Alieni. Una ipotesi teologica da scartare? #lanternadelcercatore

Alieni? Esistono? Non si sa ancora.

Ma di recente ho avuto modo di scambiare alcune e-mail con padre Giovanni Cavalcoli OP su questo tema. Tra le nostre molte differenze c’è anche la prospettiva in merito alla possibilità teologica della vita extraterrestre. Gli ho promesso che avrei affrontato l’argomento in un articolo più discorsivo: ed eccomi qui.

Cavalcoli ha pubblicato sul suo blog almeno quattro articoli a tema (1, 2, 3, 4). La sua argomentazione contro la possibilità della vita extraterrestre può essere così espressa:

  1. Per l’Humani Generis, è dogma di fede l’impossibilità del poligenismo, cioè è impossibile che siano sorti esseri umani in modo indipendente dalla coppia originale
  2. Un alieno è definito come un essere fisicamente diverso dall’homo sapiens ma pur sempre spirituale, dotato di corpo e anima, e quindi teologicamente uomo
  3. Quindi, dati 1 e 2, un alieno avrebbe comunque origine dalla coppia originale, e cioè, se esistono altri pianeti abitati, dei figli di questa coppia originale, ad un certo punto, hanno costruito un’astronave e sono andati a colonizzare quei pianeti
  4. Ciò è però impossibile: infatti, se noi non abbiamo oggi una tecnologia così avanzata, nessun altro può averla avuta millenni fa
  5. Quindi, dati 3 e 4, la vita aliena è impossibile

L’errore di questo ragionamento è tutto nel punto 1: caduto quello, cadono anche le sue deduzioni. Ora spiego il perché.

  1. L’HUMANI GENERIS NON È INFALLIBILE

Come ho già spiegato in un mio precedente articolo, il poligenismo è da ritenersi una possibilità teologica.

Il motivo è che l’Humani Generis, a detta di quasi tutti i teologi che si sono occupati del problema, non costituisce magistero infallibile. Ciò per due motivi.

Il primo motivo (il principale) è che il testo non mostra la volontà di proclamare, o anche solo riconfermare, un dogma. Per quanto il suo linguaggio sia solenne, non ha affatto le caratteristiche che riscontriamo nei casi sicuri di magistero infallibile. Ciò è evidente anche da un semplice confronto.

Ecco la proclamazione nell’Ineffabilis Deus:

Perciò, dopo aver offerto senza interruzione, nell’umiltà e nel digiuno, le Nostre private preghiere e quelle pubbliche della Chiesa a Dio Padre, per mezzo del suo Figlio, affinché si degnasse di dirigere e sostenere la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato il soccorso di tutta la corte celeste, e invocato con gemiti lo Spirito consolatore, per sua ispirazione, a onore della Santa e indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, a esaltazione della fede cattolica, e a incremento della religione cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei beati apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, pronunziamo e definiamo: La dottrina, che sostiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli. Quindi, se qualcuno (che Dio non voglia!) deliberatamente presumerà di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito, conosca e sappia di essere condannato dal suo proprio giudizio, di aver fatto naufragio nella fede, di essersi separato dall’unità della Chiesa, e di essere inoltre incorso da sé, «per il fatto stesso», nelle pene stabilite dalle leggi contro colui che osa manifestare oralmente o per iscritto, o in qualsiasi altro modo esterno, gli errori che pensa nel suo cuore.

Ecco quella nella Munificentissimus Deus:

«Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo».

Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica.

Ecco invece cosa dice la Humani Generis:

Però quando si tratta dell’altra ipotesi, cioè del poligenismo, allora i figli della Chiesa non godono affatto della medesima libertà. I fedeli non possono abbracciare quell’opinione i cui assertori insegnano che dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli uomini, oppure che Adamo rappresenta l’insieme di molti progenitori; non appare in nessun modo come queste affermazioni si possano accordare con quanto le fonti della Rivelazione e gli atti del Magistero della Chiesa ci insegnano circa il peccato originale, che proviene da un peccato veramente commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio (cfr. Rom. V, 12-19; Conc. Trident., sess. V, can. 1-4).

Serve discuterne? C’è seriamente qualcuno che può scambiare il linguaggio della Humani Generis per l’affermazione di un dogma? No.

