Profezia. Racimolatore di uomini dallo sguardo lungo.#sacrascrittura #lanternadelcercatore

Dagli appunti di Fr Gabrio. Sblocchiamo questo contenuto in origine offerto ai benefattori.

Per imparare pian piano sempre più ad amare la nostra amata Sacra Scrittura.

Introduzione: Profetismo. Origine e linguaggi[1]

Il profeta è l’uomo a cui Dio affida il segreto e la forza della sua parola, affinché egli l’accolga e la trasmetta con fedeltà.  Quindi la parola è la forza interiore del profeta e allo stesso tempo si configura come profetica, non solo la parola ma anche l’intero libro profetico. Secondo le evidenze che ricaviamo dai papiri e seguendo gli studi Ambrogio Spreafico, di danno diverse distinzioni che nella Bibbia Ebraica e nella Bibbia cattolica a proposito dei profeti. Soffermiamoci allora sulla Bibbia secondo il canone cattolico.

  • Ma l’origine del profetismo è anche fuori dall’ambiente biblico.

Ad esempio, i profeti esistono nel Medio Oriente antico.

Ci sono degli aspetti comuni. Ad esempio, il dato che per entrambi il profeta è il Messaggero della divinità.

Ci sono poi degli aspetti, di diversità. Ad esempio, nella Bibbia il profeta è critico nei confronti del re. Per Israele il profetismo assume dunque un significato e una incidenza fortissima rispetto agli altri profeti orientali.

  • Nella Bibbia possiamo trovare uno sviluppo profetico. Il profeta ha come diversi livelli di espressione. Vediamo.

In principio il profetismo è fenomeno collettivo (cfr Gdc 4,4; Num 12, 1 -6) Poi, lentamente, il profeta diviene figura individuale.

Una delle caratteristiche tipiche, profetiche e l’oracolo? Il profeta infatti è chiamato profeta (navì’) visionario (hotzeh), veggente (roeh).

Questi vocaboli esprimo una relazione tra profeta e realtà. Il profeta è colui che vede la realtà e la esprime in modo esplicito. Ma è anche la sentinella che esprime e avverte la presenza di un pericolo.

Secondo Westermann, il profeta è il messaggero divino. Questo si evince in particolare da un formulario, cioè da una formula che spesso si ripete. Questa formula è quello che leggiamo:

 “Così dice il Signore”

Quindi possiamo trovare vari esempi con cui il profeta stabilisce una comunicazione fra due interlocutori trasmettendo la parola ricevuta. Secondo Spreafico, ad esempio, ricaviamo questo da almeno due racconti:

Gen 32, 4 – 6: La profezia di Giacobbe.

Gdc 11, 12 – 29. La descrizione di Iefte quale profeta.

La parola del profeta è allora la parola di Dio. Perciò il profeta deve essere fedele a tale parola. E richiede da parte del ricevente un ascolto attento.

Questa è la teologia generale del profeta.

Vediamo adesso il diverso sviluppo delle fasi profetiche.

A) Fase orale.

La espressione orale è inserita nella vita pubblica e religiosa di Israele. Spesso anche in una occasione di ingiustizia. (Am 1 – 2).

B) Passaggio al testo scritto.

La profezia scritta è testimoniata in Ger 3, 6.

C) Trasformazione definitiva in testo scritto

L’oracolo profetico è frutto di diverse redazioni che vengono pure reinterpretate dentro nuove situazioni, perché è la stessa parola di Dio. Questo suscita successive riletture di diverse circostanze storiche.

Per approfondire brevemente, direi che i più grandi studiosi circa la critica letteraria profetica furono B. Dhum che analizzò i tre livelli testuali presenti dentro Isaia.

Invece S. Mowinkel, studiò tutte e tre le fonti presenti in Geremia.

Quindi chiaramente troviamo diversi generi letterari profetici.

1. L’oracolo di giudizio.

Esso ha una struttura bipartita composta di accusa e annuncio di giudizio. Esempio: Am 2, 6 – 16.

