Concludiamo le nostre riflessioni con Gregorio di Narek soffermandoci infine su quella che è la nozione di peccato. In questa prima strofa è molto chiaro il senso del peccato che in Gregorio risuonava nelle sue risonanze spirituali direttamente davanti a Dio.
Per dare un numero, una misura, un peso
alle mie opere malvagie non basta
di sabbia una montagna; i suoi granelli
sono minori in numero delle mie iniquità
Senso del peccato davvero grande per Gregorio, che vedeva i suoi peccati più numerosi di chilometri e chilometri di montagne armene che aveva intorno. ui poi mi sembra di cogliere anche la costruzione di una forma poetica che mostra un contrasto fra la grandezza della montagna e la piccolezza dei granelli. Gregorio usa questo per rimarcare l’importanza del discernimento sul senso del peccato.
Con questa formula intendo la capacità che ognuno di noi dovrebbe sviluppare di cogliere anche le più piccole mancanze, parole, opere e omissioni di fronte a Dio e al prossimo.
Molto più spesso si rischia di cadere in una ripetizione automatica del “Signore Pietà / Kirie Eleison o dell’Atto di dolore. Questo ovviamente non implica che dobbiamo diventare tutti scrupolosi o aver paura continuamente che ogni singola azione sia un peccato mortale. Implica soltanto che dobbiamo esercitarci nell’umiltà per cogliere anche le occasioni e le circostanze che poi ci portano al peccato. Il senso del peccato deve ricordarci che siamo fragilissimi senza la grazia, e che essa ci aiuta anche a prevenire, oltre che a fuggire, i principali peccati.
Gregorio si profila come attento esaminatore della propria condotta di vita.
[….] i miei peccati
sono in numero tale, che la mente
trova impossibile elencarli:
l’uno e la sua prole, l’altro e i suoi germogli,
l’uno e le sue macchie, l’altro e le sue sventure,
l’uno e le sue spine, l’altro e le sue radici,
l’uno e i suoi prodotti, l’altro e i suoi frutti,
l’uno e i suoi residui, l’altro e i suoi rami,
l’uno e i suoi germogli, l’altro e i suoi viticci,
l’uno e i suoi artigli, l’altro e le sue dita,
l’uno e le sue sommosse, l’altro e le sue potenze,
l’uno e i suoi influssi, l’altro e le sue tracce,
l’uno e le sue impronte, l’altro e le sue vestigia,
l’uno e le sue ombre, l’altro e le sue oscurità,
l’uno e i suoi assalti, l’altro e le sue tattiche,
l’uno e i suoi inganni, l’altro e i suoi intenti,
l’uno e le sue avanzate, l’altro e i suoi limiti,
l’uno e i suoi abissi, l’altro e le sue abominazioni,
l’uno e le sue luci, l’altro e le sue passioni,
l’uno e il suo ammassare, l’altro e i suoi tesori,
l’uno e i suoi zampilli, l’altro e le sue sorgenti,
l’uno e le sue invenzioni, l’altro e le sue folgorazioni,
l’uno e i suoi incendi, l’altro e le sue vergogne,
l’uno e le sue voragini, l’altro e i suoi baratri,
l’uno e il suo deflagrare, l’altro e le sue tenebre.
l’uno e le sue nubi, l’altro e le sue gocce,
l’uno e i suoi flussi, l’altro e le sue inondazioni.
l’uno e i suoi ghiacciai, l’altro e le sue porte,
e un altro ancora i suoi sentieri
La fornace e il calore, il fuoco e le sue fiamme.
il crogiolo del grasso e i crepiti del fuoco,
assenzio e amaro, chi devasta e i suoi bravi
il tiranno e i suoi servi, l’arrogante e i suoi sgherri
il capo dei briganti, le sue truppe, la belva, i cuccioli
chi morde e il segno dei morsi,
chi corrompe e i suoi simili!
L’uso di immagini retoriche non rende sempre possibile chiarire tutte le singole categorie di peccate elencate dal Dottore armeno. È certamente un ventaglio di peccati o richiami poetici ad essi che riguarda l’integralità di tutte le azioni umane, dai rapporti umani a quelli col creato.
Ma l’ultima ottava credo sia quella risolutiva e che spieghi, con una rilettura retrospettiva, tutte le altre fattispecie peccaminose. Gregorio infatti parla di fornace, calore, fuoco, fiamme e crepiti quali che siano espresse come l’assunzione di un assenzio che rende amari nel corpo e nello spirito e porti poi alla corruzione e alla violenza.
Ma allora di quale assenzio focoso sta parlando? Credo si tratti della passione dell’ira, che se incontrollata genera molti peccati conseguenti, legati anche ad una violenza fisica.
Specialmente in questi tempi pandemici e di grande contrasto sociale alimentato dalle eco chambers dei social network che alimentano il divario e lo scontro fra pro vax e no vax, l’invito che il Signore ci offre tramite questi versi di Gregorio, è quello di chiedere la grazia di saper gestire la rabbia.
Di trasformarla e convogliarla in una passione che ci aiuta a lottare e ad avere ardore per Dio, e non contro Dio e il prossimo.
La santa ira che Dio ci chiede, è di rivolgere la frusta focosa delle nostre passioni contro i nuclei di peccato, le mode del mondo e le mentalità che ci allontanano da Dio.
Con tanta preghiera e tanta umiltà possiamo seguire questo invito.
fr Gabriele Giordano M. Scardocci OP
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