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Il libro più breve

Se vi siete domandati quale sia il libro più breve di tutta la Bibbia… sì, è proprio questo. A me rimase impresso per un’esperienza diretta: arrivata al profeta Abdia, in una lettura biblica corsiva, vidi abbondante spazio bianco tra il corpo del testo e le note, nella versione della CEI. Incuriosita, girai il foglio, in cerca della continuazione. Invece no, era proprio così: il “libro di Abdia” occupava solo una facciata! Consta, infatti, di un solo capitolo, composto da 21 versetti, sicché è difficile persino considerarlo “libro”.

Ricezione

Si trova al quarto posto nei Dodici Profeti del Testo Masoretico, mentre occupa il quinto nella Bibbia dei Settanta. Vi è infatti un ordine diverso, tra i due: Osea – Amos – Michea – Gioele – Abdia – Giona nel primo; Osea – Gioele – Amos – Abdia – Giona – Michea nel secondo. È ritenuto migliore ordine quello dei Settanta, per lo stretto legame tra il libro di Abdia e quello di Gioele. Tuttavia, alcuni autori individuano, nella comune presenza tematica di oracoli contro le nazioni anche in Gioele ed Amos la spiegazione dell’ordine masoretico.

Abdia-miniatura

Autore

L’autore è quasi ignoto: di lui abbiamo pochissime notizie, se non che si tratta di «uno che serve YHWH», scritto in modi leggermente diversi, ma indicanti due forme di uno stesso nome, diffuso nell’Antico Testamento.

Datazione e stesura

Data la brevità del testo, è fondamentale considerare la sua relazione con altri testi1.

Il primo problema è quindi la relazione tra Abdia 1-9 e Geremia 49,7-16; tre le ipotesi in campo: che il primo dipenda dal secondo, viceversa, oppure la comune derivazione da una terza fonte, antecedente ad ambedue. La questione è complessa, perché la stemmatica filologica è legata alla datazione di Abdia; ma anche il brano di riferimento di Geremia vanta un’incertezza di datazione, dovuta al fatto di appartenere a quelli che ricevono collocazione differente nel Testo Masoretico e nella Settanta. Coggins2 ipotizza abbia attinto entrambi a materiale tradizionale gerosolimitano, cui avrebbero attinto anche altri profeti – in particolare Gioele, che, pur non avendo oracoli contro Edom, rivela una fraseologia comune rispetto ad Abdia.

Il secondo problema riguarda l’unità del libro: nonostante la brevità, si è spesso ipotizzata una complessa fase redazionale3.

La datazione rimane quindi incerta e controversa: il riferimento alla rovina di Gerusalemme spinge verso alcune proposte, tra due estremi cioè, il X secolo a.C., a motivo della rivolta edomita contro Yoram (cfr. 2Re 8, 20-22) e il V secolo a. C., in quanto periodo della conquista nabatea di Edom; la maggior parte degli autori, opta però per il riferimento ad una data importante e con frequenti attestazioni nell’antico Testamento, vale a dire il 587 a.C. (data della distruzione di Gerusalemme, da parte dei Babilonesi), ipotizzando il periodo successivo a tale data, cioè quello esilico (587-539 a.C.).

Struttura

È generalmente suddivisa in due parti: nella prima (1-14) troviamo un oracolo contro Edom, mentre nella seconda (15-21), è applicata una lettura universale, in vista del “giorno del Signore” dell’oracolo precedente. La prima parte può, a propria volta, individuare ulteriori suddivisioni: all’introduzione, fa seguito il discorso di Dio, la riflessione del profeta ed un ulteriore discorso di Dio. La seconda parte vede invece un discorso a Giuda, cui segue il tema della regalità di Dio; la seconda sezione pare insolita, in quanto è in prosa, al contrario della prima. Ciò è però spiegabile per motivi stilistici, dal momento che il finale richiama ad altri libri biblici che trattano il tema. Possiamo inoltre dire che vi sia una sorta di struttura ad anello, nel senso che è introdotta l’idea che YHWH non sia un dio nazionale ma universale, proprio per il fatto che si rivolga ad altri popoli e ciò è confermato dalla fine, in cui il regno è ricostituito, tramite un ritorno al possesso della terra, con particolare riferimento al monte Sion, altura sacra per il popolo d’Israele.

Linee teologiche

Il contenuto è uno di quello che spesso disorienta la nostra mentalità contemporanea, se non abbiamo un minimo di familiarità con il vocabolario biblico. Si parla, infatti, del giudizio di Dio, che ristabilisce l’ordine contro chi è malvagio è crudele. Facendo riferimento anche al concetto ebraico di vendetta4, è da considerare che il riferimento alla guerra, pur essendo spesso, nella Bibbia, concreto, ha un realtà un significato metaforico. Basti pensare alla valenza della metafora di Dio come re, eredità anche delle culture confinanti dell’Antico Vicino Oriente, per comprendere come, dietro alle vicende di un re che trionfa, è possibile leggere l’interpretazione universale, che oltrepassa il tempo e la storia del popolo d’Israele e vuole significare la definitiva vittoria di Dio sul male.