2. L’oracolo definito “guai” (hoi)

come dice ad esempio Is 5,8 – 10 ” Guai a voi”.

Tipo di oracolo probabilmente è inserito all’interno di un lamento funebre.

3. La lamentazione funebre (qirnah)

Interpreta l’oracolo di giudizio come sentenza definitiva in cui il destinatario è morto.

4. la controversia giuridica (riv)

Esempio di controversia giuridica, (ad esempio Mi 6, 1 – 8) dove troviamo l’accusa e l’intervento divino. Dopo il riv c’è la possibilità di una risoluzione positiva o negativa. Questo dipende se Israele riconosce la propria consapevolezza e colpevolezza davanti a Dio che si fa latore dell’accusa.

  • Troviamo anche poi speciali Oracoli di Salvezza.

Secondo Westermann, questi oracoli sono parole profetiche che annunziano la salvezza in contrapposizione agli oracoli di giudizio e infatti si sviluppano nel post esilio.

Possiamo trovare delle sottocategorie di questi oracoli:

I. oracoli di salvezza veri e propri.

Si suddividono in promessa di salvezza (Is 41,8 – 13. 14) e consiste nella proclamazione di un fatto già avvenuto. L’annuncio salvifico si distingue perché esprime su un qualcosa che avverrà nel futuro (Is 41,17 – 20.).

II. Oracoli che hanno un duplice annuncio (Is 10,24- 27)

III. Annuncio di salvezza condizionato: (Dt 4, 1 – 10).

IV. Oracoli che annunciano il destino di persone pie e persone empie (Is 1,27 28).

All’interno della letteratura profetica troviamo anche altre forme letterarie come i racconti di vocazione (Is 6; Ger 1, 4 – 10), racconti di visione ( Ez 1; Am 7 – 9). Infine troviamo anche delle storie raccontate per esempio in Is 36,39.

Analisi sapienziale dell’esperienza profetica.

1. Parola

Il profeta è uomo della parola cioè ascolta ed è in relazione con Dio. La parola è realtà che entra nella essenza ed intimità della vita del profeta. Il profeta è allora nutrito dalla parola divina; infatti, egli è l’uomo che fa diventare carne di sé stesso la parola per poi annunciarla; in tal modo egli mostra il legame fra ascolto – annuncio in quanto legame necessario. Inoltre, parla e intercede nell’ambito della stipula dell’alleanza di Dio con il suo popolo. Infine, si esprime in vari generi letterari e dunque egli parla a nome di Dio in vari ambiti di presenza. Questo mostra che l’unica parola di Dio si concretizza in molteplici strutture letterarie diversificate e tiene conto dell’ambiente dell’uditorio, della storia, delle circostanze. Questo, dunque vuol dire che, tramite il profeta, la parola di Dio si rende accessibile a tutti.

2. Azione Simbolica

Il profeta è coinvolto nel rapporto con Dio per cui la sua parola diviene azione simbolica. Infatti

  • la parola di Dio si fa vita del profeta.
  • la gestualità profetica comunica qualcosa di concreto, insieme alla realtà misterica.
  • l’azione simbolica ha come fine principale e specifico la comunicazione del messaggio di Dio reso tramite l’azione stessa.

3. Visione

Il profeta è anche colui “che vede” (Ez 7,26). Cerchiamo di capire il senso della visione profetica.

Il profeta è uomo di fede che ha visto, cioè che partecipa della medesima visione di Dio. Il racconto di visione, dunque, non è forma tipica del linguaggio profetico seppure ci dica qualcosa di tale esperienza (Am 1 – 2).

Bisogna intenderlo bene.

La visione:

a) va intesa come progresso della conoscenza

b) appartiene solo al profeta che trasmette ad altri qualcosa della visione e che per questo esprime anche degli aspetti enigmatici (Am 7,8 – 8,2).

c) il profeta non va in trance mistica ma vede qualcosa che gli altri non vedono

d) la visione non pre – vede ma in senso stretto pro – vede cioè vede davanti; quel “pro” cioè indica che sta per compiersi un evento importante: questo evento si comprende però a partire dal tempo presente. In questo senso il profeta legge dentro e oltre la storia; presenta e coglie l’intervento con cui Dio ispira l’azione d’Israele.

