Cattolici indignati per le decorazioni di Natale che arrivano prima ancora che inizi l’Avvento, ne abbiamo?
Probabilmente sì (e, del resto, il consumismo è una brutta bestia, da combattere); ma, sorprendentemente, è molto antica (e addirittura legata a consuetudini liturgiche) una bella tradizione che affonda le sue radici nell’Inghilterra vittoriana: quella cioè di iniziare la lavorazione del Christmas Pudding nell’ultima domenica del tempo ordinario, prima che inizi l’Avvento. Ovverosia, quella che ancor oggi viene chiamata in Gran Bretagna la Stir Up Sunday.
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La tradizione di cucinare il Christmas pudding da prima ancora che inizi l’Avvento nasce in Inghilterra (e dove, se no?!) attorno alla metà dell’Ottocento; in quel periodo, era il cibo festivo per eccellenza!
Come vi balzerà all’occhio se darete una occhiata alla ricetta, il Christmas pudding è un dolce complesso, composto da una miriade di ingredienti; per la precisione, è uno di quei dolci che dà il massimo di sé se viene lasciato a “stagionare” per qualche tempo, così che tutti i sapori possano amalgamarsi ed essere imbibiti fino a fondo dal liquore. Nacque così, in Inghilterra, l’abitudine di preparare il Christmas pudding prima ancora che iniziasse dicembre – e, per convenzione, molte famiglie cominciarono a cucinarlo nel pomeriggio dell’ultima domenica prima dell’Avvento. Quella, insomma, che oggi è indicata sul calendario liturgico dei cattolici come la domenica “di Cristo Re”, e che invece gli anglicani chiamano “Stir-up Sunday”.
Il nomignolo deriva dal testo della colletta che viene recitata, nelle chiese anglicane, all’inizio della Messa di quella domenica (e che, a titolo di curiosità, era in uso anche tra i cattolici fino alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II). “Stir up, I beseech thee of Lords, the will of faithul people”, recita la preghiera: “Signore, ti preghiamo, accresci la volontà dei tuoi fedeli”. Una pia richiesta che nulla ha a che fare con i pudding, mi direte – sennonché, in Inglese, il verbo stir up (aumenta, accresci) è un composto di stir, ciò il verbo che viene utilizzato nei libri di ricette per indicare l’azione di mescolare un composto.
Si mormora, tra le pagine dei libri di Storia, che questo involontario gioco di parole finisse con l’ispirare alle pie donne pensieri che ben poco avevano a che fare con la devozione e molto più avevano attinenza coi lavori domestici. A forza di sentirsi ripetere “stir up!”, le massaie d’Albione avrebbero cominciato a considerare la liturgia di quella domenica come una specie di pro-memoria casalingo: “stir up!”, si esclamava in chiesa; e le donnine, per non essere da meno, s’affrettavano quel pomeriggio stesso a fare altrettanto coi loro pudding.
Gradualmente, nel corso dell’Ottocento, sarebbe nata così la dolce consuetudine di radunare tutta la famiglia attorno a un tavolo, nel pomeriggio della Stir-Up Sunday. Si passava la giornata tutti assieme; tutti assieme si lavorava per amalgamare il pudding: era insomma un momento di ritrovo familiare pre-natalizio, in attesa delle celebrazioni che sarebbero arrivate presto.
Tutto molto bello, familiare e zuccheroso. Talmente bello, familiare e zuccheroso da essere probabilmente inventato, come fa notare Anne Gray nel suo saggio di recente uscita: At Christmas we feast. Festive Food Trough the Ages.
Soprattutto per quanto concerne il ceto medio-basso, “l’idea di una famiglia che si raduna in un’atmosfera festiva per impastare assieme il pudding di Natale è difficilmente conciliabile con la realtà storica di ciò che era la società vittoriana. Le famiglie proletarie erano divise, specie se alcuni dei loro membri prestavano servizio presso le dimore dell’aristocrazia; quanto alle famiglie della upper-class, esse erano abituate a mangiare pudding per tutto l’inverno – e in ogni caso, non erano esattamente frequentatori abituali della cucina”.
Più probabile, secondo Anne Gray, che la Stir-Up Sunday fungesse sì da promemoria liturgico… ma per altre categorie di persone. Ad esempio, è probabilmente molto vero ciò che pure ci assicurano alcune fonti storiche – e cioè, che la Stir-Up Sunday era il giorno entro cui era tassativo riempire gli scaffali dei negozi di alimentari con tutti quegli ingredienti che sarebbero stati necessari per la preparazione dei piatti di Natale: di lì a poco, i clienti avrebbero cominciato a richiederli.
Ma, come spesso capita, le migliori tradizioni hanno molto in comune con le profezie autoavverantesi. Se, in età vittoriana, tutti gli scrittori cantavano le meraviglie dei grandiosi raduni familiari che si tenevano in occasione della Stir-Up Sunday (e che in realtà esistevano probabilmente solo nella loro fantasia), l’insistenza con cui si parlava di questa tradizione finì col farla nascere per davvero. In età eduardiana, le famiglie che potevano permetterselo si ritagliavano davvero un pomeriggio per impastare assieme il pudding: una tradizione che divenne particolarmente cara alla upper-class, che si divertiva tantissimo a mettersi ai fornelli una volta all’anno, come in un gioco carnascialesco.

In fin dei conti, si trattava di un’immagine troppo suggestiva per non piacere. In un’epoca in cui il Natale era ormai diventato la festa delle famiglie, dei bambini e dei buoni sentimenti, era irresistibilmente tenera l’immagine ad alto contenuto glicemico di tante generazioni che si stringono attorno a un tavolo per impastare una prelibatezza zuccherina. Nonni e nipoti, dolci che cuociono in forno, decorazioni tutt’intorno e baci e abbracci in ogni dove: non è forse questa, in fin dei conti, la nostra idea moderna di Natale?
Lucia Graziano
Articolo originariamente apparso sul blog Una Penna Spuntata
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