Il Protovangelo di Giacomo. Una introduzione #cronachedelcristianesimo

Il Protovangelo di Giacomo è uno dei vangeli apocrifi più antichi e più importanti tra quelli che possediamo. Rappresenta la prima elaborazione scritta dei racconti canonici dell’infanzia che ci sia pervenuta. Anche se c’è stato in passato chi ha affermato che questo sarebbe stato in realtà la fonte dei vangeli dell’infanzia di Matteo e Luca, così come c’è stato chi ha asserito che tutti e tre questi testi dipenderebbero da una fonte comune, è oggi ritenuto praticamente certo che è il Protovangelo di Giacomo a dipendere dai vangeli canonici, anche da quello di Giovanni, in ragione dell’idea dell’avvento di Gesù come l’incarnazione di Dio che tutta la narrazione contenuta nell’apocrifo presuppone.

L’influenza di questo testo è stata immensa, in quanto nello stesso compaiono chiaramente affermate praticamente tutte le dottrine su cui poi si svilupperà la mariologia canonica. Insieme al Vangelo dell’infanzia di Tommaso, il Protovangelo di Giacomo è stato la fonte degli altri vangeli apocrifi dell’infanzia e in particolare del Vangelo dello Pseudo Matteo, che ha avuto nell’Occidente latino una fortuna seconda solo a quella dei vangeli canonici, ispirando sia la devozione popolare che l’arte.

Sembra essere stato un testo eccezionalmente popolare, dato che ce ne rimangono più di cento manoscritti greci, il più antico dei quali risale addirittura al III secolo. Se ne conoscono traduzioni in siriaco, etiope, georgiano, sahidico, slavo antico e armeno. Non ci ne è pervenuto alcun manoscritto latino, anche se la menzione di questo apocrifo nel cosiddetto Decreto Gelasiano (risalente al VI secolo) fa supporre che in antichità il Protovangelo di Giacomo circolasse anche in questa lingua. I motivi per cui presto questo apocrifo smise di essere utilizzato in Occidente sono probabilmente i seguenti due: in primo luogo, a seguito dell’affermazione nella Chiesa latina dell’idea risalente a San Gerolamo secondo cui i fratelli e le sorelle di cui ci parlano i vangeli canonici sarebbero stati in realtà dei suoi cugini, il Protovangelo di Giacomo, in cui invece si trova espressa l’idea che questi sarebbero stati i figli avuti da Giuseppe in un suo primo matrimonio, cominciò ad essere guardato con sospetto, fino ad essere ufficialmente bandito come eterodosso; in secondo luogo, la comparsa di vangeli dell’infanzia composti in latino (come il Vangelo dello Pseudo Matteo, il De Nativitate Mariae)ha ovviato alla necessità della sua sopravvivenza in Occidente, in quanto questi altri scritti servivano a soddisfare le stesse esigenze senza incorrere in quelle che venivano ritenute le sue mancanze. Nella Chiesa orientale, invece, il Protovangelo di Giacomo ha continuato a godere di un’interrotta popolarità fino all’epoca moderna.

In Occidente si conoscono edizioni a stampa di questo testo apocrifo a partire XVI secolo. Il titolo con cui il libro è oggi maggiormente conosciuto ha origine nella traduzione latina di Postel, Protevangelion sive de natalibus Jesu Christi et ipsius Matris virginis Mariae, sermo historicus divi Jacobi minoris (Basilea, 1552; Strasburgo, 1570). Il titolo del testo nel manoscritto più antico che ce ne sia pervenuto (il cosiddetto Papiro Bomder V) è invece La nascita di Maria. Rivelazione di Giacomo. La seconda metà del titolo è palesemente inadatta, poiché Protovangelo di Giacomo non è nel modo più assoluto uno scritto di carattere apocalittico. Anche la prima metà però non è del tutto accurata, perché la narrazione contenuta nel testo copre un arco cronologico molto più ampio di quello relativo agli eventi legati alla nascita di Maria. Varianti di questo titolo sono presenti in altri manoscritti. Origene si riferisce allo scritto come al Libro di Giacomo.

In chiusura del testo, al capitolo 25, l’autore afferma di essere Giacomo, fratellastro di Gesù, e il Decreto Gelasiano lo identifica con Giacomo il Minore di Mc 15,40. In realtà l’autore è sconosciuto. È improbabile che fosse un giudeo palestinese, in quanto se pure dimostra di avere una notevole conoscenza dei testi biblici e di quelli apocrifi (e quindi di poter essere un cristiano di provenienza giudaica), questi dimostra altresì di ignorare sia la geografia della Palestina sia le usanze della sua popolazione nel I secolo.

