La liquefazione del sangue di san Gennaro? Normalissima, secondo i medici del Seicento!#cronachedlecristianesimo

Chi di noi, dopo aver studiato, avrebbe la faccia tosta di negare che la luna riesca a influenzare il moto delle maree? E chi di noi sarebbe tanto stolto da gridare al miracolo nel vedere un pezzo d’ambra elettrificata che attira a sé una piuma, o così sciocco da ipotizzare inspiegabili prodigi di fronte a un magnete che respinge il suo gemello?
Certo: in passato, alcuni fenomeni naturali suscitavano lo stupore e lo sgomento perché le limitate conoscenze scientifiche dell’epoca non erano in grado di spiegarli, e nemmeno di contestualizzarli in un quadro più ampio. Ma, in questo moderno XVII secolo, è bene che nessuno abbia più ad abbandonarsi alla cieca superstizione irrazionale: perché il progresso scientifico sta facendo passi da gigante, e molti dei presunti miracoli d’un tempo stanno pian piano trovando spiegazione.

Prendiamo, per esempio, quella strana storia napoletana del sangue di san Gennaro che si scioglie tutte le volte che l’ampollina viene tirata fuori dal forziere e accostata alla reliquia della testa del santo.
Niente di più normale! In fondo è noto a tutti che determinati oggetti possano modificare il comportamento di un corpo inerte nel momento in cui gli vengono accostati a una ragionevole distanza. È esattamente lo stesso tipo di fenomeno che si verifica con la luna che genera le maree, con le calamite che si attraggono e si respingono senza toccarsi e con l’ambra elettrificata che richiama a sé le piume. E se anche la scienza non è in grado di spiegare con esattezza quali sono le leggi naturali che regolano questi fenomeni, di certo sarà in grado di farlo a breve! Quindi: non fatevi turbare da quegli strambi dei cattolici che gridano al miracolo per un po’ di sangue che si scioglie e date retta a noi, medici luterani. Non c’è proprio niente di anomalo o di strano, in quanto accade periodicamente nel duomo di Napoli!

Aehm.
I medici luterani avevano probabilmente una fiducia eccessiva nel progresso delle scienze, tenuto conto che siamo nel Duemila e riguardo alla liquefazione del sangue di san Gennaro ci sono molte ipotesi “scettiche”, ma – che io sappia – nessuna certezza. E tuttavia, le riflessioni che ho proposto sopra godettero per davvero di una grande diffusione nelle decadi immediatamente successive alla Riforma luterana: gli storici della Chiesa le hanno spesso definite un tentativo di reductio ad naturam dei miracoli cattolici, portato avanti dai teologi e dagli scienziati protestanti al grido di “non c’è nulla di strano! È scientificamente spiegabile! E se non lo è, lo sarà a breve!”.

Naturalmente, non c’è nemmeno bisogno di soffermarsi sulle ragioni che stavano dietro a questa campagna. Se le reliquie dei santi operano miracoli – va da sé – ciò vuol dire che c’è almeno un fondo di verità in quanto professa la Chiesa cattolica; inoltre, ammettere che nelle cattedrali dei papisti avessero luogo incredibili prodigi costituiva una negazione della teoria del cessazionismo, molto diffusa nelle Chiese protestanti, secondo cui l’età dei miracoli si era chiusa con la morte dell’ultimo apostolo di Gesù.

Insomma: se i preti cattolici fanno un gran parlare di prodigi, è solo perché (forse per ignoranza, forse in malafede) spacciano per miracoli eventi che, in realtà, sarebbero scientificamente spiegabili. E, nella retorica protestante, il miracolo della liquefazione del sangue di san Gennaro divenne l’esempio perfetto da addurre a sostegno di questa tesi: in fin dei conti – dicevano i medici tedeschi – non c’è niente di strano nell’assistere allo spettacolo del sangue di un morto che ricomincia improvvisamente a scorrere fuori dal cadavere! Qualsiasi anatomopatologo potrebbe raccontare mille di queste storie!

Il primo a fare queste considerazioni fu, nel 1622, il medico luterano Lorenz Strauss, citando un fatto di cronaca che aveva recentemente avuto luogo in Germania. La protagonista di questa storia era una giovane adolescente, morta dopo breve malattia, che – a quanto pare – già si trovava nella bara ed era pronta per la sepoltura quando aveva improvvisamente emesso un fiotto di sangue dalla bocca nel momento in cui la madre s’era avvicinata alla salma per porgere l’ultimo saluto. In quel frangente, il vomito sanguigno sembrava esser stato motivato dallo sdegno (era noto, infatti, che la madre degenere non si fosse presa cura della figlia malata, costringendo il marito a stare al capezzale della moribonda); ma, a detta di Strauss, fenomeni di questo tipo capitavano più frequentemente di quanto si potesse immaginare, e anche senza che fosse individuabile una causa scatenante come la rabbia post-mortem.