Il profeta è colui che è investito della ruah, lo Spirito di Dio (Ez 8). Quindi egli partecipa al modo di vedere di Dio in modo diretto. Ezechiele viene consultato dagli anziani e proprio perché ha questa speciale visione può andare a fondo e approfondire la realtà.

4. Profeta = uomo della verità

In Geremia troviamo il verbo ingannare composto dalla radice verbale sqr.

Qui il profeta, dunque, è legato al tema della menzogna e alla profezia come momento di contrasto con essa. Infatti, il profeta abbiamo visto che ha un intimo contatto con Dio e dunque è interprete reale e veritiero della realtà,

Allo stesso tempo, perciò, quando contrasta la menzogna in modo diretto si pone in contrasto anche i falsi profeti. Tendenzialmente questi si presentano sempre in gruppo (Mi 2,6 – 11; 3,5 – 12; 1 Re 22; Ger 6,13; 8,10; 23,14; 27,14)

Al contrario, i veri profeti partono dalla problematicità della realtà per sottolinearne invece un cammino salvifico non scontato. Mentre i falsi profeti non fanno nulla di tutto ciò, ammassandosi ad una realtà superficiale. Il testo sacro in sé stesso non pone un criterio di distinzione intrinseco. Tra veri e falsi profeti si può ricavare la verità del dato esclusivamente dalle parole che si dicono e dai gesti parentesi dato estrinseco.

5.  Profeta, uomo dei dolori

Il profeta è uomo dei dolori perché non viene assolutamente ascoltato.

  • Ger 11, 19: Dove il profeta è agnello mansueto.
  • Is 42,1 – 9 il profeta e servo sofferente che offre i suoi canti e i suoi carmi.

Da questo ne ricaviamo che il profeta è colui che annuncia e prende su di sé il male cioè si addossa le iniquità e le malvagità di qualcun altro. Questo vuol dire che lui viene accusato di essere radice del male e per questo viene messo a morte (cfr Is 53, 8 – 9).

6. Intercessore presso il popolo

Nella letteratura profetica, l’intercessione del profeta avviene in diversi modi:

a) tramite le figure bibliche come Mosè.

b) di fronte alla morte reale, minacciata o prevedibile (Es 8,9).

c) è momento in cui il profeta stesso prende le parti del popolo. Chiaramente se il popolo non ascolta è inutile qualsiasi intercessione profetica. Qui notiamo che torna di nuovo la dimensione dell’ascolto nella profezia.

7. Denuncia per la conversione

Il profeta vuole anche accusare tramite il riv il popolo affinché si ravveda, riceva il perdono e rinnovi l’alleanza con Dio punto in tal senso egli si fa persuasore e vuole convincere l’uomo della sua situazione di torto.

Ad esempio:

  • Michea mediante un giudizio (mishpat) dirime una controversia facendosi portavoce di Dio.
  • Giona viene inviato a persuadere ed evangelizzare gli abitanti di Ninive, in Assiria, alla conversione.

Proprio perché chiamato ad essere colui che denuncia per la conversione è anche uomo dalle tante relazioni. Infatti, il profeta è colui che si rivolge ad un uditorio più vasto. Conoscendo la vita di tutti gli interlocutori, il profeta può rivolgersi a loro in maniera più forte, più autentica, più vera.

Perciò il profeta secondo la bellissima definizione del padre Spreafico è racimolatore di uomini che purtroppo corre il rischio reale di rimanere da solo.

8. “Dio può ancora salvare”

La salvezza è annunciata, accolta e dunque il profeta apre al popolo gli orizzonti salvifici. Per questo il popolo proclama “Dio può ancora salvare.”