La seconda motivazione per cui si nega l’infallibilità dell’Humani Generis è, più semplicemente, che il poligenismo non costituisce materia di fede. Com’è noto, la definizione di “materia di fede” doveva essere data dal Concilio Vaticano I, ma a causa della sua interruzione non si è mai arrivati a tale definizione. Vinzenz Gasser, nella sua Relazione, glissa dicendo che “ogni teologo sa cosa si intende con queste parole”. Sarà stato vero al suo tempo: oggi non lo sa nessuno. Possiamo però rifarci a quanto dice Tommaso, il quale scrive che: “Gli articoli di fede non si possono realmente dimostrare: perché la fede è delle cose non evidenti, come dice S. Paolo.” (Iª q. 46 a. 2 s. c.) Dice, quindi, che la materia di fede non è materia empirica, non dipende da ciò che si osserva coi sensi. Ma il poligenismo è, appunto, una questione empirica, che viene risolta non sulla base di ciò che dice la Scrittura ma in base a dati osservati (per esempio in base al nostro DNA e al modo in cui vediamo funzionare l’evoluzione). Quindi non è materia di fede.

Ora, se il poligenismo è possibile, è anche possibile che più “ceppi” umani abbiano avuto origine indipendente, separati nel tempo e nello spazio. Questo elimina la necessità della “panspermia” immaginava da Cavalcoli: non è affatto necessario che la vita umana sia arrivata sugli altri pianeti partendo dal nostro pianeta, ma può aver originato direttamente lì senza bisogno di alcuna relazione con la nostra specie.

A ulteriore conferma si potrebbe notare direttamente come, in effetti, l’esistenza stessa di extraterrestri non può essere materia di fede. In primo luogo perché, come detto sopra, è questione empirica. E in secondo luogo perché, se si desse per certa l’inesistenza di extraterrestri, si implicherebbe l’impossibilità di un incontro futuro, ma la teologia non si occupa dei futuribili, e se nel nostro futuro c’è o non c’è un incontro con un’altra civiltà è una cosa che potremo sapere solo vivendo, rimanendo aperti all’accettazione di tutto ciò che il Cristo vorrà farci vedere.

2. LA NATURA NON RICHIEDE LA DISCENDENZA

Cavalcoli, continuando la tradizione di Tommaso, sembra sostenere che la generazione sia necessaria alla trasmissione della natura umana caduta, e quindi che il poligenismo contraddica il peccato originale in quanto, se si desse il poligenismo, solo alcuni uomini (solo i discendenti di Adamo) sarebbero corrotti. Anche Angelo Bellon OP interpreta la trasmissione del peccato per propagazione come, di fatto, per generazione, cioè “alla discendenza” (intendendola, pare, biologicamente).

Ci facciamo una domanda: la discendenza da un ente che possiede una certa natura è necessario all’avere la tal natura? Per esempio, affinché una pianta sia una quercia, è necessario che quella pianta sia figlia di una quercia?

La risposta è chiaramente negativa. Se così fosse, infatti, semplicemente non potrebbero comparire nuove specie. Noi vediamo, invece, che nuove specie compaiono continuamente nella storia della vita sul pianeta Terra. Sappiamo, per esempio, che 1.6 miliardi di anni fa è vissuto un organismo che fa da antenato comune tra le querce e gli esseri umani. All’epoca non c’erano querce. Eppure oggi ci sono. Quindi, qualsiasi sia il modo nel quale le prime querce hanno ottenuto la natura di quercia, questo non può essere la discendenza da un’altra quercia. Quindi la discendenza non è necessaria al possesso di una certa natura. E quindi, ovviamente, l’essere discendenti di una ipotetica prima coppia umana non è necessario al possedere la natura umana.