Dietro a questa singolare affermazione v’era la convinzione – effettivamente condivisa da una buona fetta della comunità scientifica – secondo cui il corpo umano avrebbe impiegato un certo lasso di tempo a far cessare le sue funzioni biologiche, dopo aver esalato l’ultimo respiro. Gli appassionati di storie di vampiri avranno ben noti i numerosi aneddoti di cadaveri che gonfiano il ventre, tornano a riammorbidirsi dopo il rigor mortis, continuano a far crescere le unghie e i capelli: ovviamente noi sappiamo che si tratta di reazioni fisiologiche normali, ma è anche comprensibile che un uomo del passato iniziasse a farsi due domande di fronte a salme che avevano l’aria d’essere un po’ troppo vitali per essere morte.
E se, teologicamente, non v’era dubbio alcuno che l’anima del defunto avesse già lasciato il corpo al momento del decesso per andare incontro al suo destino ultimo, erano molti gli scienziati a ipotizzare che, biologicamente, un cadavere impiegasse un (bel po’) di tempo prima di… morir del tutto. Per dirla con le parole di Francesco Paolo de Ceglia, v’era – soprattutto nei paesi del Nord Europa – la diffusa credenza “secondo cui tra vita e morte si sarebbe istituita una sorta di «continuità fisiologica» che avrebbe consentito a qualità più o meno occulte residenti nel corpo di permanerci, e operare anche dopo il decesso. Ciò, in genere finché non fosse intervenuta la «morte secca», ossia fino a quando fosse rimasto qualcosa di umido, come carni non del tutto consunte o, nel caso di specie, sangue ancora liquido”.

Insomma: biologicamente parlando, morire era una faccenda lunga e complicata, con una durata grossomodo corrispondente al lento processo di decomposizione cadaverica. E questa affermazione era tanto più vera quanto più era riferita a quegli individui che morivano prematuramente di morte violenta, a causa di un incidente o di un omicidio. Oppure di un martirio.  
In un corpo che cessava di vivere nel pieno della sua vigoria fisica, senza che la vecchiaia o la malattia avessero avuto modo di minare ed erodere le normali funzioni fisiologiche, si conservava come un surplus di energia vitale che, frequentemente, trovava naturalmente il modo di esplicarsi con sanguinamenti improvvisi, carni innaturalmente rosee, chiome e unghie ancora in crescita. Così sintetizza Francesco Paolo de Ceglia: “in un sistema integrato tra materiale e spirituale in cui vigeva una sorta di «principio di conservazione dell’energia», le forze di quel continuum che si veniva a stabilire tra anima e corpo non potevano istantaneamente essere annichilite dall’exitus. Venivano così più che altro trasformate e, come nei casi in questione, concentrate nel sangue, in attesa del momento propizio in cui manifestarsi”.

Poteva esser questa la spiegazione dietro alla misteriosa liquefazione del sangue di san Gennaro?
I medici luterani se ne dicevano ragionevolmente certi, osservando (non a torto) che il patrono di Napoli sarebbe stato il candidato perfetto per i fenomeni fin qui descritti: decapitato con un colpo netto, dopo brevissima prigionia, nella vigoria dei suoi trentatré anni, era stato oggetto poco dopo la sua morte delle attenzioni di una donna che aveva provveduto a raccogliere in due piccole ampolle il sangue ancora caldo che sgorgava dalle sue ferite. Custodite di generazione in generazione con devozione e cura, le ampolle avevano impedito a quel sangue di andare incontro al normale processo di deteriorazione, preservandolo in uno stato quasi-umido che, a distanza di secoli, ancora permetteva a quella residua forza vitale di manifestarsi in determinate condizioni. Per esempio, nel giorno dell’anniversario del decesso, oppure nel momento in cui le ampolline venivano accostate agli altri resti mortali dell’uomo, come in quei secoli accadeva immancabilmente durante le celebrazioni. Certo, lo spettacolo poteva sembrare prodigioso agli occhi del popolino… ma non era nulla che un anatomopatologo non avesse già osservato mille volte!

***

Non c’è nemmeno bisogno di dirlo: queste tesi poterono tutt’al più tranquillizzare qualche protestante in via di conversione, ma non riuscirono minimamente a intaccare l’affetto e la devozione che i Napoletani provavano nei confronti del loro patrono. Anzi: proprio mentre i medici luterani davano alle stampe queste osservazioni, l’amore partenopeo per san Gennaro toccava vette mai viste prima: tutto merito di un miracolo che, in questo caso, aveva ben poco a che vedere con la liquefazione del sangue e riguardava invece l’eruzione del Vesuvio. Nel dicembre 1631, colate laviche importanti avevano causato gravi danni a Torre del Greco, Portici e Ottaviano, distruggendo numerosi edifici e uccidendo più di mille persone. Avrebbe potuto essere una catastrofe, ma fortunatamente l’eruzione si fermò prima di fare danni ancor peggiori: senza esitazione, i Napoletani gridarono al miracolo e si strinsero ancor di più attorno al loro santo patrono, la cui protezione effettivamente era stata invocata con preghiere e processioni. E san Gennaro non aveva deluso i suoi fedeli, mostrandosi latore di incredibili grazie e portentose – con buona pace dei medici luterani.


Per approfondire: Francesco Paolo de Ceglia, Il segreto di san Gennaro. Storia naturale di un miracolo napoletano (Einaudi, 2016); una lettura che troverete veramente seducente, se vi ha incuriosito il dibattito che riportavo sopra. Per citare le parole con cui la casa editrice presenta il saggio: “come in una spy story, questo libro segue gli sforzi compiuti nei secoli da teologi, alchimisti, ciarlatani e scienziati per rispondere alla domanda: ma è davvero un miracolo?”. Un punto di osservazione abbastanza inusuale da cui guardare alla Storia della Chiesa.

Articolo originariamente pubblicato sul blog Una Penna Spuntata

2 risposte a "La liquefazione del sangue di san Gennaro? Normalissima, secondo i medici del Seicento!#cronachedlecristianesimo"

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