Da questo se ne evince:

a) il profeta proclama la salvezza partendo dal male e dalla coscienza del peccato, peccato sia del popolo sia di tutto il mondo.

b) l’oracolo si riferisce sempre in una formula di promessa barra compimento.

In conclusione, quindi diciamo che il profeta è portatore della presenza di Dio che sbilancia l’uomo e lo porta in un futuro salvifico

Come, ad esempio, pensiamo ai profetti descritti in Isaia, i cosiddetti secondo e terzo Isaia, che sono profeti uomini investiti dall’urgenza dell’annuncio salvifico. O anche a Geremia, Ezechiele ed Osea che annunciano la salvezza nonostante le circostanze avverse.

9. Il bisogno del profeta.

Il profeta può ance essere rifiutato (Am 7, 10 – 17; 8,11 -12).

Anche se il popolo ha bisogno della parola di Dio, ad Amos viene impedito di profetizzare e poco importa al popolo che egli sia autorizzato da Dio.

L’assenza del profeta è chiamata carestia (ra’ab) che va intesa:

a) come minaccia che conduce alla morte.

b) come ricerca quando si ha fame e quando si ha sete.

Inoltre, la carestia della parola di Dio indica, la fine della esistenza di Israele perché Israele senza il profeta non può più ascoltare Dio e i suoi messaggi esistenziali profetici.

Tanto che si narrerà di un tempo senza profeti. In particolare, se leggiamo 1 Mac 14,41:

[Il re Demetrio] seppe infatti che i Giudei erano considerati amici, alleati e fratelli da parte dei Romani, e che questi erano andati incontro ai messaggeri di Simone con segni di onore, che i Giudei e i sacerdoti avevano approvato che Simone fosse sempre loro condottiero e sommo sacerdote finché non sorgesse un profeta fedele, che fosse loro stratega e avesse cura del santuario e fossero nominati da lui i sovrintendenti ai lavori, al paese, agli armamenti e alle fortezze, che si prendesse cura del santuario, fosse da tutti obbedito e si scrivessero nel suo nome tutti i contratti del paese e vestisse di porpora e ornamenti d’oro.

Di questo tempo senza profeti ricaviamo che:

a) è tempo che si estende per lungo, i profeti in genere sono vicini nei tempi della tribolazione. Il profeta chiarifica la parola di Dio nella storia e nel quotidiano. Dunque, se non c’è, non può neanche chiarificare il tempo della tribolazione tramite la parola di Dio. Perciò: la parola di Dio e assente nel dolore se non c’è il profeta.

b)  Questo brano mostra la distinzione fra sacerdoti, re e profeta dove si vede che di nuovo solo mediante il profeta l’uomo può comunicare con Dio.

Fr Gabriele Giordano M. Scardocci OP


Bibliografia parziale di approfondimento:

C. Balzaretti, Esdra – Neemia, Paoline, 1999.

J. Blenkinsopp, Isaiah, 3 volumi, New York, 2000 – 2002.

B.S. Childs, Isaia, 2005.

J.E. Goldingay – d. payne, Isaiah 40-55, 2 voll., London 2006.

R. Manes – m. Rogante, Giona e lo scandalo della tenerezza di Dio, cittadella, Assisi, 2017.

A. Mello, Isaia. Introduzione, traduzione e commento, Cinisello Balsamo 2012.

O. Kaiser, Isaia (capp. 1-39), 2 voll., Brescia 1998 – 2002.

G. Savoca, Abdia – Naum – Abacuc – Sofonia, Paoline, 2006.

A. Spreafico, La voce di Dio – Per capirei i profeti, Edb, 2014.

C. Westermann, Isaia (capp. 40-66), Brescia 1978.

G. Wildberger, Isaiah 1-39, 3 voll., Minneapolis 1991 – 2002.

H. G. M. Williamson, Isaiah 1-5, London 2006.

H. S. Yofre, Amos, Paoline, 2002.


[1] Riprendo e amplio appunti tratti da A. Spreafico, La voce di Dio – Per capirei i profeti, Edb, 2014, 9 – 110.

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