Il Vangelo dell’infanzia di Tommaso. Una introduzione #cronachedelcristianesimo

Il cosiddetto Vangelo dell’infanzia di Tommaso, detto anche Vangelo dello Pseudo Tommaso e che non va confuso col Vangelo di Tommaso copto ritrovato a Nag Hammadi, presenta alcuni dei problemi testuali e storici più spinosi dell’intero corpus della letteratura paleocristiana. Non conosciamo infatti l’ampiezza e il contenuto della versione originale del libro, sempre che in questo caso abbia davvero senso palare di una versione “originale” dello stesso.

Questo vangelo, nelle sue varie forme, presenta una serie di brevi racconti compiuto attorno all’infanzia di Gesù, da quando questi ha circa cinque anni fino ai dodici anni. Probabilmente è stato scritto, in origine, in greco. Ma i manoscritti greci che lo contengono differiscono radicalmente tra loro, con interi capitoli mancanti in alcuni testimoni e presenti in altri. Dei manoscritti greci che attestano il nostro scritto, solo una minoranza poi è stata pubblicata e quindi resa disponibile per gli studiosi. Si tratta di manoscritti piuttosto tardi, che vanno dal XIV al XV secolo. Molto più antichi sono alcuni testimoni di traduzioni in altre lingue. Esistono copie della versione siriaca del Vangelo dell’infanzia di Tommaso che risalgono al V e al VI secolo, e grossomodo allo stesso periodo risale una sua copia parziale in latino. Ma anche queste traduzioni differiscono in modo significativo sia tra di loro sia dal testo greco, tanto che alcuni studiosi hanno persino sostenuto che alcune delle traduzioni antiche del nostro testo siano più prossime all’originale delle copie greche che ce ne sono pervenute. A prescindere da questo, comunque, non c’è dubbio che questo apocrifo sia stato uno dei più popolari nel corso dei secoli. Ne abbiamo copie in un numero sorprendente di lingue tardo-antiche e medievali: tredici in tutto. Particolarmente importanti per gli studi sulla storia del testo sono, ad esempio, la versione etiopica e quella slava.

La prima edizione a stampa del nostro vangelo fu quella pubblicata, in greco e latino, da Fabricius nel 1703, ma ma il testo oggi è noto soprattutto attraverso le due versioni greche prodotte da Tischendorf nel 1853. La più lunga di queste due versioni (greco A) contiene diciannove capitoli ed è basata principalmente su due manoscritti del XV secolo, integrati in alcuni punti da altri due manoscritti più o meno della stessa data. La versione più breve (greco B) contiene solo undici capitoli e si basa su un solo manoscritto del XIV o XV secolo. Dall’epoca di Tischendorf sono venuti alla luce altri manoscritti greci, in particolare quello pubblicato da Delatte nel 1927, che contiene tre capitoli in più all’inizio della narrazione che narrano alcuni miracoli compiuti da Gesù quando aveva due anni e si trovava in Egitto e una versione più lunga di uno dei discorsi di Gesù bambino. Queste differenze rendono tale manoscritto molto più vicino alla forma latina del testo pubblicata sempre da Tischendorf.

A tutt’oggi comunque manca ancora un’edizione critica soddisfacente del nostro apocrifo, per cui la maggior parte dei traduttori ha continuato a utilizzare il greco A di Tischendorf, anche se alcuni studiosi hanno suggerito che questa edizione del testo è assolutamente inadeguata e dovrebbe essere definitivamente abbandonata in favore di un qualcosa che almeno si sforzi di ricostruire la versione originale dello stesso. La ricerca di forma originale del Vangelo dell’infanzia di Tommaso è tuttavia assai difficile, in quanto non c’è un motivo per cui bisognerebbe privilegiare una forma del testo rispetto alle altre. Tutte le storie che si trovano nel racconto sono apocrife e tutte possono contribuire a farci capire come diversi narratori cristiani, in tempi e luoghi diversi, abbiano raccontato storie sul giovane Gesù prima dei dodici anni. I vari autori hanno aggiunto alcuni episodi alla narrazione e ne hanno cancellati altri; hanno modificato le storie ereditate e vi hanno dato la propria impronta.

Fino alla metà del XX secolo il nostro testo era conosciuto semplicemente come Vangelo di Tommaso o Vangelo di Tommaso l’Israelita. Dopo la scoperta della Biblioteca di Nag Hammadi, è diventato consueto riferirsi ad esso come al Vangelo dell’infanzia di Tommaso, appunto per distinguerlo dall’ormai assai più famoso Vangelo di Tommaso copto.