La natura, invece, è un universale, cioè un ente unico che è però presente in più enti. È un po’ come il rosso, che è uno stesso unico colore, ma che è presente contemporaneamente in tutti gli oggetti rossi. Se io, toccando un solo oggetto, potessi modificare il rosso-in-sé, automaticamente modificherei tutti gli oggetti rossi del mondo. Similmente, se la natura umana cade in un individuo, automaticamente cade anche in tutti gli altri. È quindi errata l’idea che, se fossero esistiti altri uomini oltre ad Adamo, e solo Adamo avesse peccato, gli altri non avrebbero ricevuto gli effetti del peccato: ciò implicherebbe, infatti, che esistano due nature umane, e che Adamo avesse una natura umana di tipo distinto da quella degli altri; dato, invece, che vi è solo una natura umana, essa, caduta in Adamo per il suo peccato, sarebbe immediatamente caduta anche negli altri. Il poligenismo quindi, contrariamente a quanto sostiene Cavalcoli, non contraddice l’idea del peccato originale.

3. LA TRADIZIONE E IL SENSUS FIDEI SONO FAVOREVOLI ALLA POSSIBILITÀ DELLA VITA EXTRATERRESTRE

 Si potrebbe pensare che l’ipotesi della vita extraterrestre, e il modo in cui si può accordare con la fede, siano questioni moderne. In realtà non è così.

In epoca medievale, più che di “abitanti di altri pianeti”, si parla degli antipodi e degli “altri mondi”. Papa Zaccaria nega l’esistenza degli antipodi (sappiamo, invece, che ci sono) e l’idea che Sole e Luna siano abitati. Ciò nonostante, sant’Alberto Magno e Guglielmo da Occam affermano senza problemi la possibilità dell’esistenza di più mondi. Il vescovo Tempier, nel documento famosissimo del 1277, addirittura condanna direttamente l’idea che Dio non avrebbe potuto creare più mondi. Questo potrebbe sembrare un suo nuovo tentativo di sanzionare Tommaso d’Aquino, il quale aveva negato la possibilità di più mondi (I, q.47, a.3), ma in realtà non è così: Tommaso infatti, parlando di “mondo”, intende qualcosa di più simile a “universo” che a “pianeta”, mentre Tempier usa la parola in modo diverso.

Ritratto del cardinal Cusano.

In epoca rinascimentale troviamo Niccolò Cusano, il primo ad affermare esplicitamente la possibilità dell’esistenza di più mondi abitati. Poco dopo, Giordano Bruno vedrà elencate tra le sue accuse anche la difesa del pluralismo dei mondi, ma se fu messo al rogo non può essere stato per questo: infatti sia Cusano che altri dopo di lui hanno sostenuto la stessa cosa senza particolari conseguenze.

Nel Settecento abbiamo invece Vincenzo di Sant’Eraclio: nel suo libro “Esame teologico-fisico del sistema di chi sostiene abitati da ragionevoli creature i pianeti” difende l’dea dell’esistenza di più pianeti abitati come un modo per attaccare i protestanti e rispondere al giansenista Giovanni Cadonici, che la negavano. Cadonici, dal canto suo, si stava opponendo alle teorie dell’anglicano William Derham, il quale pure, nel suo libro “Astro-Teologia”, affermava l’esistenza di più pianeti abitati come deduzione di teologia naturale. Stimolati poi dalle accuse dell’illuminista Paine – il quale credeva che le religioni non potessero rendere merito della vita extraterrestre -, in pochi anni vediamo fiorire un gran numero di scienziati cristiani e teologi che si schierano in difesa della compatibilità della vita extraterrestre con la fede: Angelo Secchi, Francesco Denza, Dwight (“Theology Explained in a Series of Sermons”), Chalmers (“Astronomical Discourses”), Dick (The Christian Philosopher”). L’opera Joseph Pohle “Die Sternenwelten un ihre Bewohner”, contenente una dimostrazione di teologia naturale dell’esistenza di vita extraterrestre, ha un tale successo che la sua opinione entra nei manuali dell’epoca e viene insegnata agli studenti di teologia come standard.

Nel novecento Karl Rahner, nel libro “Il Problema dell’Ominizzazione”, ha il grande merito di aver capito che il problema della vita extraterrestre è inscindibile da quello più generale dl poligenismo. Anche de Chardin, Leonardo Boff, Bede Griffitsh e Vito Mancuso sono tutti teologi che hanno tentato un’estensione cosmica della visione cristiana.

