Amicizia tra consacrati e laici: incontro tra due mondi | #psyclub

L’amico vero, secondo Aelredo di Rielvaux – monaco del 1100 – è una delle più grandi consolazioni della vita umana e aiuta ad avvicinarsi a Dio e lo capiamo anche dal fatto che proprio Dio ha voluto che lo seguissimo attraverso la Chiesa, che è un insieme di persone, e ha parlato e salvato sempre attraverso una comunità, un popolo.

Ciò ci fa comprendere quanto l’amicizia sia importante, oltre che nel contesto umano, in quello cristiano… ma forse vale la pena soffermarsi su un concetto essenziale: nel mondo attuale di amicizia, soprattutto vera, ce n’è poca. E no, non sto parlando per lo slogan tipo “Eh signora mia la gente perbene non esiste più” ma del fatto che, secondo un’indagine Istat di qualche anno fa, una delle voci che maggiormente rendevano gli adulti più infelici dei ragazzi era il minor tempo che riuscivamo a passare con gli amici (per forza di cose, dati i ritmi della vita adulta). Da questi dati possiamo ripartire per capire quanto sia importante mettere mano a questo aspetto sia da un punto di vista psico-affettivo, che temporale. Vale davvero la pena vivere “al cardiopalma” se poi questa vita non ci consente di avere ciò che davvero ci appaga? Da questo punto di vista, laici e consacrati, anche se per motivi diversi… sono nella stessa barca: a entrambi è sempre richiesto di essere “dappertutto”: performanti nel lavoro, disponibili per familiari, confratelli, figli, amici, impegni istituzionali e di apostolato. La differenza sta nello stato di vita ma, a ben guardare, è forse una differenza che – da un punto di vista umano – ingigantiamo, specie se consideriamo che se è vero che chi ha impegni familiari ha la responsabilità di avere altre persone che da lui/lei dipendono, è anche vero che un consacrato/a può soffrire questa mancanza e cercare di riempirla in modi che poi non sono fruttuosi. Insomma, ognuno ha le sue difficoltà e debolezze e forse da questa consapevolezza dovremmo ripartire per fondare dei rapporti di amicizia paritari, in cui crescere attingendo dalle specifiche vocazioni. Il consacrato/a potrà beneficiare del calore familiare che l’amicizia con laici e famiglie laiche possono donare, mentre questi ultimi potranno sentire sempre la presenza di Dio in mezzo a loro in modo “speciale”.

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Passiamo al concreto: come si fa ad essere buoni amici? Lo dirò con Sant’Agostino:

“In questa foresta tanto immensa disseminata di insidie e di pericoli ho potuto sfrondare e spogliare molto il mio cuore”

(Conf. X 35-36)

Questo passo delle Confessioni parla, in realtà, del rapporto tra Agostino e il suo maestro Simpliciano ma è da questo rapporto che possiamo prendere qualcosa di buono per portare il nostro modo di essere amici “al livello successivo”: Simpliciano offrì, infatti, ad Agostino accoglienza, ascolto, discernimento e pazienza… ma soprattutto “tempo da perdere”. Agostino rimase disarmato davanti a tanta disponibilità e iniziò a spogliarsi dentro, senza diffidenza e paure. Grazie all’accoglienza senza confini di Simpliciano alle confidenze e alle emozioni di Agostino senza moralismi e senza scandali, quest’ultimo acquisiva pian piano la capacità di stare con sé stesso e conoscersi. Può sembrare un concetto troppo psicologico, ma applicato alla nostra semplice vita di tutti i giorni può essere declinato così: fare una lista delle persone amiche, combinare degli incontri in base agli impegni di entrambi e ascoltarsi davvero, anche fosse per 10 minuti, senza distrazioni e vivendo il momento presente. Oppure fare un dolce per qualcuno che sappiamo non avere nessuno che ci pensi. Aiutare un genitore a portare il peso della famiglia, anche soltanto accompagnando il suo bambino una volta al catechismo quando non può. Sono le piccole azioni che, ripetute costantemente, consentono di trattarsi con dolcezza e carità. Funziona anche con la preghiera, che è relazione con Dio: avete mai sentito di un santo che sia diventato “amico di Dio” pregando una sola volta nella vita? No? Bene, funziona così anche nei rapporti interpersonali.

Postilla: peraltro sono profondamente convinta che sia attraverso l’amicizia che si combatterà il calo delle vocazioni nella Chiesa, perché alla preghiera deve accompagnarsi la serenità di chi fa una scelta così radicale di non ritrovarsi solo, né praticamente né moralmente. Ci sono molte fonti che ci dicono quanto i consacrati siano soli e quanto questo sia deleterio per la loro vocazione (così come le famiglie sole che poi, ovviamente, si sfasciano). Non possiamo più attendere: un mondo di solitudini non è un mondo umano, né tantomeno cristiano.

Per approfondire:

  1. Preti sul lettino di Giuseppe Crea e Fabrizio Mastrofini, Giunti editore;
  2. Vita consacrata e psicologia di Santiago Gonzàlez Silva, Edizioni Ancora.

Una risposta a "Amicizia tra consacrati e laici: incontro tra due mondi | #psyclub"

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  1. L’ha ripubblicato su chiamatelaneuroe ha commentato:
    Un nuovo articolo della collaborazione tra Chiamatelaneuro e Club Theologicum è uscito proprio oggi sul sito del Club: pronti a scoprire la ricchezza dell’amicizia tra consacrati e laici? Cosa ne pensate? Scrivetemelo nei commenti!

    Buona lettura!

    "Mi piace"

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