Per la prima redazione del nostro apocrifo sono state proposte date che vanno dal I al VI secolo, anche se i più propendono per una sua datazione piuttosto precoce. Si suppone, infatti, che sin da subito il popolo cristiano sia stato interessato a sapere di più degli “anni oscuri” di Gesù e, in particolare, della sua infanzia. In parte, poi, l’idea di una datazione precoce si basa sulla circostanza che una delle storie più tipiche tra quelle che compaiono nel nostro testo (quella in cui il giovane Gesù affronta e confonde un potenziale maestro spiegandogli i misteri dell’alfabeto) è attesta attorno al 180 da Ireneo di Lione (Adv. Haer. 1.20.1), nonché nella Epistula Apostolorum (cap. 4), un apocrifo risalente probabilmente ad un periodo leggermente antecedente. Anche se nessuna di queste due fonti segnala da quale scritto hanno ricavato questo aneddoto, Ireneo dice di averlo trovato in un libro “eretico”. Forse si trattava di una prima versione di quella che oggi è la raccolta di storie che ci è familiare col titolo appunto di Vangelo dell’infanzia di Tommaso. In tal caso il testo dovrebbe risalire grossomodo alla metà del II secolo. Difficile rimane stabilire, invece, il suo luogo di provenienza, che sarebbe da collocarsi dell’Oriente greco.

Anche in ragione del fatto che Ireneo tramanda la notizia che il racconto da lui riportato era popolare tra i membri di un gruppo gnostico detto dei marcosiani, alcuni studiosi ritengono che in origine il Vangelo dell’infanzia di Tommaso sia nato come un testo gnostico. Da un lato, in effetti, uno dei temi principali del nostro testo potrebbe prestarsi a un’interpretazione gnostica, poiché qui Gesù si mostra pieno di conoscenza divina fin dalla più tenera età. D’altra parte, però, non c’è nulla di particolarmente gnostico nel desiderio di ritrarre Gesù come superiore agli altri esseri umani, e nel testo non c’è traccia di una sofisticata cosmologia o mitologia gnostica. Inoltre, non c’è nulla di docetista nella rappresentazione di Gesù. Questo è il motivo per cui la maggior parte degli specialisti oggi ritiene che in realtà non ci troviamo al cospetto di uno scritto in qualche modo gnostico.

È possibile che i vari aneddoti che compongono il testo da principio siano circolati indipendentemente l’uno dall’altro per poi essere messi per iscritto. La natura composita del Vangelo dell’infanzia di Tommaso appare infatti chiara anche ad una sua lettura superficiale. Occasionalmente le storie sono collegate per tema (ad esempio, i miracoli domestici di Gesù nei capitoli 11-13), e la raccolta è cronologicamente ordinata mediante indicazioni periodiche sull’avanzare dell’età di Gesù (cinque anni, 2,1; sei, 11,1; otto, 12,4; dodici, 19,1). Nel complesso, i racconti sono chiaramente concepiti per mostrare le sorprendenti capacità di Gesù già da bambino: egli non ha aspettato il suo ministero pubblico per iniziare a compiere azioni miracolose. Ma molti dei racconti non sembrano ritrarre Gesù in una luce favorevole, almeno rispetto a quelli che sono i parametri dei lettori moderni. Da bambino usa i suoi poteri soprannaturali in un modo che sembra capriccioso, meschino e feroce: uccide i compagni di gioco che lo irritano e punisce gli insegnanti che lo sgridano. Alcuni commentatori hanno notato che si tratta di un’immagine di Gesù molto lontana dal Salvatore dei vangeli canonici o molto prossima a quella degli degli dèi del mondo pagano.

Si ritiene che il Vangelo dell’infanzia di Tommaso sia stato concepito per mostrare chi fosse il Salvatore. Da qui gli innumerevoli miracoli compiuti da Gesù bambino, che guarisce i malati, risuscita i morti e si dimostra straordinariamente abile in casa (cap. 11), nella fattoria (cap. 12) e nella bottega (cap. 13). Ma come può questa visione spiegare quella che ai nostri occhi appare come una certa malignità presente nel Gesù bambino? Probabilmente i lettori antichi di questo testo lo leggevano con occhi diversi rispetto ai moderni. Si trattava di cristiani che veneravano Gesù come Signore e Salvatore onnipotente e che pensavano che i non credenti e gli oppositori di Cristo sarebbero stati soggetti a gravi conseguenze. Questo è quanto si propone di evidenziare il nostro testo. Nello stesso, Gesù viene osteggiato da un giudeo per aver violato il sabato (come avverrà in seguito) e dimostra di essere superiore al sabato (cap. 2); viene osteggiato dal figlio di uno scriba (come sarà poi osteggiato dagli scribi) e dimostra il suo potere di giudicare i vivi e i morti (cap. 3). Coloro che si ritengono superiori nella conoscenza si dimostrano stolti al suo confronto (i tre racconti di Gesù che ha a che fare con un maestro; capp. 6-7, 14, 15). Coloro che gli fanno del male sono soggetti alla sua ira divina (cap. 3), un’allusione a ciò che accadrà, secondo i cristiani, alla fine dei tempi.

In breve, nel Vangelo dell’infanzia di Tommaso abbiamo storie di Gesù bambino che lo dipingono come il Salvatore cristiano. È un potente operatore di miracoli, l’onnisciente Figlio di Dio; sta al di sopra della legge dei giudei e ha potere di vita e di morte; guarisce coloro che ne hanno disperatamente bisogno, ma si confronta violentemente a tutti coloro che non credono in lui o che cercano di opporsi alla sua missione.

Adriano Virgili

Lascia un commento

Sito web creato con WordPress.com.

Su ↑