Negli ultimissimi anni si sono espressi a favore della possibilità di vita extraterrestre pressoché tutti i direttori della Specola Vaticana, tutti sacerdoti astrofisici: George Coyne, José Funes, Guy Consolmagno. Anche Tanzella-Nitti, sacerdote e fisico, ha trattato bene la questione in questo articolo. In America addirittura il Thomistic Institute ha preso posizione in favore della compatibilità della vita extraterrestre con la fede: Karin Öberg, astrochimica cattolica che per prima ha osservato complesse biomolecole in dischi protoplanetari, in questa conferenza spiega perché ritiene probabile l’esistenza di vita extraterrestre.

Tutto questo ci dimostra che la cristianità non è mai stata, in nessuna epoca, chiusa verso la possibilità di vita oltre questo pianeta, né la cosa è mai apparsa contraddittoria con la propria fede.

4. SOTERIOLOGIA DELL’ALIENO

È normale che, davanti alla prospettiva di un universo pullulante di vita irraggiungibile, sorgano alcune domande. La nostra dottrina della salvezza, infatti, è normalmente esposta come se la Terra fosse l’unico pianeta abitato. Questa prassi, però, pur non per forza falsa, non è necessaria, né passare alla prospettiva di un universo più abbondante di vita causa particolari problemi. Vediamo qualche domanda, allora…

Ma, tra tutte le civiltà che potrebbero esistere, perché mai Dio si sarebbe incarnato proprio qua? Il peccato è entrato nel mondo. Quindi il mondo era bisognoso di redenzione. Dio, forse, poteva redimere il mondo in più modi, ma fatto sta che ha scelto di farlo tramite l’incarnazione. Se doveva incarnarsi, doveva anche incarnarsi in uno specifico spazio, in uno specifico tempo. Perché proprio qui? Perché ha scelto Israele. E perché ha scelto Israele? “Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti… non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli… ma perché il Signore vi ama.” (Dt 7, 7-8)

E solo noi, tra tutte queste civiltà, avremmo l’onore di conoscere Cristo? Ciò non è affatto strano: la Chiesa è ed è sempre stata una minoranza sia in senso diacronico che in senso sincronico. Tra tutti i seguaci, solo Pietro, Giacomo e Giovanni hanno visto la trasfigurazione. Tra tutti gli uomini che vivevano in Israele duemila anni fa, solo alcuni hanno potuto vedere Gesù, e ancora meno hanno avuto la possibilità di parlare con lui. Tra tutti gli uomini che sono nati su questa Terra, poi, pochissimi hanno anche solo potuto sentir parlare di Gesù: non tutti quelli nati prima di lui, non le popolazioni precolombiane per un millennio e mezzo anche dopo la sua nascita, e anche oggi solo pochi possono ricevere una predicazione adeguata. Sì, alcuni hanno un privilegio. È ciò ingiusto? Chi sceglie una fidanzata tra tutte le ragazze, fa forse un torto alle altre? No, e anzi, se non l’avesse scelta, non si sarebbe neanche sposato, di modo che nessuna avrebbe potuto partecipare alla festa. Similmente, se il Signore non avesse privilegiato la Sposa, che è l’Israele secondo la fede, anche tutti gli amici sarebbero rimasti fuori dalla festa, cioè non avrebbero avuto salvezza.

Ma quindi in paradiso troveremo anche dei santi alieni? Non dico questo. Continuando la metafora… C’è la Sposa, cioè la Chiesa, che è un sol corpo con lo Sposo che è Cristo. Ma nessun matrimonio si fa con i soli sposi. Allo stesso tavolo degli sposi siedono anche i loro genitori, quindi gli ebrei, la cui salvezza finale come Nazione è profetizzata da Paolo. E poi, attorno, ci sono tutti gli altri tavoli degli amici, che non sono la Sposa ma cionondimeno hanno il ruolo che è loro proprio. Alieni e credenti di altre religioni, in fondo, sarebbero simili: non sono Chiesa, cioè non hanno la teosi, ma non per questo è negata loro la salvezza. È ingiusto che alla Sposa Dio abbia dato alla teosi, mentre gli altri non hanno avuto neanche la possibilità di ottenerla? No, perché, come detto sopra, dando di più alla Sposa, tutti gli altri possono avere quanto era loro predisposto sin dal principio, mentre nulla è tolto ad alcuno.

Alessio Montagner


Immagini generate con Canva IA e wikimedia Commons

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