La sua palese dipendenza dai vangeli canonici fa sì che il testo non possa essere stato scritto prima dell’inizio del II secolo. Alcuni hanno avanzato l’idea che questo sia stato composto per rispondere alle accuse lanciate dal filosofo pagano Celso contro i cristiani in un suo scritto apparso attorno al 170. Altri hanno osservato invece che San Giustino Martire (morto nel 165) nei suoi scritti sembra dar prova di conoscelo (ad esempio in Apologia 1.33 si richiamerebbe Protovangelo di Giacomo 11.3, a sua volta collegano Lc 1,35 e Mt 1,21; nel Dialogo con Trifone 100.5 ci sarebbe un parallelo con Protovangelo di Giacomo 12.2; in Apologia 1.33.36 ci sarebbe un parallelo con Protovangelo di Giacomo 11.2), ma le argomentazioni di costoro sono state per lo più rifiutate dalla comunità scientifica. Non c’è dubbio, comunque, che questo testo sia stato scritto, almeno nella sua forma iniziale, entro la fine del II secolo, in quanto era noto sia ad Origene (morto nel 254) che a Clemente di Alessandria (morto nel 215). D’altro canto il Papiro Bodmer V che riporta per intero il testo del Protovangelo di Giacomo è stato datato con una certa sicurezza al III secolo e già mostra degli sviluppi secondari, segno evidente che il testo originale doveva necessariamente essere antecedente. Oggi gli studiosi ritengono che la data più probabile per la sua stesura sia da collocarsi attorno al 150, decennio più o decennio meno. Questo anche in ragione del fatto che l’uso nel Protovangelo di Giacomo viene fatto del materiale proveniente dai vangeli canonici è piuttosto libero, il che rende più logico pensare che il suddetto sia stato scritto prima della vera e propria canonizzazione degli stessi (che appare già conclamata sia nel Canonone Muratoriano, risalente al 170, che nel Contro le eresie di Sant’Ireneo di Lione, scritto attorno al 180 d.C.), anche se in effetti l’argomento non è comunque stringente.

Poiché i testi apocrifi non erano considerati come scritture sacre, erano soggetti a un maggior grado di alterazione, aggiunta e riduzione rispetto agli scritti canonici. È possibile quindi che alcune parti di Protovangelo di Giacomo così come ci è pervenuto ed è riportato nelle edizioni critiche siano delle aggiunte o delle modiche posteriori al II secolo. L’unità stessa del testo è stata da alcuni messa in discussione. In particolare i capitoli che vanno dal 22 al 24, che costituiscono il cosiddetto Apocryphum Zachariae, sembrano essere stati sconosciuti ad Origene, che nei suoi scritti dà una motivazione della morte di Zaccaria diversa dalla versione che qui troviamo. Questi capitoli sono stati quindi spesso considerati un’aggiunta successiva. In passato alcuni studiosi avevano avanzato l’ipotesi che il testo a noi giunto fosse nato dalla fusione di tre documenti in origine separati (Protovangelo di Giacomo 1-16, 17-20 e 22-4). Gli studi più recenti, anche in ragione della scoperta dei manoscritti più antichi di questo testo, hanno però posto fine a questo tipo di speculazioni.

Il fatto che il Protovangelo di Giacomo sia stato concepito sin dal principio come un testo unitario, comunque, non significa che il sua autore non abbia fatto uso anche di materiale scritto antecedente. Le storie di Maria, della nascita di Gesù e della morte di Zaccaria potrebbero comunque trovare la loro origine in fonti separate. Ad esempio, narrazione in prima persona di Giuseppe che troviamo in 18.2-7 (assente nei manoscritto più antico) proviene probabilmente da una fonte scritta precedente e invita al confronto con le sezioni scritte in prima persona degli Atti degli Apostoli.

Per quanto in esso venga raccontata la nascita di Gesù, il tema portante del Protovangelo di Giacomo è la glorificazione di Maria attraverso il racconto della sua nascita, della sua infanzia e del suo matrimonio. In accordo con le esigenze della pietà popolare, responsabile della crescita di molto materiale apocrifo, il Protovangelo di Giacomo si propone di soddisfare la curiosità dei cristiani attorno alla famiglia di Gesù, colmando le lacune lasciate dal materiale canonico. A differenza di molta letteratura apocrifa, il suo stile è relativamente sobrio. Il suo approccio è sincero, anche se apologetico.

Dietro lo scritto si cela anche un forte motivo dogmatico. L’autore vuole sottolineare che non solo il concepimento di Gesù è stato di carattere verginale, ma che anche la sua nascita ha preservato la verginità di Maria. La verginità in partu si combina con la credenza nella verginità perpetua di Maria: i fratelli di Gesù conosciuti dai vangeli canonici, per il nostro testo, sono, come si è detto, i figli avuti Giuseppe in un precedente matrimonio. Va però sottolineato che dietro la necessità di glorificare Maria c’è un motivo cristologico. È l’idea dell’incarnazione a sostenere tutto l’edificio teologico che il testo presuppone. In quanto il seno di Maria è quello che ha ospitato il nascituro Gesù, che è Dio incarnato, la santità di costei è pari a quella del Santo dei Santi, essa è il tabernacolo perfetto che mai impurità rituale o morale ha potuto scalfire.

Adriano Virgili

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