fattivamente, causato la morte di Cristo.
Stupiti?
Sì, me ne sono stupita anch’io, scorrendo le pagine del bellissimo Villains of the Early Church, di Mike Aquilina. Eppure, l’autore sa usare bene le sue fonti per dimostrarci, che, sì: alla faccia della misericordia divina, intere generazioni di fedeli hanno lottato e pregato per salvare anche gli “insalvabili”.
Prendiamo, ad esempio, il sommo sacerdote Caifa.
Di lui, la tradizione popolare dice il peggio del peggio. Leggende su leggende lo dipingono come un falso, un arrivista, un manipolatore, un prevenuto: ci viene detto che Caifa pedinava Gesù e i discepoli peggio che uno stalker, covando nel cuore il proposito di uccidere il Nazareno fin dagli inizi della sua predicazione.
Però.
Però, c’è anche una leggenda siriana, che appare per la prima volta in un manoscritto del 1222, secondo la quale Caifa si pente, si converte e crede, e, dopo congruo periodo di penitenza, entra a far parte della Chiesa. Finirà i suoi giorni come sacerdote… cristiano, morendo in terra di missione per evangelizzare i popoli.
Riguardo a Ponzio Pilato, la tradizione c’è andata giù ancor più pesante.
La maggior parte delle leggende che lo riguardano lo vedono condannato alla dannazione esterna, reo di aver intravvisto il bene e di non aver fatto nulla per concretizzarlo.
Però.
Però – tenetevi forte – secondo una tradizione cresciuta in seno alla Chiesa copta e alla Chiesa ortodossa etiope, Pilato sarebbe addirittura un santo (!), tant’è vero che ha la sua bella festa liturgica fissata il 25 giugno (o il 27 ottobre), in cui viene onorato assieme alla moglie (!).
In un apocrifo noto come Paradosis Pilati, il prefetto di Giudea ci viene presentato addirittura come una specie di martire cristiano. Portato al cospetto dell’Imperatore di Roma per il suo aver preso parte alla condanna di Cristo (un Cristo la cui divinità e ormai accettata, se non altro a causa di quel piccolo dettaglio per cui lo si vede andare a spasso per il mondo decisamente vivo) – ecco: al cospetto dell’Imperatore di Roma, Pilato mostra il suo pentimento e invoca il perdono imperiale e celeste.
Quello imperiale non arriva, e infatti Pilato viene decapitato; quello celeste, invece, giunge prontamente, tant’è che in punto di morte Pilato ode la voce di Cristo rassicurarlo sul fatto che, da lì in poi, tutte le generazioni lo avrebbero chiamato beato (…ehm), e che, al momento della fine dei tempi, Pilato sarebbe stato al fianco di Cristo per aiutarlo a giudicare le dodici tribù d’Israele.
Alla tradizione copta è piaciuto immaginare che persino Giuda Iscariota abbia avuto un’ultima chance per pentirsi. Secondo una leggenda di area etiope, Giuda impiega ben poco tempo a rendersi conto del male che ha fatto: in lacrime, raggiunge Gesù ormai crocifisso e gli domanda perdono. Gesù lo perdona e gli ordina di trascorrere un periodo di penitenza nel deserto – cosa che Giuda, in effetti, fa.
Ma ecco, nel deserto, sopraggiungere Satana ed ecco Satana terrorizzare Giuda con strepiti e minacce, ordinando all’Iscariota di prostrarsi ai suoi piedi se vuole avere salva la vita. Confuso e nel panico, Giuda acconsente. E poi, per la seconda volta, si rende conto della gravità del suo peccato.
Torna sul Golgota, ma a questo punto Gesù è già morto, sicché Giuda giunge alla conclusione che, stando così le cose, il modo più rapido e diretto per trovare Gesù e implorarne il perdono è, probabilmente… ammazzarsi e andarlo a cercare nell’Aldilà.
E così fa – ma questa volta, non gli va bene. Gesù, scuotendo il capo, gli dice con amarezza che ormai è troppo tardi: tutto avrebbe potuto essergli perdonato, ma non il fatto di aver venerato Satana e, peggio ancora, di essersi poi ucciso.
Ci era andato vicino, Giuda: ci era andato vicinissimo.
E poi è caduto a pochi metri dal traguardo – ma a noi piace immaginare che anche lui avrebbe potuto farcela.
***
Non so se anche voi avete la mia stessa sensibilità, ma io trovo abbastanza sorprendente il fiorire e il diffondersi di queste leggende. Santa miseria: stiamo parlando di individui che hanno attivamente agito e complottato per condannare a morte Nostro Signore: c’era davvero bisogno di santificarli (letteralmente!), giusto per far passare il concetto che la misericordia di Dio è senza fine?
Eh, sì. Probabilmente sì – o almeno, così suggerisce il sentimento popolare.
In fin dei conti, a noi piace pensare che anche loro – persino loro – abbiano realmente potuto salvarsi. Che abbiano compreso le loro colpe, che si siano pentiti: che abbiano improvvisamente aperto gli occhi e colto la Verità attorno agli strani eventi di cui erano stati attori e testimoni.
In fin dei conti, a noi piace pensare che queste leggende abbiano almeno un fondo di verità, e che forse, un giorno, anche noi potremo abbracciare Pilato e Caifa in Paradiso. Come a dire: se l’hanno fatta loro, possiamo legittimamente sperare di farcela anche noi.
Lucia Graziano
Articolo originale tratto da https://unapennaspuntata.com/
Bell’articolo, Lucia! 🙂
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