Si deus est unde malum? – Una questione sempre attuale

Dopo le terribili notizie del terremoto in Messico di morte e tanto dolore innocente, l’interrogativo di ogni credente non può non smuovere anche la riflessione teologica. “Se c’è Dio, dov’è il male?” Forse molti di noi vedendo le immagini del terremoto avranno proprio pensato dubbiosi: “Signore, dov’eri?” Di fronte al grande mysterium iniquitatis e della sofferenza, occorre innanzitutto semplicemente rimanere in un silenzio orante. Pregare per coloro che sono colpiti da tanto dolore. Se potessimo prendere una macchina che ci teletrasportasse subito in Messico, potremmo unire l’azione di carità e di aiuto alla nostra preghiera.

La risposta teologica davvero può sembrare pretenziosa. Eppure tuttavia l’assenza di una meditazione su tale tema sarebbe un venire meno alla carità nella verità. O anche peggio: troppo facilmente si giungerebbe alla conclusione che di fronte a tanto male Dio non c’è.

A proposito del male molti filosofi prima e dopo il cristianesimo se ne sono occupati. A partire dal pensiero di San Tommaso, che a sua volta riprende l’interpretazione agostiniana, diremo che il male è privazione di un bene dovuto a una certa sostanza (S.Th, I.q. 44,a., 4.co). In particolare e in concreto, il male risiede nel difetto di una o più perfezioni che sono proprie di una certa sostanza nella natura. Per fare un esempio concreto: la cecità è un male nell’uomo, perché nella sua natura ha la vista (una sua perfezione propria) ma non ad esempio nella pietra, perché in essa la natura non ammette il vedere. Su questa descrizione metafisica e ontologica, possiamo inserire anche la certezza che Dio è colui che permette un male affinchè da esso ne sorga un bene superiore. Il male dunque non è una realtà propria, se non nel senso che è sempre legata ad una sostanza e che è sempre permesso dal Signore in vista di un bene più grande (S. Th, I. q., 2, ad 2). Sempre con S. Agostino, l’Aquinate dice: “Dio essendo sommamente buono non permetterebbe in nessun modo che nelle sue opere ci fosse del male, se non fosse tanto potente e tanto buono da saper trarre il bene anche dal male”.

La difficoltà maggiore che risiede in questa certezza è che non sempre si riesce a scorgere il bene più grande, che Dio sta facendo crescere a partire da ciò che gli è più contrario. Plausibilmente chi soffre a causa di un male si trova nella stessa condizione degli apostoli la mattina del sabato santo. Dov’è il loro Signore? Dov’è il Cristo, il Figlio del Dio vivente con cui avevano trascorso momenti assolutamente pregnanti della loro vita? Gesù dove sei? È l’urlo di dolore di quegli stessi poveri fratelli messicani.

Forse la risposta risiede in quella certezza giovane adolescente aquilano, rimasto colpito dal terremoto del 2009, che mi disse “Adesso comincia la sfida più grande della vita”. La sfida più grande di guardare anche gli eventi terribili con uno sguardo di fede. E di saperli affrontare con la forza della carità, senza far mai morire la serenità nella speranza.

Credo che i mali e le sofferenze non siano mai vani, e che permettano una crescita esistenziale e contemplativa: il bene maggiore che Dio permette nella nostra vita è saper leggere ogni evento col suo sguardo, uno sguardo d’eterno amore sempre presente nel mondo. Forse il male è permesso affinchè riusciamo a guardare tutto il mondo con un amore universale. Uno sguardo elevato sulla croce sofferente è sempre universale: perché è lo sguardo stesso di Gesù dal Golgota, prima di spirare.

Ma questo amore, esattamente come il male, rimangono racchiusi nel mistero silenzioso: per questo uniamoci in preghiera per tutti coloro che in questo momento stanno soffrendo.

Gesù dolce Gesù amore

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