Il Vangelo dello Pseudo Matteo. Una introduzione #cronachedelcristianesimo

La denominazione di questo testo come Vangelo dello Pseudo Matteo è moderna e ha origine nell’edizione del 1853 di Constantine von Tischendorf, che riteneva erroneamente che la falsa attribuzione del libro al discepolo Matteo facesse parte del testo originale. Studi recenti hanno tuttavia dimostrato che la stessa è entrata nella tradizione manoscritta secoli dopo la composizione del libro. L’attribuzione del racconto a Matteo si trova, infatti, solo in versioni piuttosto tarde del testo, in due lettere che fanno da prefazione allo stesso: una di due vescovi, Cromazio ed Eliodoro, al famoso studioso e traduttore Girolamo, e la presunta lettera in cui quest’ultimo risponde ai primi. La prima lettera indica che i vescovi hanno saputo che Girolamo ha scoperto un vangelo ebraico scritto da Matteo sulla nascita della Vergine Maria e l’infanzia di Gesù; vorrebbero che lo traducesse per loro in latino. Nella sua risposta Girolamo afferma di essere effettivamente in possesso di questo vangelo e di tradurlo per contrastare le false affermazioni degli eretici su tali argomenti.

Quest’opera era nota ed è indicata nei manoscritti con i titoli di Liber de Infantia (cioè di Maria e di Gesù), o Historia de Nativitate Mariae et de Infantia Salvatoris. Ebbe un’influenza davvero enorme nel medioevo e fu il principale veicolo di divulgazione dei contenuti del Protovangelo di Giacomo e del Vangelo dell’infanzia di Tommaso. Il suo influsso sull’arte medievale e su quella rinascimentale è paragonabile per importanza a quella degli scritti canonici della Bibbia.

Per ciò che concerne il suo contenuto, i capitoli 1-17 si basano sul Protovangelo di Giacomo, mentre i capitoli 26-34, 37-9 e 41 sul Vangelo dell’infanzia di Tommaso. I capitoli 18-25, 35-6, 40 e 42 presentano invece del materiale proprio. Oggi gli studiosi ritengono che proprio il fatto che il Vangelo dello Pseudo Matteo riprenda nella sua prima parte quasi di peso il testo del Protovangelo di Giacomo sia una delle ragioni principali per cui non è giunta fino a noi nessuna copia della traduzione latina dello stesso che probabilmente circolava in Occidente almeno fino al V secolo. Al contrario, lo Pseudo Matteo in quanto tale non sembra essere stato conosciuto in Oriente.
Per quanto riguarda le differenze tra lo Pseudo Matteo e Protovangelo di Giacomo, si può notare quanto segue: il padre di Anna, Achar, è menzionato solo nello Pseudo Matteo; nello Pseudo Matteo Abiathar è sommo sacerdote quando Maria è sposata a Giuseppe, mentre in Protovangelo di Giacomo è Zaccaria; lo Pseudo Matteo arricchisce il racconto del Protovangelo di Giacomo includendo la circoncisione di Gesù e la purificazione di Maria. Lo Pseudo Matteo non include il racconto della natura che si ferma al momento della nascita di Gesù, che compare nel capitolo 18 del Protovangelo di Giacomo, né i racconti relativi a Giovanni Battista e a Zaccaria. Da questo alcuni studiosi hanno dedotto che l’autore dello Pseudo Matteo conoscesse una forma diversa del Protovangelo di Giacomo rispetto a quella a noi nota.

Anche se, come si è accennato, molto di ciò che troviamo nel Vangelo dello Pseudo Matteo deriva direttamente dal Protovangelo di Giacomo e dal Vangelo dell’infanzia di Tommaso, ci sono anche delle piccole ma significative differenze tra questi testi. A volte le sezioni dello Pseudo Matteo che dipendono dal Vangelo dell’infanzia di Tommaso hanno un testo migliore di quello che si trova nei manoscritti esistenti di quest’ultimo. Altre volte lo Pseudo Matteo amplia il materiale che si trova nel Vangelo dell’infanzia di Tommaso o lo modifica (a volte per rendere il bambino Gesù meno “cattivo”). Tra i nuovi dettagli che si trovano nello Pseudo Matteo c’è il fatto che Giuseppe non solo aveva figli dal suo precedente matrimonio, ma aveva anche nipoti più grandi di Maria, così come vengono citati il bue e l’asino alla nascita di Gesù come adempimento di Isaia 1,3.

Il motivo della stesura di questo apocrifo sembra essere stato quello di promuovere la venerazione della Vergine Maria, di cui viene reso più esplicito che nel Protovangelo di Giacomo l’impegno alla perpetua verginità da costei assunto. A questo scopo l’autore ha cercato di combinare due compilazioni popolari esistenti con altro materiale di natura miracolistica. Gran parte del materiale dello Pseudo Matteo non derivato dal Protovangelo di Giacomo e dal Vangelo dell’infanzia di Tommaso ha affinità con il Vangelo arabo dell’infanzia e il suo gusto quasi favolistico.

Il particolare di un precedente matrimonio di Giuseppe, dal quale questi aveva avuto dei figli identificati con quei “fratelli di Gesù” di cui ci parlano i testi canonici, è uno dei motivi per cui Girolamo era stato ostile al Protovangelo di Giacomo e per cui questo fu considerato poi eterodosso in Occidente. Ironicamente, però, fu proprio l’attribuzione della versione latina del Vangelo dello Pseudo Matteo da un originale ebraico a Girolamo che ne garantì probabilmente il successo nella Chiesa occidentale, nonostante il testo conservi appunto il particolare del primo matrimonio di Giuseppe e dei “fratelli di Gesù” quali suoi fratellastri (contro la lettura di Girolamo stesso, che ne faceva dei “cugini” di Gesù).

L’opera sembra essere stata scritta in latino, forse nell’VIII o IX secolo, anche se il manoscritto più antico esistente è dell’XI secolo. Roswitha di Gandersheim (vissuta nel X secolo) allude allo Pseudo Matteo nella sua Historia Nativitatis laudabilisque cornersationis intactae Dei Genitricis quam scriptam reperi sub nomine sancti Jacobi fratris Domini, dando testimonianza di conoscere l’opera con un titolo che ne attribuiva la paternità a Giacomo.

Nel Decreto Gelasiano (risalente al VI secolo)vienecitatoun Evangelia nomine Jacobi minoris, che in genere viene identificato come una traduzione latina del Protovangelo di Giacomo, ma che secondo alcuni studiosi sarebbe da identificarsi invece proprio con lo Pseudo Matteo, il quale quindi sarebbe stato composto prima del VI secolo.

La prima edizione stampata del Vangelo dello Pseudo Matteo fu quella di Thilo (1832), basata su un manoscritto del XIV secolo (Parigi 5559). Questo testo termina con la Sacra Famiglia che raggiunge l’Egitto. Egli lo pubblicò con il titolo Historia de Nativitate Mariae et Infantia Salvatoris. Thilo era anche a conoscenza di un altro manoscritto parigino (1652) che conteneva lo stesso materiale del 5559, ma si concludeva con i miracoli tratti da Vangelo dell’infanzia di Tommaso.

Il testo di Tischendorf, quello oggi più utilizzato nelle traduzioni, si basa principalmente sul manoscritto Vaticano 4578 del XIV secolo e su altri tre manoscritti, due del XIV secolo (tra cui Parigi 5559) e uno del XV (Parigi 1652) e fornisce il testo completo dell’opera. Attualmente sono noti circa 180 manoscritti di questo apocrifo, che presentano però numerosissime varianti.

Adriano Virgili

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