Offre sorprese non scontate la lettura di Guardare la Sindone. Cinquecento anni di liturgia sindonica pubblicato nel 2007 per i tipi di Effatà. Il volume contiene gli atti di un simposio tenutosi a Torino nel maggio del 2006, in occasione della ricorrenza del cinquecentesimo anniversario della concessione della liturgia della Sindone, da parte di papa Giulio II.
Tra i tanti contributi presenti nel saggio, uno in particolare ha scatenato la mia curiosità. Lo firma Volker Dudeck, autore di una ricerca sui I teloni quaresimali di Zittau come esempio di una forma speciale della devozione quaresimale nei paesi germanofoni. Di per sé, i teloni quaresimali non hanno alcun legame con la devozione sindonica, come vedremo; eppure, analizzare la loro storia permette a tutti noi di scoprire usi liturgici molto antichi e probabilmente sconosciuti ai più.
Tanto per cominciare: cosa diamine è un telone quaresimale? Volker Dudeck ci spiega che
le notizie più antiche sulla loro usanza risalgono all’inizio del XI secolo. L’abate Aelfric di Winchester riferisce che durante la quaresima si dovevano velare le reliquie e le croci
…e fin lì, sono scene che molti di noi avranno negli occhi: con qualche lieve modifica (tipo, la data di inizio) si sono conservate in molte zone
e che tra il presbiterio e la navata doveva essere steso un telone.
Ma come, un telone?
Eh, un telone. Un letterale telone che impedisse di vedere l’altar maggiore a chi stava seduto sui banchi:
i teloni quaresimali impedivano così alla comunità di assistere ai riti celebrati sull’altare. Al digiuno del ventre si aggiungeva il digiuno della vista
tant’è vero che in Germania – un’area nella quale questa usanza godette di particolare diffusione – i teloni quaresimali sono ricordati ancor oggi con il nome di Fastentücher o Hungertücher, letteralmente “teloni da digiuno” o “della fame”. Se qualcuno di voi parla la lingua di Goethe, mi potrà forse confermare che, quando i Tedeschi stanno a stecchetto per una dieta, ancor oggi sospirano d’essersi ridotti am Hungertuch nagen – letteralmente, costretti a rosicchiare il telone quaresimale.
Sì: c’era un legame strettissimo tra il digiuno della carne e il digiuno dello spirito, nella logica dei teloni quaresimali.
Così come il fedele rinunciava al cibo, così gli veniva chiesto di rinunciare alla visione di quanto accadeva sull’altare.

Tipo, così.
Il sito Brauchtum von A-Z mi informa che l’usanza, particolarmente diffusa nei paesi della zona alpina, nacque e si sviluppò probabilmente in ambiente monastico, godendo di eguale successo nelle comunità maschili e femminili. Presumibilmente, aveva lo scopo di “sottolineare l’indegnità dei credenti a guardare Gesù Cristo nella sofferenza della Passione”, al tempo stesso ammantando di particolare pathos la celebrazione liturgica della Pasqua. Come sottolinea il sito Vivat!, “la rimozione del telone nella notte di Pasqua sottolineava ai fedeli che davvero Gesù era tornato, nella sua divinità, e aveva spalancato le porte del cielo”.
Alcuni usi liturgici suggeriscono che, all’epoca, fosse inoltre stato tracciato un legame tra i teloni quaresimali e il velo del tempio di Gerusalemme che si spezzò nel momento della morte di Cristo. Sappiamo infatti che, in alcune zone, il telone non era rimosso poco prima della liturgia pasquale ma bensì il Venerdì Santo, durante la lettura della Passione. In quel caso, il telone veniva fatto cadere di botto nel bel mezzo della celebrazione, proprio mentre il lettore arrivava al passo “incriminato”. Il fragore (volutamente ricercato e amplificato), la confusione conseguente, la stoffa che si accatastava per terra: tutto aveva lo scopo di indurre nel fedele quel senso di smarrimento che – immaginiamo – dovettero provare i discepoli che se ne stavano ai piedi della croce, nel momento in cui il sole si eclissò e la terra cominciò a tremare.
Dal lato artistico – ci spiega Volker Dudeck –
l’antico dissidio, ben noto alla storia della religiosità, tra fautori e avversatori delle immagini sacre non risparmiò […] nemmeno i teloni quaresimali: lasciati originariamente del colore della tela grezza, o tinti al massimo di nero o di viola, presto si cominciò a ricamarli e a dipingerli. […] In questo modo nacquero gigantesche Bibbie tessili, illustranti per sommi capi la storia del rapporto tra Dio e gli uomini dalla creazione del mondo al giudizio universale.
Ma si sono conservati anche dei teloni – i cosiddetti teloni delle arma Christi – che
rinunciano risolutamente a ricorrere a queste immagini, mostrando al loro posto soltanto gli instrumenta passionis, detti appunto anche arma Christi.
Per la cronaca, a Zittau – la cittadina che è oggetto dello studio di Dudeck – sono conservati due distinti teloni quaresimali. Uno, detto telone maggiore con le sue dimensioni di 8,20 x 6,80 metri, ripercorre a vignette l’intera storia della Salvezza.

Telone maggiore di Zittau, 1472, artista ignoto
L’altro, detto telone minore a causa delle sue ridotte dimensioni (è largo “solamente” 4,30 x 3,50 metri) raffigura unicamente la scena della Passione, con annessa illustrazione delle arma Christi.

Telone minore di Zittau, 1573, opera di Lambert Lombard
Gradualmente caduta in disuso col passar dei secoli, l’antica usanza è stata riscoperta di recente, in virtù del suo forte potere evocativo, e riadattata ai bisogni della società moderna. Quello che si ammira in copertina è, ad esempio, un telone quaresimale dipinto all’inizio degli anni ’90 dello scorso secolo dall’artista bavarese Karl Manninger e fa bella mostra di sé, nelle ultime settimane di Quaresima, all’interno della Peterskirche di Monaco. Per maggiori informazioni, si rimanda a questo approfondimento, da cui anche l’immagine di copertina è tratta.
Lucia Graziano
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