Nel testo

La prima interessante è notare come, oltre al nome, non compia null’altro del profeta, che “scompare”, dietro a quanto ha da dire. L’oracolo si rivolge ad Edom, annunciando la sua perdita di peso politico: oltre alla superbia (v.3), la colpa pare essere quella di avere quanto meno assistito senza agire, di fronte alla presa di Gerusalemme («anche tu eri come uno di loro», v. 11). Da Edom, al verso 15, il destinatario diventa Giuda: Edom è letto come una sorta di simbolo, di quello che è il destino di tutti i popoli. Come accade, poi, frequentemente, negli scritti profetici, quanto detto per altri popoli, diventa indiretta ammonizione anche per Israele, testimonianza che, già prima degli scritti neotestamentari (in particolare, paolini), nei profeti possiamo trovare diversi5 ammonimenti che, sottolineando l’illusorietà dell’inviolabilità del tempio, rimandano ad una lettura di grazia anche rispetto alla predilezione di Dio su Israele6.

In dialogo con il Nuovo Testamento

Poiché è sempre verificabile quanto scrive Agostino rispetto al rapporto tra Antico e Nuovo Testamento (che, cioè, è sempre possibile leggere il primo alla luce del secondo, in quanto nell’Antico è nascosto il nuovo, mentre nel nuovo si rende manifesto l’antico7), anche nel piccolo libro di Abdia possiamo trovare immagini che possono rilette in senso cristiano.

Nel Vangelo, in particolare in quello di Matteo, ritorna spesso, infatti, l’immagine del regno di Dio: pur essendovi un riferimento escatologico, è necessario leggervi un richiamo più immediato all’adesione alla volontà di Dio. Perché Dio sia «tutto in tutti» (1Cor 15, 28), è necessario che ciascuno si impegni nel discernimento della volontà di Dio, perché nessun disegno universale avviene mai nel disinteresse di quello del singolo, anzi! Piuttosto, è vero il contrario: è nel disegno universale di salvezza che s’inserisce la storia di ogni uomo.

Sulla stessa scia, può essere letto anche il finale che mostra come Sion, al di là di un aspetto elevato sì (nella tradizionale interpretazione di altitudine come sede della divinità), ma di modesta altezza, non solo sarà il luogo del regno di Dio, ma anche “rifugio universale”. Del resto, anche Girolamo ravvede, ad esempio un possibile accostamento tra Abdia 19 e l’invito di Matteo di Cristo ad imitarne mitezza ed umiltà8; ne segue, poi, una lettura tipologica per cui, se la Chiesa è il nuovo Israele, è ad essa che fa riferimento il profeta, parlando del regnare di Dio sul monte di Sion e, conseguentemente, si può leggere un invito al ravvedimento e una conversione alla vera fede, che Girolamo si sente di rivolgere agli eretici9.

Anche nel piccolo libro di Abdia, risplende la parola di Dio che, come possiamo vedere nel Natale, ama farsi presente nel piccolo e, con discrezione, avvicinarsi all’uomo e alla sua storia. Così, l’umile Abdia, “uno che serve YHWH”, che fa un passo indietro rispetto alle parole che ha da trasmettere, arriva fino a noi, decine di secoli dopo la sua scrittura. Continuando a interrogarci.

Maddalena Negri


1 Particolarmente: Geremia 49, Ezechiele 25 e Gioele, raffrontando, in particolare, Abd 11 e Gl 3,3; Abd 15 e Gl1,15; Abd 16 e Gl 3,17; Abd 18 Gl 2,5. Cfr. nota 14, p. 17 in Abdia, Giona, Michea, San Paolo, 2012

2 Rif. R.J. COGGINS – SPRE’EMI, Israel among the Nations. A Comment on the Book of Nahum, Obadiah and Esther, W.B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids (MI) – The Handsel Press, Edinburgh, 1985

3 Le varie posizioni possono essere verificate nel commentario: L.C. ALLEN, The book of Joel, Obadiah, Jonah and Micah, W.B. Eerdmans Publishing Company, Grand Rapids (MI), 1976, pp. 133-136.

4 È necessario rivedere il concetto di vendetta, alla luce, della cultura ebraica. Mentre, nel nostro vocabolario, generalmente, intendiamo “rendere male per male”, quando ci si riferisce alla vendetta divina, il discorso è più sfumato, intendendo, in tal modo, rinunciare ad un proprio “soddisfacimento”, rimettendo, invece, a Dio il giudizio, come unico in grado di valutare in modo corretto la reazione al male ed al peccato.

5 Cfr. a titolo d’esempio, il paradossale oracolo contro il tempio che troviamo in Geremia 7, 1-15, in cui il profeta, stravolgendo il genere letterario del “canto da pellegrinaggio”, ne presenta uno sorta di parodia, in cui, anziché lodare il pellegrinaggio compiuto, ne evidenzia l’assoluta inutilità per il progresso spirituale del fedele, se non è accompagnato da una reale conversione.

6 Cfr. anche Mic 5, 1, oppure 1Sam 16,7 : sottolineando le piccole dimensioni, si evince che non sia la gloria a dare ragione delle scelta del Signore.

7 AGOSTINO, Questioni sull’Ettateuco, 2, 73

8 Mt 11,29

9 Cfr. GIROLAMO, commento ai profeti minori, Città Nuova, volume 3, p. 105 e ss. vd. Anche: HIERONYMUS, Commentariorum in Abdiam liber, ed. PL 25, 1097- 1118


Immagini:

Rif. Libro di Abdia
Bibliografia:

  • Abdia, Giona, Michea, San Paolo, 2012
  • GIROLAMO, Commento ai profeti minori, Città Nuova, volume 3, 2021
  • HIERONYMUS, Commentariorum in Abdiam liber, PL 25, ed. 1884, 1097- 1118
  • HIERONYMUS, Explanationum in Abdiam prohetam liber unus, CCSL 76A BIS 2, Turnhout Brepols 2022, 119-160

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